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CENNI AI CARATTERI DELLA SCIENZA GIURIDICA CANONISTICA: IL COORDINAMENTO MEDIOEVALE FRA IUS CIVILE E IUS CANONICUM
I grandi artefici del corpus ius canonici avevano soprattutto preso a prestito le tecniche e gli schemi dogmatici romanistici. L'intensa elaborazione scientifica svolta dai canonisti sul DECRETUM e sulle raccolte successive di DECRETALES, presentava nondimeno quei tipici caratteri che le derivano da 2 aspetti specifici:
- dall'essere attività interpretative di un diritto in gran parte vivo e contemporaneo
- dall'essere lavoro speculativo dominato dal problema incombente di individuare il fatto umano, valutabile in termini puramente giuridici, rispetto al fatto rilevante invece sul superiore terreno della dogmatica religiosa e della teologia morale.
Il decretum e le decretales, vennero suddivisi in GLOSSAE E SUMMAE, opera di sistemazione scientifica effettuata da giuristi del calibro di GRAZIANO, BANDINELLI, PAVESE. Il lavoro fu effettuato in un'ottica
di restringimento delle norme, associandole con quella che è la ratio del peccato e della salus animae, fondamenti prevalentemente cristiani; l'ottica fu dunque quella del rispetto di valori quali l'aequitas, l'indulgentia, la benignitas. Un romanista farà difficilmente a meno del diritto canonico, sentendo la necessità di citarlo, di applicarlo costantemente; un canonista, pertanto, applicherà il principio della teologia morale, portando a maturazione certe tendenze del diritto romano. L'ambito in cui le due dottrine e i 2 diritti confluiscono concordemente fu quello del PROCESSO. Sotto l'ottica dell'ordo iudiciorum romano, fu perfezionato e reso migliore dall'opera pontificia, in particolare dai decretales. Tutto ciò che riguardava questo argomento, scrisse il CAPPELLETTI, fu razionalmente ordinato e previsto, facendolo quasi sembrare un lavoro scientifico/universitario. Il diritto canonico permeò questo.argomento orientandolo nei confronti di una fede che faceva soccombere la norma civile a quella canonica, dimostrando quanto tale diritto (canonico) stava emergendo in quel periodo. Nessuna azione umana era estranea al peccato; ecco perché la legge doveva cercare di limitare il peccato dalle azioni degli essere umani, tenendo conto del fatto che persino il principe era un essere umano e come tale, peccatore, e quindi soggetto ad una sorta di debolezza politica.
La chiesa cristiana governava la famiglia attraverso la sua competenza esclusiva in materia matrimoniale; controllava la sfera politica, sociale ed economica con le sue norme morali, che sancivano penitenze e censure: rapporti tra le potenze, sistema dei contratti e dei delitti. Questo lavoro risultò molto brillante, perché riuscì a fondere le procedure civili e criminali, risultando un capolavoro di alleanza canonico/romana.
Ius canonicum e Placitum Principis: L'assolutismo post medioevale era la piena
incarnazione dello stato moderno. Il sorgere in varieterre d'Europa, dei regni nazionali, aveva spezzato l'unità politico giuridica dell'universomedioevale e l'idea di questa unità era formalmente rimasta intatta solo nei paesi italiani egermanici appartenenti all'impero.
Gli stati nazionali d'Europa andavano assolutizzandosi e anche in Italia e in Germania venivanoemergendo gli stati principeschi, a loro volta avviati ad una consolidazione delle proprie strutture insenso assolutistico.
In questo modo anche l'unità religiosa di una superstatale RESPUBLICA CHRISTIANAera destinata a dissolversi. Avanza dunque, in questo periodo, lo spirito laico connesso ad unaassoluta sovranità statuale, cui si collegava il concetto di una totale autonomia del potere terreno edi un primato LAICO DELL'ORGANIZZAZIONE CIVILE, che portava inevitabilmente, amutamenti di fondo nel rapporto STATO/CHIESA.
In Italia le principesche
Inaugurarono una politica ecclesiastica caratterizzata dalla sottrazione alla chiesa di una molteplicità di compiti e attribuzioni tradizionali. Questo marcato fenomeno di territorializzazione della chiesa e di nuovo particolarismo religioso non fu senza influenza anche sulle monarchie nazionali dell'Europa rimasta cattolica. Anche qui, ad eccezione dei principali italiani, le chiese rivendicarono quella particolare posizione di autonomia rispetto alla curia romana che ne fece delle vere chiese di stato. Per l'Italia si può dunque correttamente parlare di politica giurisdizionalista, così come di politica regalista o gallicanista. Come ha osservato il Marongiu, il principio religioso è inserito nell'ordinamento giuridico dello stato come parte integrante di esso. Ma non è più superiore e quindi anche estraneo ad esso; è soltanto uno dei gli elementi. La politica ecclesiastica assolutistica fu dunque volta a imporre il primato.
