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XIII Della condizione naturale dell’umanità per quanto concerne la sua felicità e la sua miseria: La
natura ha fatto gli uomini completamente uguali nelle facoltà del corpo e della mente, che nessuno può
reclamare per sé un qualche beneficio più degli altri. Per quanto riguarda la facoltà della mente, Hobbes
ritiene che, lasciando da parte le arti fondate sulle parole e la scienza, vi è tra gli uomini un’eguaglianza
ancora più grande di quella della forza. Per esempio la prudenza è un’esperienza conferita in egual misura a
tutti gli uomini. Ciò che può rendere incredibile tale uguaglianza è il fatto che gli uomini pur riconoscendo che
molti altri sono più saggi, più dotti, difficilmente si rendono conto che ci sono persone sagge come
loro(questo perché vedono il loro ingegno da vicino e quello degli altri uomini a distanza). Da questa
eguaglianza di abilità sorge l’eguaglianza nella speranza di conseguire i propri fini. Quando più uomini
desiderano la stessa cosa, ma non possono goderne tutti, diventano nemici e cercano di distruggersi a
vicenda o di sottomettersi l’un l’altro. A causa di questa diffidenza reciproca, ciascun uomo cerca di riunire
più persone possibili, per la propria conservazione, in modo che nessun altro potere sia abbastanza grande
per danneggiarlo. Inoltre gli uomini non hanno piacere a stare in compagnia se non c’è un potere in grado di
tenere tutti in soggezione. Ogni uomo poi desidera essere valutato dal compagno allo stesso modo in cui si
considera lui stesso. Per esempio ad ogni segno di disprezzo o scarsa valutazione, egli cerca di estorcere
una valutazione più grande. Nella natura umana perciò troviamo 3 cause di contesa: la competizione, la
diffidenza e la gloria. La competizione fa sì che gli uomini si aggrediscano per guadagno, la diffidenza per
sicurezza e la gloria per reputazione. Nel primo caso gli uomini usano la violenza per rendersi padroni delle
persone di altri uomini, delle loro donne, dei loro figli e del loro bestiame; nel secondo caso per difenderli; nel
terzo per delle inezie(=cose di poco valore). Da ciò emerge chiaro che nello stato di natura domina la guerra
di ogni uomo contro ogni altro uomo. Essa non consiste soltanto nel combattimento effettivo ma anche nel
tratto di tempo caratterizzato dalla disposizione verso di esso. In tale condizione non c’è posto per l’industria,
per la navigazione, per comodi edifici, per macchine né per la conoscenza della terra, per il calcolo del
tempo, le lettere, le arti e la società ma c’è soltanto il continuo timore e pericolo di morte violenta e la vita
dell’uomo è solitaria, sgradevole e breve. Qui non ci sono le nozioni di ciò che è retto e di ciò che è torto,
della giustizia o dell’ingiustizia così come non c’è legge. La forza e la frode sono le uniche virtù cardinali in
guerra mentre la giustizia e l’ingiustizia sono qualità relative agli uomini in società. Non esistono né proprietà
né dominio: ognuno ha quello che riesce a prendersi e per tutto il tempo che può tenerselo. Le passioni che
spingono l’uomo a voler la pace sono: il timore della morte, il desiderio di tutte quelle cose necessarie per
condurre una vita comoda mentre la ragione gli suggerisce quegli articoli di pace, chiamati leggi di natura,
attraverso cui gli uomini possono accordarsi.
XIV Della prima e seconda legge naturale e dei contratti: Diritto di natura o Ius naturale=libertà che ogni
uomo ha di usare il suo potere, come egli vuole, per la preservazione della propria natura, della propria vita e
di fare qualunque cosa che egli concepirà nel suo giudizio e nella sua ragione come essere il mezzo più atto
a ciò.
Libertà=assenza di impedimenti esterni, che spesso possono togliere parte del potere di un uomo di fare ciò
che vorrebbe ma che non possono impedirgli di usare il potere che gli è rimasto.
Legge di natura o lex naturalis=precetto o regola generale scoperta dalla ragione, che vieta ad un uomo di
fare ciò che è lesivo della sua vita o che gli toglie i mezzi per preservarla.
Diritto(ius)=consiste nella libertà di fare o di astenersi dal fare. Legge(lex)=determina e vincola a una delle
due cose.
Dal fatto che essendo la condizione dell’uomo una condizione di guerra, in cui finché dura il diritto naturale di
tutti su tutto non ci può essere sicurezza per vivere, emergono le due leggi di natura:
1° Legge di natura=cercare la pace e conseguirla.
2° Legge di natura=un uomo deve essere disposto, quando anche gli altri lo sono, a deporre il diritto
naturale e deve accontentarsi di avere tanta libertà contro gli altri uomini quanta egli ne concederebbe ad
altri uomini contro di lui.
