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(M.
produzione non ci offre indicazione su come si raggiunge in concreto questo obiettivo e la questione
della dittatura del proletariato è citata soltanto una volta).
La prima grande opera che comincia a sconvolgere le coscienze europee in particolare quelle delle classi
dirigenti è il “Manifesto del partito comunista” libretto agile, che venne diffuso velocemente con la firma di
Marx ed Engels. È una grande analisi della borghesia. Si afferma che ‹‹la storia di ogni società esistita fino
ad ora è storia di lotta di classi››. Queste parole ricapitolavano sinteticamente il nucleo centrale di quella
concezione materialistica della storia. L’idea fondamentale della concezione marxiana della storia è che
‹‹la produzione economica e la struttura sociale che ne deriva necessariamente, in ogni epoca costituisce la
base per la storia politica e intellettuale di quella stessa epoca››. Vuol dire che per lui la storia non è il
manifestarsi concreto dell’idea di libertà come riteneva Hegel ma è il prolungarsi dei modi di lavoro
attraverso le generazioni. Il comunismo è altresì presentato come il ‹‹sogno di ogni cosa››, come il ‹‹risolto
enigma della storia››. Muovendo dal presupposto secondo cui ‹‹non è la coscienza che determina la vita, ma
è la vita che determina la coscienza››, M. ed Engels avevano affermato che ‹‹se si parte dagli uomini
realmente operanti›› è possibile captare e spiegare anche lo sviluppo degli echi ideologici del processo di
vita.
Il modo di produzione in generale è un processo oggettivo, concreto, reale di sviluppo delle forze produttive.
Ogni epoca storica è segnata da un proprio specifico modo di produzione. A un dato punto per Marx
inevitabilmente (discorso deterministico) nasce la contraddizione tra modi di produzione esistenti e forze
produttive: la classe che domina non è più la classe che ha in mano le forze produttive. Questa
contraddizione produce appunto l’antagonismo che fa si che vi sia una lotta di classe, in cui la classe che
prima era dominata diventa dominatrice. Per Marx fino all’avvento della borghesia la classe che va al
dominio, prima dominata, riproduce le stesse dinamiche precedenti. La novità della borghesia è che la sua
differenza è che essa non si accontenta di fare la rivoluzione e di andare al potere e comportarsi come una
classe dominante ma è una classe rivoluziona, che una volta conquistato il potere, rivoluziona
costantemente i rapporti di produzione e i rapporti sociali. Non istituisce un sistema come il feudalismo che
aveva instaurato all’epoca un sistema nuovo, piramidale. Essa rivoluziona sempre il modo di produzione
attraverso l’innovazione tecnologica. Ma la rivoluzione è borghese e non proletaria. Il suo problema è che
facendo ciò, la borghesia produce al suo interno il suo nemico: la classe proletaria che la abbatterà.
Quest’ultima non è una classe esterna alla borghesia ma ne è il prodotto. Quindi la borghesia ha insegnato
che i rapporti sociali si rinnovano e questa produrrà una rivoluzione comunista (elemento di novità e
contraddizione). La rivoluzione non sostituisce una classe dominante con l’altra come fa la storia, ma
abolisce il dominio di tutte le classi assieme alle altre classi.
“Capitale”
Studia come funziona il modo di produzione capitalista. I due grandi nuclei su cui Marx lavora sono:
-che cos’è la merce, visto che il capitalismo si basa sul libero scambio delle merci
-come funziona il lavoro capitalista
La merce non è banalmente un sinonimo di oggetto, bensì è qualcosa di più, un concetto, un’astrazione
reale, in realtà non esiste ma ha effetti concreti nella realtà. Il suo valore consta di due parti:
-la sua utilità, ossia il valore d’uso
-il valore di scambio, ossia quello che Marx chiama la sua spettrale oggettività perché il valore che è dato
dal prezzo del libro non è fatto solo dall’utilità ma anche da quanto il mercato è disposto a pagarlo per il fatto
di averlo.
Ciò è quantificato con il denaro. In realtà il suo prezzo è dato dal valore di scambio, che viene determinato
da quell’insieme di rapporti sociali oggettivati che sono intrinseci dentro la merce. Il valore di scambio come
si determina? Dai rapporti sociali che ne hanno determinato la produzione, dalla loro oggettivazione e da
il
quanto questi rapporti valgono sul mercato. Dunque il capitalismo è un enorme processo di reificazione (
lavoro umano è ridotto a merce e i rapporti sociali si configurano come rapporti tra cose) .
Però Marx afferma che il problema non è il mercato ma la produzione, vale a dire il capitalista guadagna già
con un’altra merce che è in gioco: la forza lavoro, lo sfruttamento di questa merce particolarissima, che non
è un oggetto ma è viva, e viene scambiata anch’essa sul mercato. Nella prima pagina del Capitale Marx
indaga come avviene la compravendita della forza lavoro. Anzitutto la giornata lavorativa per M è più lunga,
poiché è composta da altri momenti oltre a quelli dedicati al lavoro necessario e da qui deriva:
=› Plus lavoro, cioè il consumo della forza lavoro in più che non è necessaria e quindi il valore in più che il
capitalista ha acquistato, il suo profitto. In conclusione lo sfruttamento della forza lavoro oltre il necessario
determina il profitto. Questa misura non è fissa ma dinamica. Il capitalista cercherà di aumentare il più
possibile il plusvalore mentre la classe operaia di ridurlo il più possibile al lavoro necessario. Ciò determina
l’antagonismo.
