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CAMBI FISSIPOLITICA FISCALE EFFICACE, POLITICA MONETARIA INEFFICACE.
POLITICA FISCALE (efficace): es. aumento della spesa pubblicala IS si sposta in alto a dx, determinando un aumento del livello di
equilibrio del reddito ma anche del tasso di interesse. Per evitare che l’afflusso di capitali modifichi il tasso di cambio occorre vendere
moneta nazionale, il che aumenta la quantità di circolante e spinge in basso la LM, potenziando l’effetto reale espansivo.
POLITICA MONETARIA inefficace in quanto il saldo della BoP è collegato alla politica monetaria. Quando la BoP è in avanzo o
disavanzo la Banca Centrale deve intervenire sul mercato valutario rispettivamente per acquisire o cedere valuta estera in cambio di
valuta nazionale.
Lo spostamento della LM in basso a destra determina una diminuzione dei tassi e la fuga di capitali che in regime di cambi fissi
dovrà essere fronteggiata con vendite di valuta estera (e acquisti di valuta nazionale) da parte della Banca Centrale. Tuttavia, la
corrispondente riduzione della quantità di moneta nazionale determina il ritorno della LM nella sua sede originaria e quindi un effetto
nullo sull’economia reale.
CAMBI FLESSIBILIPOLITICA FISCALE INEFFICACE, POLITICA MONETARIA EFFICACE.
POLITICA FISCALE inefficace a generare variazioni del reddito. La politica fiscale espansiva aumenta il reddito e il tasso di interesse
nazionale. La differenza tra il tasso di interesse nazionale e quello estero causa un afflusso di capitali dall’estero che porta in avanzo
la BoP. In regime di cambi flessibili l’avanzo della BoP si traduce in un apprezzamento del tasso di cambio che, a sua volta, deprime
le esportazioni e riporta il sistema economico all’equilibrio iniziale.
Un’espansione fiscale aumenta la domanda aggregata, spinge in alto la IS e preme per un rialzo dei tassi d’interesse. L’aumento dei
tassi porta ad un apprezzamento del cambio e quindi a una diminuzione delle esportazioni, il che riduce la componente estera della
domanda e fa tornare indietro la IS. Il risultato netto è nullo.
POLITICA MONETARIA (inefficace): aumenta il reddito e riduce il tasso di interesse nazionale generando un deflusso di capitale
verso l’estero e il disavanzo della BoP. In regime di cambi flessibili il disavanzo della BoP viene compensato automaticamente dal
deprezzamento del tasso di cambio, che riporta il sistema economico in equilibrio interno ed esterno in corrispondenza di un livello di
reddito più elevato. Lo spostamento verso dx in basso della LM riduce i tassi provocando un
deprezzamento del cambio e quindi un aumento della competitività e delle
esportazioni (non funziona se tutti i Paesi lo adottano
contemporanemente).
TOBIN TAX proposta dall’economista James Tobin nel 1972 al governo
degli Stati Uniti per stabilizzare il sistema valutario internazionale dopo la
crisi del sistema Bretton Woods. L’obiettivo era l’introduzione di un’imposta sulle transazioni di capitali per permettere spazi di
manovra alle politiche espansive di ciascun Paese sul mercato della moneta. Si trattava, quindi, di tassare, anche in maniera non
significativa, le transazioni speculative in valuta, così da creare una banda entro la quale i rendimenti di due valute diverse restano
stabilmente diversi. Se il tasso di interesse prevalente sul mercato mondiale è del 10% e inserisco una tassa del 2% sulle transazioni
in valuta, posso permettermi di tenere un tasso d’interesse interno all’8% (102=8) senza che si verifichino fughe di capitali visto che
il rendimento effettivo rimane lo stesso all’interno e all’esterno. Dal punto di vista teorico la Tobin tax è quindi una tassa
internazionale, quanto più efficace tanti più paesi la adottano.
I principali svantaggi della Tobin tax sono:
1. Tassa internazionale. Per essere efficace la Tobin tax deve essere applicata a livello internazionale. Se fosse adottata da
uno o pochi paesi, la Tobin tax costituirebbe un handicap sul mercato finanziario nazionale a vantaggio dei mercati
finanziari del resto del mondo. Gli investitori e gli speculatori si sposterebbero verso i mercati finanziari a minore tassazione
dando a vita a fenomeni economici di arbitraggio tra i paesi a diverso regime fiscale. Per superare questa impasse molti
economisti hanno proposto l'introduzione della Tobin tax tramite una organizzazione internazionale (es. Nazioni Unite).
Questa caratteristica rende particolarmente difficoltoso introdurre questa imposta negli attuali sistemi economici.
2. Minore liquidità dei mercati. Secondo alcuni economisti la Tobin tax, essendo applicata su tutti i soggetti economici a livello
internazionale, si traduce in una riduzione della ricchezza. Questa opinione parte dal presupposto che la speculazione
finanziaria agevola la volatilità dei prezzi sui mercati finanziari e la liquidità delle risorse. La tassazione sulla speculazione
finanziaria renderebbe più rigidi i mercati finanziari.
FEDERALISMO COSTITUZIONALEPer Robbins la pace non è semplice e temporanea assenza di conflitti ma una condizione
permanente da creare attraverso apposite istituzioni internazionali. I conflitti armati tra gli Stati sono il risultato di istituzioni inefficienti
a livello globale, incapaci di imporre a nazioni a sovranità assoluta ed esclusiva il rispetto di alcuni principi di convivenza civica.
