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volta Iqbal riesce a scappare. Alla fine, grazie all'aiuto del Fronte di liberazione dal lavoro minorile, Iqbal viene liberato insieme agli altri bambini schiavi. Questa storia è basata su fatti realmente accaduti e ci fa riflettere sulla triste realtà dello sfruttamento minorile.sembra essere corrotta daldenaro del padrone e va via lasciando i bambini nelle stesse condizioni. La seconda volta è l'attivista del fronte di liberazione, Eshan Khan, a giungere alla fabbrica dei tappeti: lui riesce a liberarli definitivamente. È un personaggio importante per la storia dei bambini sfruttati: è un adulto ma cerca in tutti i modi di mettersi nei loro panni, Fatima dice che è uguale a Iqbal, gli stessi occhi, la stessa voglia di giustizia e lo stesso coraggio. Diventerà quasi un padre per i bambini, ma soprattutto per Iqbal. Una volta pronunciata la frase: "siete liberi, potete andare" i bambini sentono un grande senso di smarrimento: hanno dentro di loro un grande vuoto, hanno paura del mondo che è fuori, di ritornare nelle famiglie che a stento ricordano. Fatima piangerà per la prima volta dopo tanti anni di schiavitù alla fabbrica dei tappeti proprio in questo momento. E si può capire.che l'autore qui sta raccontando il completo annullamento che la schiavitù provoca, le terribili conseguenze che questi bambini porteranno per sempre. In fondo non avevano mai pensato a come potesse essere tornare alla vita di tutti i giorni, le speranze si erano affievolite nel corso dei giorni. Ma questa volta era vero: erano liberi. Eshan Khan li porta tutti alla sede del Fronte, qui i bambini hanno una casa, un letto, cibo in quantità e possono giocare liberamente. Fatima chiama questo periodo "la primavera dell'aquilone": l'aquilone è un motivo corrente per tutto il libro, è il simbolo della libertà, prima cercata fortemente e poi arrivata. Iqbal durante i suoi discorsi con Fatima di notte nella fabbrica le prometteva spesso che l'avrebbe portata a giocare con l'aquilone, una volta liberi. E infatti mantiene la promessa, non appena sono liberi di giocare alla sede del Fronte. È qui che Francesco D'Adamoesalta l'istruzione come modo per essere liberi ed emanciparsi: Iqbal decide, infatti, di voler studiare e di diventare avvocato, vuole liberare tutti i bambini schiavi come lo era stato lui, vuole diventare un attivista del Fronte; capisce che lo studio rende liberi perché consapevoli, solo combattendo l'ignoranza si può combattere la violenza. E, nonostante qualche titubanza da parte di Eshan Khan nel tenerlo alla sede del Fronte e farlo partecipare attivamente, la tenacia e il coraggio di Iqbal prevalgono: parla quasi soddisfatto con gli adulti di questioni anche più grandi di lui, legge libri, segue ragionamenti, impara ad usare la macchina fotografica: a poco a poco diventa uno dei più importanti membri del fronte, s'infiltra in fabbriche di tappeti, di mattoni, ecc. fotografando altre terribili situazioni, fa chiudere diverse fabbriche dove si sfrutta il lavoro minorile, liberando circa 200 bambini. Eshan Khan diventa un padre per Iqbal.

è orgoglioso di lui. Insieme vogliono denunciare gli sfruttatori dei bambini. «Loro si ingrassano nel silenzio e nell’ignoranza», dice Eshan Khan e per questo Iqbal decide di fare, davanti a tutti, i nomi degli sfruttatori, per rompere il silenzio. Alla fine Iqbal riceve anche la borsa di studio a Boston e il premio “Gioventù in azione”: ora inizia a viaggiare e tutto il mondo lo conosce e prende atto della situazione drammatica di migliaia di altri bambini come lui. Iqbal comincia a tenere, infatti, anche una serie di conferenze internazionali sensibilizzando l'opinione pubblica mondiale sui diritti negati ai bambini nel suo paese e contribuendo al dibattito sulla schiavitù mondiale e sui diritti internazionali dell'infanzia. Nessuno nel mondo potrà dire “non mi riguarda” perché Iqbal comincia a gridare a tutto il mondo, a soli dodici anni, che non tutti i bambini hanno la fortuna di poter vivere la loro

Infanzia con la spensieratezza che caratterizza quest'età. In una conferenza a Stoccolma afferma: "Oggi voi siete liberi ed anch'io sono libero. Sfortunatamente i padroni del business dove lavoravo ci dissero che è l'America che chiedeva di schiavizzare i bambini. Agli americani piacciono i tappeti, le coperte, gli asciugamani a poco prezzo che noi facciamo. Quindi loro vogliono che il lavoro schiavizzato vada avanti. Io mi appello a voi che fermiate le persone dall'usare i bambini come manodopera perché i bambini hanno bisogno di una penna piuttosto che strumenti di lavoro. I bambini lavorano con questi strumenti".

Inizia quindi un nuovo periodo della vita non solo di Iqbal, ma anche di Fatima che durante i viaggi dell'amico, ritorna dalla sua famiglia: sente che qualcosa sta cambiando. Infatti dopo giorni di silenzio le arriva una lettera: la lettera che Mariachiude il libro, in cui la piccola le dà la triste notizia della morte.

di Iqbal, ucciso dalla mafia dei tappeti forse proprio perché stava cominciando ad essere un personaggio scomodo per quei padroni che sfruttavano l'innocenza dei bambini. Iqbal muore il 16 aprile 1995, il giorno di Pasqua, proprio quando è pieno di progetti per il futuro, quando stava riuscendo nella sua impresa: un'automobile lo uccide, mentre, nella sua città natale Muridke, nella zona di Chapa Kana, vicino a Lahore, si stava recando in bicicletta in chiesa. Ma non si saprà mai chi siano stati i colpevoli, infatti il processo che vede imputati gli esecutori materiali dell'omicidio, non chiarisce del tutto i dettagli della vicenda, sebbene appare certo che il suo assassinio è stata opera di sicari della locale "mafia dei tappeti". La polizia pakistana, molto probabilmente corrotta da tale mafia, scrive nella sua relazione: "l'assassinio deriva da una discussione tra un contadino ed Iqbal". Dei testimoni hannoperò affermato di aver visto unamacchina dai finestrini oscurati avvicinarsi a lui mentre era in bici e qualcuno alsuo interno aprire il fuoco contro Iqbal.Ma la lettera di Maria non si conclude con la tristezza della morte bensì con unmessaggio di speranza: ora sono molti i bambini che non hanno più paura didenunciare i loro padroni, ora migliaia di piccoli Iqbal rompono il silenzio elottano per liberare gli schiavi del Pakistan e del Mondo. Solo raccontando ericordando la storia di questo bambino coraggioso la memoria non andrà persa.Iqbal diventa un simbolo e quasi un modello da imitare, l’eco della sua storiaCinzia Th Torrisiarriverà in tutto il mondo, tanto che realizza anche un film nel
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Publisher
A.A. 2011-2012
6 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-DEA/01 Discipline demoetnoantropologiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Daniel Bre di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Pedagogia interculturale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Ravenna Anna Rita.