In realtà Marx afferma che questa lotta dovrebbe finire in quanto il pluslavoro assoluto è una misura finita e
se il capitalista vuole continuare a guadagnare deve mantenere viva la propria merce, intesa come forza
lavoro: egli deve dare non solo il tempo per riposare all’operaio ma anche un tempo necessario per
soddisfare i propri bisogni e permettergli di acquistare le merci prodotte.
C’è però una novità ulteriore: il plusvalore relativosi può migliore la produttività in quelle ore rendendole
più efficienti e sfruttando l’innovazione tecnologica, che serve a produrre non solo merci prima impossibili da
creare e a consumare la forza lavoro. Nelle fabbriche infatti vengono introdotte macchine che guidano i
tempi di lavoro dell’uomo: esse incorporano dentro di sé la forza lavoro e ne determinano i movimenti,
aumentandone la produttività. Quindi il pluslavoro relativo aumenta la produzione dell’operaio in modo
enorme.
In un passo del capitale lui racconta questo uso del lavoro vivo alla macchina, che intacca il sistema nervoso
e ogni attività fisica-mentale: “Il lavoro alla macchine sopprime l’azione molteplice dei muscoli”; è un “mezzo
di tortura, subordinazione tecnica dell’operaio” = sussunzione reale del lavoro al capitale, ossia il capitale
Così l’
organizza direttamente i modi del lavoro. Si produce così il 1° antagonismo. innovazione tecnologica
determina tanto la classe dei capitalisti quanto degli operai, in quanto tutti dipendono dalle macchine.
Per Marx la produzione è un gioco di rapporti tra classi e non singoli. Il carattere sociale è determinato dalle
relazioni che si instaurano fra chi lavora in fabbrica. Al carattere sociale della produzione segue un carattere
privato della procreazione. Da qui deriva la grande critica di Marx al programma di Gotha: non si deve
regolamentare il modo di produzione, che si basa su una strutturale disuguaglianza, ma si devono reprimere
i mezzi di produzione.
Tocqueville
Nobile, per parte di madre nobiltà antichissima finita sotto la ghigliottina giacobina (la linea maschile della
madre viene ghigliottinata nel periodo del terrore). La madre non si riprenderà più da questo orrore. Famiglia
monarchica, lealista alla corona di Francia. Egli trascorrerà qualche tempo in America e avrà modo di
osservare e studiare il sistema penitenziario degli stati uniti (1830 1832). La sua opera intitolata “La
democrazia in America” ebbe un successo editoriale clamoroso. Il principale contributo di T alla teoria della
democrazia consiste da una parte nell’avere sfatato il luogo comune settecentesco per cui la democrazia era
una forma politica adatta soltanto a repubbliche di piccole dimensioni, dall’altra nell’avere impostato una
riflessione sulla democrazia intesa non tanto come forma di governo ma come insieme di dinamiche politiche
fondate su di uno ‹‹stato sociale››. La democrazia quindi viene definita da T come ‹‹stato sociale›› come
‹‹uguaglianza delle condizioni››. Ancora la democrazia è l’esito necessario e ineluttabile, ‹‹come un fatto
provvidenziale››, una condizione di stare al mondo che ha accentuato la mobilità sociale e ha installato con
sempre maggior decisione gli individui come protagonisti all’interno di una società fondata sull’indifferenziato
individualismo. Democrazia per Tocqueville è il regime dell’uguaglianza. L’uguaglianza è una spinta
naturale intrinseca all’animo umano, tutti gli uomini tendono ad essere uguali (vogliono essere uguali).
La democrazia è l'ultima tappa di una marcia secolare che è iniziata nel XI secolo con l'inizio della
critica del testo aristotelico, inizia con la critica dell'ipse dixit, dimostrando che Aristotele si è sbagliato;
prosegue con la secolarizzazione, poi la crisi del sistema per ceti, la rivoluzione industriale, quindi
l'individualismo (ereditato dal giusnaturalismo) e infine la realizzazione della democrazia come grande forme
politica dell'uguaglianza: in democrazia abitano gli uomini tutti uguali. Negli USA non hanno mai conosciuto
l'aristocrazia, quindi partono 'avvantaggiati' e sono più avanti, ma la marcia è inarrestabile. A Tocqueville la
democrazia fa orrore (è un nobile) ma si propone di educare il processo inevitabile per evitare che questa
marcia diventi massificazione, una società del ceto medio, di mediocri, in altre parole livellata; è una sorta di
ortopedia della democrazia, assodato che un ritorno all'ancien regime è impossibile. Infatti in Europa il
rischio della democrazia è che degeneri in una norma di dispotismo detto dispotismo paterno, uno stato
che tratta i suoi sudditi come minorenni e non come maggiorenni (quell