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STORIA DELLE DOTTRINE

POLITICHE ! 7

devono dipendere dai principi che si desumono dall'ordine della natura. Nella polis deve

esserci un rapporto di reciproca proporzione fra le parti, in modo che ci sia armonia fra gli

individui e le loro attività e si possa conseguire l'ordine. I principi su cui si fonda la polis, sono

quelli determinati dal senso del limite, cioè la proporzione, la misura e l'armonia. Alla luce di

questi principi Aristotele propone alcune considerazioni fra territorio e popolo:

- Il territorio deve essere scelto in modo da garantire l'indipendenza economica e la difesa;

deve essere fertile e avere uno sbocco al mare. La collocazione ideale della città è fra la terra

e il mare, in modo che possa ricevere aiuto da entrambe la parti.

- La popolazione deve essere proporzionata alle esigenze della città. Le categorie sociali

proporzionate ai compiti fondamentali che assolve la città e la popolazione deve essere

limitata in modo tale che tutti possano conoscersi e che abbiano una vita politica

autosufficiente.

Aristotele afferma che "ogni popolo ha il governo che si merita" proprio per indicare che tutti

i governi finiscono per riflettere la vita della comunità e il carattere del popolo. L'uomo è

diverso dagli animali, in quanto ha la ragione che gli permette di governare e disciplinare la

sua natura. Il mezzo più importante per formare un cittadino virtuoso è l'educazione, che

deve essere affidata allo Stato. La virtù del cittadino consiste nel saper comandare e nel saper

ubbidire ed è connessa con la capacità di autocontrollo dell'uomo libero: non deve essere

confusa con la virtù politica, per la quale è sufficiente che il cittadino sia dotato di buon senso.

La costituzione ha per oggetto l'ordine delle magistrature e va tenuta distinta dalle leggi. La

classificazione delle costituzioni è in base al potere sovrano che può essere detenuto da uno,

da pochi o dal molti che possono esercitarlo nel rispetto della comune utilità (monarchia,

aristocrazia e democrazia dei liberi) oppure nel loro interesse (tirannide, oligarchia e

democrazia della moltitudine).

Aristotele indaga anche il rapporto che sussiste tra costituzione e leggi, mettendo in rilievo

l'importanza del fattore economico-sociale e pervenendo alla distinzione fra costituzione

materiale e costituzione formale. L'analisi aristotelica si concentra sul fatto che sono in una

categoria ristretta di persone sia possibile armonia e concordia di intenti; mentre i molti non

hanno sentimenti di rispetto.

Trovando inesatta l'esclusione della classe degli operai e dei teti dalla società, Aristotele

propone di individuare anche per loro una funzione nell'ambito della costituzione

democratica. Egli riconosce che i molti possono esprimere un'opinione più giusta dei pochi e

formula su questa base il principio della maggioranza, norma fondamentale per

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l'ordinamento democratico. Sarebbe pericoloso ammettere la massa alle magistrature più

importanti, ma si può fare in modo che essa deliberi sui normali affari pubblici e partecipi alle

elezioni dei magistrati, ottenendo un giusto compromesso fra aristocrazia e democrazia. La

crisi della democrazia ateniese deriva da un regime politico ispirato alla demagogia, che

strumentalizza le passioni e gli umori della moltitudine per gli interessi particolari delle

fazioni, tralasciando la volontà assoluta.

Il principio fondamentale dell'ordinamento politico è la sovranità della legge che deve essere

superiore a qualsiasi cittadino, in modo che tutti i magistrati siano guardiani e servi della

costituzione. La costituzione si basa sulla classe media che è veramente libera, in quanto non

è corrotta o fuorviata dagli interessi delle grandi ricchezze. La classe media deve mantenere

l'equilibrio fra i ricchi e i poveri, come condizione sociale di ogni democrazia.

Il presupposto di fondo del metodo di Aristotele è che l'ordine sia considerato come il fine

ultimo della politica. Il metodo di analisi prescinde dunque da qualsiasi giudizio di valore. Si

tratta di rendersi conto delle cause che determinano la trasformazione di una costituzione, pr

individuare le massime di governo che consentono di conservarla. Il politico si avvale dello

stesso metodo che usa il medico, cioè diagnosi e prescrizione. I conflitti sociali sono

determinati dall'ineguaglianza e dal desiderio di attuare l'eguaglianza e possono essere

finalizzati alla deposizione dei governanti. I fattori che provocano l'insorgere della rivolta sono

tre:

- Morale Ideologico

- Condizioni per l'insurrezione

- Lo scopo da perseguire.

La rivolta è il risultato di una serie di eventi che sboccano nella trasformazione violenta della

costituzione. Occorre tener presente che chi detiene una certa potenza alla fine cercherà di

organizzare una rivolta.

Regime Statale Causa Caduta

Aristocrazie e Oligarchie Lotte interne promosse dai ricchi che non

fanno parte del potere

Oligarchia Gli esclusi organizzano la rivolta

Monarchia I sudditi si ribellano per le ingiustizie

Tirannia Odio e disprezzo

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POLITICHE ! 9

La tirannide può essere conservata con due politiche: la prima è quella di applicare con

coerenza i principi e le massime di governo del potere tirannico e dividere i cittadini,

sfruttando e alimentando il contrasto fra ricchi e poveri e eliminando le personalità eminenti.