delimitato e regolato dallo Stato, che si estendeva anche alle questioni giuridiche temporali che in passato erano di competenza esclusiva della Chiesa. Questo cambiamento portò a una separazione tra il diritto canonico e il diritto civile, una separazione che era tipica di uno Stato laico. Il legame ideale tra i due diritti, inteso come un'universalità politica e spirituale, veniva meno. Ora, il diritto canonico era soggetto alle leggi dello Stato.recepito con vari limiti e alla condizione di non derogare alla volontà assolutamente dal monarca. Lo studio del diritto canonico nelle università europee, fu soppresso durante il sedicesimo secolo, specie nei paesi calvinisti e in Svezia. Anche in Francia Luigi XVI stabilì che lo studio universitario del diritto canonico, venisse soprattutto svolto quale base del diritto delle teorie gallicane. Come ha scritto il Prosdocimi in questo periodo la cristianità si trasforma e la novità dell'era moderna, sta nel fatto che la chiesa si trova in una situazione opposta rispetto a tutti gli stati, da un punto di vista giuridico. Bisogna sottolineare che alcune strutture burocratiche nascono specie negli stati assoluti, a imitazione di quelle Pontificie. Questa evoluzione fu resa possibile anche grazie al clima politico che in questo periodo troviamo all'interno degli stati europei, dal quale si sviluppano i concetti di Stato laico e di stato.moderno. Ciò che differenziò non poco il diritto canonico dal diritto romano fu il fatto che parte di esso fu conservato in maniera attiva; pertanto non sul quel processo di razionalizzazione e di particolarizzazione giurisprudenziale. Già in età medioevale il diritto canonico era comune e collegato al diritto romano nella concezione dell'utrumque ius, e derogando al diritto romano parte dello ius proprium. La chiesa vigile e intransigente non cessò mai di difendere le proprie norme su ogni altra norma terrena. In questo modo il diritto canonico conservò il suo carattere principale di autenticità. Riuscì a mantenere, dunque, più del diritto romano, la veste di diritto comune rivolto a più ordinamenti politici. Nel determinare in Europa questa spiccata tendenza: l'uniforme applicazione del diritto canonico, giocò un ruolo importante il grande tribunale della SACRA ROTA romana, massimo organo di controllo.La ROTA è stata il tribunale supremo dello Stato Pontificio nel campo civile e spirituale. Durante l'era moderna, ha mantenuto uno stile di giudizio considerato invalicabile. Questo stile ha aperto la strada alla ricerca di nuove e più ampie sistemazioni delle materie nel campo del diritto, dando origine a nuove opere che nel corso dei secoli hanno contribuito alla formazione del diritto moderno.
La formazione e l'apogeo del diritto comune
I caratteri intrinseci del diritto comune
Sull'uso ed espressione del diritto comune
Il diritto romano canonico è sempre stato presente in Europa. È importante ricordare che quando parliamo di ius comune, dobbiamo distinguere dal punto di vista del contenuto, che è il diritto romano, soprattutto per quanto riguarda il diritto civile; dal punto di vista formale, invece, osservando da vicino le vicende del diritto comune dell'età moderna.
Il ridursiconcettuale dell'espressione diritto comune al solo diritto romano, appare pienamente in atto, specie dell'età assolutistica. Questo spiega la separazione del diritto civile dal diritto canonico e naturalmente l'integrazione che fu effettuata nei secoli successivi.
Occorre adesso portare l'attenzione sul valore scientifico del diritto comune, vale a dire l'elaborazione e il valore importante che ebbe in relazione alla nascita della scuola di Bologna, che coincide con alla nascita giurisprudenziale del diritto comune.
Giurisprudenza cioè il vero soggetto attivo, costruttore e con odore del tipo regime che sia chiamato del diritto comune: la giurisprudenza nell'elemento coordinatore e sistematore, appunto da divenire, per antonomasia, fonte del diritto comune.
Considerando il diritto comune come inserito, entro ciascuno ordinamento, in un certo sistema di fonti concorrenti, non dobbiamo dimenticare però che fu la giurisprudenza medioevale
A coordinaresistematicamente queste fonti, contrapponendo un diritto comune universale alla varia molteplicità di diritti particolari, ovvero allo ius novum. Era compito della giurisprudenza mettere a fuoco l'interpretazione esegetica e dogmatica del diritto di Giustiniano. Il punto di partenza era sempre il precetto del testo Giustinianeo. L'interpretazione che di essa dava il giurista doveva tener conto dell'interazione di tutte le fonti del sistema, in merito alla situazione disciplinata da quel precetto. Il concepire il diritto comune significava inserirlo in un sistema di fonti in modo efficace; così facendo risultò indispensabile coglierne la complessa e dinamica realtà. Dobbiamo cioè tener conto che il sistema di fonti tipico del regime di diritto comune, può essenzialmente essere inserito nei suoi lineamenti teorici e nella sua funzionalità pratica, all'interno di un lavoro scientifico effettuato attraverso la giurisprudenza.
Dobbiamo inoltre considerare che quel diritto, che in quel sistema è inteso come comune rispetto alle altre fonti, non si esaurì né