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Il Piano Young e la revisione del Trattato di Versailles
Young, che già aveva partecipato alla formazione del Piano Dawes). Durante la Conferenza dell'Aja dell'agosto '29 venne deliberato che le truppe alleate avrebbero evacuato la Renania entro il 30 giugno '30 (con cinque anni di anticipo rispetto a quanto stabilito nel Trattato di Versailles), e si decise che i tedeschi avrebbero dovuto pagare le riparazioni entro 59 anni (avevano tempo fino all'88) per la quota restante di 109,6 miliardi di marchi d'oro. Inoltre, veniva lanciato un prestito di 300 milioni di dollari che per un terzo spettava alla Germania per favorirne il meccanismo dei pagamenti e per due terzi ai paesi creditori. Di fatto, Stresemann ottenne un risultato notevole: attraverso il dialogo e la cooperazione, raggiunse una serie di risultati che costituirono una prima significativa revisione di Versailles. Quando il Piano Young entrò in vigore, all'inizio del '30, la crisi economica stava per investire.
L'Europa. Briand si rese poi partecipe di un'altra iniziativa nel settembre del '29: propose alla Società delle Nazioni il progetto di un'Unione federale Europea, progetto che può essere interpretato come un ulteriore sforzo per trovare un modo per contenere la minaccia della Germania. In quegli anni in Europa cominciava a circolare l'europeismo utopico del conte austriaco Kalergi, il cui obiettivo era quello di unificare l'Europa per sottrarla alle divisioni interne e restituirle un ruolo nella politica mondiale. Il movimento riuscì a coinvolgere alcuni personaggi come Briand e Léger (segretario del ministero degli Esteri francese), che di fatto esposero il grande ideale dell'unificazione europea come strumento per favorire la pace dando vita ad un'Associazione di Stati europei interna e subordinata alla Società delle Nazioni, basata sul principio del rispetto dell'indipendenza e della sovranità nazionale.
(e quindi intrinsecamente contraddittorio).
La crisi finanziaria del '29
Il '29 fu l'anno della svolta: con la morte di Stresemann e la crisi di Wall Street i rapporti tra i paesi cambiarono completamente. La crisi, che si presentava al suo esordio come un crollo borsistico legato soprattutto ad un eccesso di speculazioni affaristiche e dal peso eccessivo che le società di investimento avevano acquistato nella vita finanziaria americana, presto divenne un problema globale. Il 24 ottobre '29 si ebbe il primo segnale di allarme: vennero vendute al ribasso 13 milioni di azioni. Dopo una settimana di perdite incessanti, nel cosiddetto martedì nero della Borsa americana, il 29 ottobre, vennero venduti altri 16 milioni di azioni. Da qui, la caduta proseguì per tutto ottobre, per poi arrestarsi e riprendere quasi un anno dopo fino al minimo storico del '32.
La risposta alla crisi adottata in primis dagli Stati Uniti e poi dagli altri stati fu di
tipoprotezionistico: nel '30 gli Stati Uniti adottarono una riforma tariffario-doganale che le aumentò del 59%. L'abbandono progressivo del gold standard, che per molti versi era stato il prerequisito sulla politica monetaria per facilitare i commerci, fu un'altra risposta alla crisi.
La crisi borsistica americana si inserì in una situazione europea che da qualche mese stava dando segni di deterioramento. In Germania alla crisi finanziaria andava ad aggiungersi la crisi della repubblica di Weimar, che corrispose all'ascesa del nazismo: nel '30, in occasione delle elezioni, il partito nazista era riuscito a far eleggere più di 100 deputati in parlamento. Infatti, l'arresto del flusso di crediti a lungo termine da parte degli Stati Uniti aveva provocato un'impennata inflazionistica e una crisi produttiva; nel '29 i disoccupati tedeschi erano quasi due milioni, più di quelli americani. Il cancelliere Bruning avviò
quindi una politica deflazionistica per tentare di arginare le difficoltà del sistema assistenziale che stava pagando i sussidi ai disoccupati; il malcontento lo portò ad indire le elezioni del '30, quando appunto entrarono al Reichstag i nazisti. Era interesse delle potenze vincitrici non umiliare ulteriormente la Germania. Da qui su iniziativa del presidente americano Hoover nel '31 venne approvata una moratoria (sospensione per un anno del pagamento delle riparazioni) e trascorso l'anno venne convocata una conferenza a Losanna, al termine della quale si decise per la riduzione della quota che ancora la Germania doveva a poco più di 3 miliardi di marchi, una cifra quasi solo simbolica che tra l'altro la Germania non pagò, accordata nel tentativo di rafforzare il prestigio e la credibilità del governo di Bruning. La crisi della repubblica di Weimar anticipò e accelerò la crisi del sistema di Versailles. Anche l'Austria,paese sconfitto durante la prima guerra mondiale ed in gravi difficoltà economiche aveva basato fin dall’inizio degli anni ’20 la sua economia su una serie di prestiti, e si trovava quindi ad essere completamente non autosufficiente sul piano economico. I governi austriaci e tedeschi avviarono un progetto di unione doganale (abbattimento di ogni forma di ostacolo al commercio) per cercare di ampliare il mercato; si trattava di un progetto che suscitava apprensione in Europa perché interpretato come il primo passo verso l’unione politica, e quindi l’Anschluss. Così, la Francia denunciò l’Austria alla Società delle Nazioni, e quest’ultima fu costretta ad abbandonare il progetto di unione doganale, che in contrasto con una serie di accordi che l’Austria stessa aveva sottoscritto per ottenere i prestiti. Questi accordi erano stati stipulati con la Società delle Nazioni stessa, che le aveva fatto da garante firmando