L'altra politica è quella di mostra di perseguire la pubblica utilità, sopratutto sul piano

finanziario, tenendo conto delle entrate e delle spese, in modo da ispirare rispetto. Deve infine

governare in modo che i ricchi e i poveri si convincano che possono sopravvivere solo grazie

al suo potere. Le trasformazioni violente della democrazia sono provocate dalla mancata

osservanza del diritto, con cui si determina una situazione di illegalità generale. Nelle

costituzioni temperate tutto deve essere risolto nella legalità. Nella democrazia il cittadino non

deve acquistare potenza che metta in pericolo la costituzione e quindi sono necessarie norme

che consentano all'assemblea della polis coloro che possono assumere l'iniziativa di una

modifica radicale della costituzione.

L'ESPERIENZA POLITICA ROMANA

Gli elementi costitutivi della civitas romana erano la gens, i loro capi, il rex e il populus. La

famiglia e la gens erano le strutture portanti della vita civile e politica. Il rex aveva l'imperium

ed era insieme comandante militare, sacerdote e giudice; era assistito dal Senato, un consiglio

di anziani e dai Pontefici, per la pratiche di culto. Il popolo partecipava alla creazione del re

mediante l'acclamazione, che viene espressa nei comizi curiati. Nella prima costituzione

monarchica la plebe era del tutto esclusa dalla civitas e la contrapposizione fra patrizi e plebei

influenza la formazione dell'ordinamento della civitas repubblicana. Le necessità di difesa ed

espansione hanno portato alla trasformazione dell'esercito da gentilizio ad oplitico, cioè

fondato sulla fanteria pesante e che richiedesse un maggior reclutamento, in modo da

coinvolgere anche la plebe. I comizi centuriati, cioè l'assemblea del popolo romano ha la

decisione sulla pace e sulla guerra, deve eleggere gli altri magistrati e approvare in via

definitiva le leggi. Nel 509 venne sostituito al rex un magistratura annuale, dove l'imperium

trovava limiti sia nella breve durata dell'incarico che nella collegialità. La complessa

organizzazione della civitas portò all'istituzione di altre fondamentali magistrature della

repubblica: i censori, che sovrintendevano alla morale pubblica; i pretori, che

sovrintendevano alla giustizia; i questori, a cui era affidata l'amministrazione dell'erario; e gli

edili curiali, competenti per la polizia urbana.

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POLITICHE ! 10

Per evitare abusi nella nomina dei magistrati fu istituto il cursus honorum, con limitazione di

età e precise scadenze. Magistratura straordinaria è la dittatura, deliberata dal senato in caso

di crisi, che ha la durata di sei mesi. Nelle costituzione repubblicana si distinguono due

magistrature: e Dati questi presupposti la plebe non poteva essere

cum imperio cum potestate.

esclusa a lungo dalla vita politica, per questo vennero istituiti i tribuni della plebe, che

potevano imporre il veto agli atti pubblici alla deliberazione del Senato.

La religiosità e l'attaccamento alle tradizioni hanno consentito a patrizi e plebei di costruire

una civitas, cioè una realtà distinta e superiore a quella dei gruppi e dei singoli. L'unità

sostanziale della civitas sta nell'idea di diritto, che è l'anima della civitas e la logica giuridica

che permette di organizzare la civitas. Il diritto romano è connesso con le norme di carattere

religioso e sacrale e la sua elaborazione rimane prerogativa del collegio dei pontefici. Politica

e diritto sono distinti e connessi fra loro. La giurisprudenza è la fonte più importante delle

norme giuridiche che riguardano la disciplina dei rapporti e degli interessi fra i singoli: è

fondamentale la distinzione fra privato e pubblico. Il diritto pubblico trova la sua fonte nella

lex, approvata dai comizi curiati, cioè le assemblee del popolo. La costituzione è il modo per

trasformare una civitas in repubblica, una forma di governo in cui il fondamento è dato dalla

legge e che si differenza dalla monarchia, che ha un fondamento arbitrario.

L'esperienza politica romana individua tre posizioni tipiche del comando:

1) Imperium. Potere originario, che si attiene all'esistenza stessa della civitas, quindi alla sua

unità reale. E' illimitato e coincide con il dominio della civitas.

2) Potestas. Il potere può essere isolato a patto di rilevare che il compimento dell'azione è

preceduto da una precisa volontà, intesa come energia che da vita all'azione, distinta dalla

ragione. La ragion d'essere del potere sta nel diritto.

3) Auctoritas. Potere dato dal prestigio. A Roma l'auctoritas è riconosciuta nel Senato, che

deve dare l'assenso alle proposte di legge e alla compilazione delle liste dei candidati alle

massime cariche della repubblica.

Le comunità si costituiscono per un istinto che è proprio degli esseri viventi che si uniscono

per difendersi dai comuni pericoli. La ragione si esprime come consapevolezza dei benefici

che la vita sociale è in grado di procurare e si manifesta anche come previdenza, cioè capacità

di ricavare da avvenimenti passati una previsione per analoghe situazione del futuro.

STORIA DELLE DOTTRINE

POLITICHE ! 11

La prima costituzione,

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A.A. 2012-2013
57 pagine
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SSD Scienze politiche e sociali SPS/02 Storia delle dottrine politiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher bischerella di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia delle dottrine politiche e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Parma o del prof Truffelli Matteo.