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A
Bene 100 120
X
Bene 130 110
Y
Produrre X nel paese A costa 100, mentre nel paese B 120. A presenta un vantaggio assoluto nella
produzione del bene X mentre B presenta un vantaggio per la produzione di Y.
In una situazione di autarchia, se A e B volessero produrre X e Y, spenderebbero entrambe 230. Se invece
ciascuno si specializza nella produzione del bene, vi sarebbe un risparmio per entrambi. Il costo complessivo
scenderà così da 460 a 420. Con il libero scambio internazionale delle merci tra A e B, si aumenta quindi
l’efficienza. Paese Paese B
A
Bene 100/150 180/200
X 0.666 0.900
Bene 150/100 200/180
Y 1.500 1.111
In questo secondo caso, invece, A presenta il vantaggio assoluto per la produzione di entrambi i beni. A
prima vista, sarebbe più conveniente che A rimanga in una situazione di autarchia. In questa situazione si
inserisce la teoria dei vantaggi comparati di Ricardo. Tale vantaggio nasce dall’esistenza di divari nel costo
opportunità nella produzione dei beni. Esso è il sacrificio che si compie nel produrre un bene X piuttosto che
Y, avendo a disposizione lo stesso budget. 17
Il bene X presenta un costo opportunità minore in A mentre Y in B. Per cui A ha un vantaggio comparato
nella produzione di X e B nella produzione di Y.
Il vantaggio derivante è così ripristinato grazie allo scambio delle merci tra i due paesi, e si dimostra che
l’autarchia è comunque poco conveniente per entrambi i paesi. In quel periodo, la produzione industriale
andava di pari passo con un aumento della popolazione che, a sua volta, chiedeva una maggior quantità di
cibo: gli alti dazi sulle importazioni obbligavano ad utilizzare anche i terreni meno produttivi e quindi i vari
proprietari terrieri vedevano aumentare le rendite delle terre migliori a scapito di quelle meno redditizie,
abbattendo i profitti. Era quindi conveniente diminuire i dazi ed importare grano dall’estero piuttosto che
coltivare terre meno produttive.
Il tedesco List, pur riconoscendo la superiorità della teoria dei vantaggi comparati e quindi del libero
scambio, mostra alcuni suoi limiti: egli asserisce che esistono diversi stadi di sviluppo per ciascun paese,
ossia delle tappe da seguire. Se lo scambio commerciale avviene tra paesi paritetici, questi possono trarre
solo che vantaggi, ma se avvengono tra paesi ricchi e paesi poveri, il paese povero si specializza solo
nell’estrazione della materia prima, senza avere una vera e proprio rivoluzione industriale, e spende tutte le
sue entrate per comprare beni prodotti all’estero (appunto nei paesi industrializzati, che necessitano delle
stesse materie prime che essi vendono). List afferma quindi che in una prima fase, l’industria interna va
protetta, almeno fin quando non raggiunge i livelli di efficienza degli altri paesi.
A metà ottocento, la GB è già una potenza industriale consolidata e nemmeno l’emergere di Germania,
Francia e Italia intaccano il suo primato economico. La sterlina, grazie anche alla convertibilità aurea, diventa
un punto di riferimento per le transazioni internazionali, ma tale convertibilità ha comunque un costo alto per
essere mantenuta.
Le regole del gioco del gold standard prevedevano che, nel caso un paese avesse subito un improvviso
peggioramento della bilancia dei pagamenti, dovuti per es. ad un aumento dell’import, le autorità
economiche di quel paese avrebbero dovuto “aggiustare” la situazione, aumentando il tasso di interesse per
coprire il deficit creato. In tal modo veniva rispettata la parità aurea. Al contrario, un attivo dei conti, doveva
essere accompagnato da una diminuzione del tasso di interesse. È chiaro che questo sistema aveva dei
costi non indifferenti, soprattutto nel secondo caso, quando – in caso di avanzo – un paese sia disposto ad
abbassare i tassi di interesse e vedere i propri capitali defluire verso l’estero. In questo caso, ha molto più
senso sterilizzare l’afflusso di oro tesaurizzandoli, ossia creando una scorta che, per il momento, non entra
in circolazione e che crei quindi inflazione e che renda meno competitive le merci di un paese. E ciò accadde
tra la grande crisi del 29 e l’inizio della 2° guerra mondiale: tutte le banche centrali piuttosto che abbassare i
tassi, preferivano sterilizzare i flussi di capitale proveniente dall’estero.
Ma anche nel periodo antecedente la 1° guerra mondiale, quello della c.d. pax monetaria, le banche centrali
operavano in modo autonomo, per agevolare la propria stabilità interna. I paesi con deflussi di oro
consistenti mettevano in atto manovre di riequilibrio aumentando i tassi, quelli che invece avevano un alto
afflusso di oro, operavano la sterilizzazione, con conseguente aumento dei tassi. Una corsa al rialzo quindi,
17
sfavoriva ulteriormente l’economia: si preferisce aumentare i tassi e quindi le entrate, piuttosto che
incentivare gli investimenti diminuendoli. Alla fine dell’800, quando alcuni paesi entrarono in un periodo di
crisi, ormai i tassi erano troppo elevati per permettere di investire capitali e di certo non era favorevole anche
la politica dei sindacati, poco incline a vedere decurtati i salari dei lavoratori. La tesaurizzazione crescente fu
un fenomeno diffuso in tutta Europa, non solo a Londra, non attenendosi quindi alle regole del gioco del gold
standard.