un protocollo che le impediva unqualsiasi contatto con la Germania. Non si ricorse contro la Germania, ma contro l'Austria,come riprova del fatto che in Europa si avvertiva il rischio che la Repubblica di Weimar crollasse: si cercava di arginare l'ascesa dei nazisti. Quando però nel '31 la principale banca austriaca si trovò a dover certificare lo stato delle proprie finanze e rese evidente il proprio fallimento, ci furono una serie di tentativi di salvataggio sia a livello nazionale che a livello internazionale, che si risolsero quando in agosto la Società delle Nazioni riuscì a raggiungere quota 250 milioni di scellini austriaci, ponendo di fatto la vita finanziaria austriaca sotto controllo straniero. La crisi diventava così la Grande Depressione mondiale. Di là a poco, in Gran Bretagna il governo di MacDonald fu costretto ad abbandonare il gold standard, con un effetto di trascinamento di 25 monete, rivelandosi nefasto per gli.Stati Uniti di Hoover. L'economia mondiale toccò il fondo; negli Stati Uniti Hoover fu sconfitto da Roosevelt nelle elezioni del '32, che abbandonò il gold standard in favore del New Deal. Da quel momento cominciò una penetrazione in Cina che non si arrestò nemmeno con la Seconda guerra mondiale, un conflitto non dichiarato. L'occupazione della Manciuria: 1931 Prima ancora però che crolli Versailles, crollò il sistema di Washington. La prima manifestazione della sua crisi fu legata all'occupazione della Manciuria da parte del Giappone nel settembre del '31: al tempo in Giappone esistevano due forze politiche, una liberale (al governo), che voleva attuare una politica di espansione commerciale, ed una conservatrice, fautrice di una politica estera imperialistica che doveva essere sviluppata principalmente nella Cina settentrionale, in Manciuria e Mongolia. Con la crisi economica del '29, che colpì marginalmente ilGiappone tra il ’30 ed il ’31, l’avvio di scelte protezionistiche avevano aumentato le sue difficoltà economiche, tali da accrescere la potenza delle forze nazionaliste incarnate da forze vicine ai militari. La crisi mise in difficoltà il governo giapponese, convinto che il Giappone dovesse continuare a rispettare l’ordine di Washington. Così, quando nel settembre ’31 alcuni reparti militari sottocomando giapponese avviarono l’occupazione della Manciuria, non si trattò di una scelta del governo ma fu frutto della volontà delle forze nazionaliste: i militari presenti in loco approfittarono di un incidente che ebbe luogo lungo la ferrovia e proseguirono l’avanzata sul territorio mancese con il pretesto di proteggere le ferrovie dal tentativo di boicottaggio da parte dei cinesi (in Manciuria erano stati riconosciuti “speciali interessi” giapponesi già nel 1905, specialmente in relazione alla ferrovia).
ed ai diritti minerari). Si trattava di un'occupazione militare che violava i diritti della Cina, che difatti si rivolse alla Società delle Nazioni e parallelamente agli Stati Uniti, in quanto firmatari del Patto delle nove potenze (Conferenza di Washington), che affermava l'impegno a rispettare la nazionalità della Cina, oltre che del Patto Briand-Kellogg. Si trattava del primo test serio della Società delle Nazioni, il primo attacco alla stabilità internazionale; la Società delle Nazioni approvò all'unanimità a fine settembre una risoluzione che invitava le parti ad astenersi da atti che aggravassero la situazione e a ritirare le truppe sulle posizioni di partenza. Ebbe inizio una fase fluida che vedeva il tentativo della Società delle Nazioni di pacificare le due parti, appoggiata dal governo statunitense, ma senza alcuna efficacia. Il governo americano, su iniziativa del suo Segretario di Stato Stimson, decise diInviare un suo proprio rappresentante a Ginevra a testimoniare la disponibilità ad organizzare una risposta comune con la Società delle Nazioni. Tuttavia, la risposta non arrivò; o meglio, entrambi fornirono una risposta inadeguata all'aggressione del Giappone. Il governo americano di fatto si limitò ad emanare nel gennaio del '32 una nota diplomatica che consegnò il 7 gennaio sia al governo giapponese che a quello cinese, la quale conteneva quella che sarà definita cosiddetta dottrina Stimson, la cui base era il principio di non riconoscimento di qualsiasi situazione che andasse contro il patto Briand-Kellogg (gli Stati Uniti non potevano ammettere alcuna lesione all'integrità e all'indipendenza cinese). Secondo Stimson l'affermazione di quel principio sarebbe stato il primo passo verso l'intervento degli Stati Uniti nei confronti del Giappone qualora quest'ultimo avesse rafforzato la sua presenza in
Manciuria e avesse dato corso a nuove azioni. Al contrario, il presidente Hoover era convinto che gli Stati Uniti non dovessero intervenire in alcun modo, in quanto l'opinione pubblica non lo sosteneva.