Robbins definisce quindi “anarchico” il liberismo classico in quanto le relazioni internazionali sono affrontate attraverso consensi
diplomatici o il ricorso alla fede nei meccanismi di mercato, ossia di quella cornice giuridica e di potere che a livello dei singoli Stati
garantisce invece l’ordinato svolgimento della vita economica e sociale. Il problema sta quindi nella necessità di eliminare la
sovranità assoluta ed esclusiva degli Stati nazionali per lasciar spazio a sovranità condivise e frammentate come nel modello
federale della Costituzione USA. Si configura così una struttura di potere pubblico piramidale, funzionale in quanto basato sulla
separazione delle competenze tra i vari livelli di governo. Secondo Robbins questa struttura altamente decentrata ma allo stesso
tempo dotata di cruciali capacità strategiche accentrate, richiede un contesto costituzionale adeguato, che solo l’esperienza federale
ha storicamente mostrato di affrontare in maniera efficiente. Non deve esserci né una semplice alleanza, né una completa
unificazione, ma una federazione. Il trasferimento di parte delle competenze dagli Stati ad entità collettive sopranazionali non
necessariamente implica la diminuzione degli spazi di intervento legittimo dei poteri pubblici. Si crea, invece, un nuovo livello di
scelta collettiva (quello federale sopranazionale) al quale siano demandate scelte politiche collettive che possono o meno decidere di
astenersi dall’intervento sul mercato. È un nuovo luogo di potere, non si eliminano quelli esistenti.
FEDERALISMO STRUMENTALEUna delle proposte ricorrenti di HAYEK negli anni ’30 era la creazione di un sistema di istituzioni
sopranazionali fondato sulla struttura federale. Apparente contraddizione tra questa proposta di cooperazione di tipo federale e il
rifiuto della cooperazione monetariadopo la crisi del ’29 e la Grande Depressione aveva ripetutamente ammonito sulla pericolosit à
della cooperazione tra banche centrali, che a suo avviso sarebbe stata la maggior responsabile del crollo e del rallentamento della
ripresa economica: la cooperazione tra gli istituti di emissione consentiva di accrescere la liquidità e di tenere i tassi di interesse
artificialmente bassi, creando bolle speculative e gettando le basi per una crisi generalizzata. Hayek ravvisa la necessità di ridurre
l’intervento delle autorità pubbliche nazionali nell’attività economica:
1. Sistema di Free banking (dà a tutte le banche il diritto a stampare moneta, impone loro di fare affidamento solo sulle
proprie riserve, le lascia libere di scegliere il proprio campo di operatività e i soggetti con cui relazionarsi senza vincoli di
frontiere nazionali)
2. Banca centrale internazionale.
Per Hayek la federazione (trasferimento di sovranità dagli Stati ad un organismo ad essi sovraordinato) toglie libertà alle autorità
pubbliche nazionali, evitando che sotto le pressioni di lobby economiche e politiche nazionali possano perseguire politiche espansive
non coerenti con le esigenze di riequilibrio del sistema economico. La federazione è in questo senso strumentale a limitare il potere
degli Stati in economia.
BRETTON WOODSNel luglio ’44 vi si riunirono le delegazioni dei 44 Paesi alleati per discutere dell’assetto istituzionale che
avrebbe dovuto sostenere la ricostruzione di ciascun Paese e dell’ordine mondiale una volta terminata la guerra. Il confronto vide il
radicarsi di due posizioni opposte: il Piano White e il Piano Keynes, dal nome dei due capidelegazione che li proposero
all’approvazione della Conferenza. Prevalse il primo decretando la cristallizzazione del potere egemonico statunitense a livello
mondiale non solo sul piano militare ma anche su quello economico monetario. Il Piano White prevedeva la creazione di alcune
istituzioni volte ad assicurare il funzionamento del sistema economico internazionale:
1. FMI (Fondo Monetario Internazionale)
2. Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo
Entrambe dotate di un meccanismo decisionale secondo il qual e i voti di ciascun Paese dipendono dalle quote che essi detengono e
le decisioni più importanti vengono rese con una maggioranza qualificata dell’85%. Gli USA sono gli unici a detenere una quota
superiore al 15% e di fatto possono esercitare un diritto di veto sulle decisioni di FMI e BM.
Nel dicembre ’45, 29 Paesi firmano gli Articles of Agreement, dando effettivamente vita al fondo che inizierà ad operare 2 anni dopo.
Esso veniva creato con contribuzioni dei singoli Paesi pesate sulla base della propria rilevanza economica e dalle quali ciascuno
avrebbe potuto attingere in caso di difficoltà di bilanci dei pagamenti, negoziando poi la restituzione al Fondo delle somme ritirate in
rate fino a un massimo di 5 anni. Il fondo avrebbe potuto imporre misure di rientro del deficit esterno. La Banca Internazionale per la
Ricostruzione e lo Sviluppo aveva il compito di fornire prestiti a lungo termine per la ricostruzione postbellica e lo sviluppo
economico. Diverrà la sezione più importante della Banca Mondiale.
BENI PUBBLICI GLOBALI Possono essere considerati una categoria particolare di beni pubblici, condividendone le due
caratteristiche principali:
1. Non escludibilità (impossibilità o estrema difficoltà di escludere qualcuno dal consumo del bene)
2. Non rivalità (possibilità di essere consumato contemporaneamente da più persone)
Per assumere carattere globale deve rispettare tre importanti criteri, stabiliti alla fine degli anni ’90 dal Programma Nazioni Unite per
lo Sviluppo:
1. Criterio