Negli anni tra le 2 guerre mondiali, il gold standard inizia ad entrare in crisi in seguito ad un declino
dell’egemonia mondiale della GB e ad un periodo di incertezza dovuto ad una non così rapida risposta degli
Stati Uniti a prendere il posto nelle scelte monetarie internazionali.
Non sempre una crescita della quantità di moneta circolante equivale ad un abuso da parte di chi detiene il
monopolio del conio: spesso, a fronte di un periodo di crescita economica, è normale che le transazioni
aumentino e che servirà aggiungere liquidità per evitare che la domanda potenziale sia strozzata per
mancanza di mezzi di pagamento. Il problema si pone quando, in un momento di crescita economica, l’oro a
disposizione non riesce a coprire la quantità di moneta richiesta. È in questo frangente che inizia ad essere
contestato il gold standard, anche se per molti decenni esso rimane il punto di riferimento per tutte le teorie
economiche dell’epoca, spesso senza venire messo nemmeno in discussione e accettato a priori come un
ipse dixit.
La scarsità di riserve auree costrinse ad utilizzare anche l’argento per il conio di monete (bimetallismo).
Questo sistema consentiva una gestione meno rigida dell’offerta monetaria che, tuttavia, innescava delle
conseguenze non di poco conto: l’oro finiva per essere tesaurizzato mentre si tendeva ad utilizzare quasi
esclusivamente l’argento per gli scambi interni, inoltre la coesistenza tra oro e argento rendeva ulteriormente
instabile il valore della moneta.
Simmetalismo: adozione di un sistema interamente cartaceo, in cui il ruolo dei metalli preziosi era confinato
a quello di garanzia, da detenere sotto forma di riserve.
Unione monetaria Latina (1865-1926): nasce dalla volontà della Francia nel tentativo di creare una propria
zona di influenza attorno al franco francese, per agevolare gli scambi con Belgio e Italia; quest’ultima
aderisce per frenare le forti speculazioni dovute al sistema bimetallico molto volatile.
Secondo Taylor Rule, le banche centrali dovrebbero fissare il tasso di interesse in modo di adeguarlo
all’andamento del tasso d’inflazione.
In un sistema formato da due soli paesi, uno può acquistare dall’altro solo la quantità di beni corrispondente
al valore delle proprie esportazioni (in modo da non andare in deficit). IMP=EXP.
Un deprezzamento della valuta in genere tende a favorire l’export, ma bisogna tener conto che tale
deprezzamento comporta un aumento del costo delle materie prime importate. La curva J intende spiegare
fino a che punto è conveniente svalutare la propria moneta per far riprendere l’economia industriale e quindi
l’export. 17
Nel periodo immediatamente successivo al deprezzamento, si avrà un iniziale peggioramento della bilancia
commerciale, dovuto ad un non istantaneo adeguamento degli operatori, legati ancora ai vecchi contratti.
Invece il costo delle materie prime subirà un’impennata. Con il passare del tempo, gli operatori adegueranno
le proprie scelte alla nuova situazione creatasi: diminuisce l’import, si cercano nuove fonti di energia
alternative o diverse materie prime e contemporaneamente aumenta l’export, poiché risulterà essere più
conveniente rispetto ad altri paesi.
Quali ragioni determinano divari nei
costi comparati di diversi paesi? Ovvero, perché alcuni paesi esportano prodotti finiti – magari similari – a
prezzi differenti? Ciascun paese esporta il bene la cui produzione richiede un impegno più intenso del fattore
di cui il paese ha una dotazione più abbondante. Quindi ogni paese tende a specializzarsi in ciò che riesce a
far meglio. (produzione agricola, servizi, industria ecc.): a differenza del modello di Ricardo, che si basa sulle
capacità tecnologiche di un paese, il modello Hecksher-Ohlin sopra descritto, inserisce anche altri fattori che
incidono nel vantaggio comparato, ossia l’abbondanza di materie prime, le capacità e le conoscenze, ecc.
Teorema del pareggiamento dei prezzi dei fattori produttivi. Cosa succede al mercato interno in caso di
apertura alle importazioni di prodotti più a buon prezzo provenienti dall’estero? Si tende ad importare prodotti
dai paesi il cui costo di produzione è inferiore. Ad una prima fase di prezzi più bassi del prodotto importato, si
succede un periodo di aumento del prezzo del bene, poiché aumenta la domanda. Tutte le industrie quindi
tenderanno a produrre il bene maggiormente richiesto, con conseguente aumento anche del costo del lavoro
(salario). Si raggiungerà successivamente un equilibrio, oltre il quale non è più conveniente produrre il bene
richiesto.
Nella realtà, va considerato, oltre al costo del lavoro, anche l’esistenza di un tasso di cambio reale tra valute.
Il colonialismo fu argomento di riflessione nel corso dei secoli, soprattutto da parte degli intellettuali marxisti,
che concepivano il fenomeno come sfruttamento nei confronti di paesi più arretrati. Il tutto parte dalla critica
di Marx al sistema produttivo capitalistico, che basa il suo essere nello sfruttamento del lavoro dell’operaio.
Il lavoro ha un valore decisamente superiore rispetto al suo valore di scambio (salario). Una maggior
efficienza nel lavoro avviene inserendo nella produzione nuove macchine e tutte quelle tecnologie e
conoscenze che consentano di aumentare la produttività ed abbattere i costi. A lungo andare, le macchine
avrebbero sostituito l’uom