XV. Delle altre leggi di natura: 3° Legge di natura=gli uomini devono rispettare i patti, altrimenti rimarrebbe
il diritto di tutti su tutto e ci sarebbe ancora la condizione di guerra. È in questa legge di natura che si ha la
fonte e l’origine della giustizia: quando un patto è fatto, infrangerlo è ingiusto e quindi la definizione di
ingiustizia non è altro che il non adempimento del patto. E tutto ciò che non è ingiusto è giusto. In ogni caso
è necessario che ci sia un potere coercitivo per costringere gli uomini all’adempimento dei loro patti e tale
potere non esiste prima della creazione di uno stato, con cui ha anche inizio la proprietà. Chi infrange il patto
che ha fatto e dichiara di poterlo fare con ragione dal momento che conduce al proprio beneficio, non può far
parte di una società che si riunisce per la pace e per la difesa, se non per errore di coloro che lo ricevono né,
una volta ricevuto, può rimanere in essa senza che quelli vedano il pericolo del loro errore. Perciò la
giustizia, cioè il mantenere i patti, è una regola di ragione che ci impedisce di fare qualunque cosa distrugga
la nostra vita e di conseguenza è una legge di natura. Infine i nomi di giusto ed ingiusto quando sono
attribuiti agli uomini significano conformità o non conformità dei costumi alla ragione mentre quando sono
attribuiti alle azioni vogliono dire conformità o non conformità alla ragione.
XVII Della generazione e definizione di uno Stato: Mentre l’accordo tra animali sociali, come le api e le
formiche, è naturale, quello fra gli uomini avviene solo per patto ed è artificiale. E per rendere tale accordo
costante e durevole si richiede un potere comune che li tenga in soggezione e diriga le loro azioni. L’unico
modo per creare un potere comune è quello di conferire tutti i propri poteri e tutta la propria forza ad un
uomo o ad un’assemblea di uomini che possa ridurre tutte le loro volontà ad una volontà sola. La moltitudine
così unita in una persona viene chiamata STATO, in latino CIVITAS e questa è la generazione del
LEVIATANO, di quel dio mortale al quale gli uomini devono, sotto il Dio immortale, la loro pace e la loro
difesa.
XVIII Dei diritti dei sovrani per istituzione: Si afferma che uno Stato è istituito quando una moltitudine di
uomini si accorda e pattuisce che qualunque sia l’uomo o l’assemblea di uomini che sarà loro
rappresentante, ognuno autorizzerà tutte le sue azioni e i suoi giudizi come se fossero propri, al fine di vivere
in pace tra di loro e di essere protetti contro gli altri uomini. Dall’istituzione dello Stato derivano tutti i diritti e
le facoltà di cui è dotato il sovrano e la proprietà, intesa come potere di prescrivere le regole(=leggi civili) per
mezzo delle quali ogni uomo possa conoscere di quali beni può fruire e quali sono le azioni che può fare
senza essere molestato dai suoi consudditi.
XXI Della libertà dei sudditi: Libertà e necessità coesistono: per esempio le azioni che gli uomini fanno
volontariamente procedendo dalla loro volontà procedono da libertà e per il fatto che ogni atto della volontà
umana procede da qualche causa e questa da un’altra, in una catena continua, tali azioni procedono da
necessità. Hobbes parla della libertà dei sudditi in relazione alle leggi civili: dal momento che non esiste al
mondo uno stato dotato di regole sufficienti per regolare tutte le azioni e tutte le parole degli uomini segue
che in tutti i generi di azioni non menzionati dalle leggi, gli uomini hanno la libertà di fare ciò che la ragione
suggerirà loro come più vantaggioso. Alcuni esempi sono: la libertà di comprare, di vendere, di fare contratti
l’uno con l’altro, di scegliere la propria dimora, il proprio cibo, il proprio modo di vita, il proprio metodo
d’istruzione dei figli. È quindi nell’atto della sottomissione che i sudditi trovano la loro obbligazione ma anche
la loro libertà: fine dell’istituzione della sovranità è la pace dei sudditi e la loro difesa contro un comune
nemico. Nessun uomo però è vincolato ad uccidere se stesso o un altro uomo e fino a che il rifiuto di
obbedire non renda vano il fine per cui è stata ordinata la sovranità c’è libertà di rifiutare. Nessuno ha però la
libertà di resistere alla spada dello Stato in difesa di un altro uomo perché tale libertà toglie al sovrano i
mezzi per proteggerci ed è perciò distruttiva dell’essenza stessa del governo.
XXVI Delle leggi civili: Per LEGGI CIVILI si intendono le leggi che gli uomini sono vincolati ad osservare
per il fatto che sono membri di uno Stato. In generale col termine legge si indica non un consiglio ma un
comando, non di un uomo qualunque ma di chi si rivolge ad uno già obbligato ad obbedirgli. Per quanto
riguarda la legge civile, essa aggiunge soltanto il nome della persona che comanda: persona
civitatis=persona dello stato. La legge civile è quindi l’insieme delle regole che lo Stato ha comandato ai
sudditi di usare per distinguere ciò che è cosa retta da ciò che è torto, vale a dire ciò che è contrario da ciò
che non è contrario alla regola. Inoltre il legislatore in tutti gli Stati è solo il sovrano, sia esso un uomo come
nella monarchia o un’assemblea di uomini come in democrazia o aristocrazia. Infatti lo Stato non è una
persona e non ha la capacità di fare alcuna cosa se non per mezzo del rappresentante(il sovrano). Il sovrano
non è soggetto alle leggi civili, poiché avendo il potere di farle e revocarle può liberarsene a suo piacimento.
Non è la lunghezza del tempo che dà autorità di legge ad un lungo uso ma la durata del silenzio del sovrano
su di esso per giudicare con equit&agra