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La CED.Il Piano di difesa a medio termine
approvato il 1 aprile 1950 a l'Aja in vist del 1954 (anno di massimo pericolo) prevedeva [i c.d. force goals,irrealizzabili se non a costo di un massiccio cambio di rotta nella politica degli investimenti, sottraendo dunque fondamentale credito allaricostruzione; già il 18 dicembre del 1951 i force goals vennero dimezzati, compatibilmente con le esigenze economiche dei paesi; questariduzione dei force goals prospettò un cambiamento radicale nei progetti americani ed il passaggio dell'arma nucleare da strumento politico didissuasione a potenza di fuoco tattica] una di forze convenzionali da 25 a 90 Divisioni [delle quali 60 esclusivamente locali] e da 400 a 9 mila aereiper spostare la linea difensiva dal Reno al confine intertedesco,mentre sul fronte francese le Divisioni sarebbero passate da 12 a 52, mentre sulfronte italiano le Divisioni sarebbero state 16 e 1/3 e 900 aerei: sforzo bellico il cui onere sarebbe
gravato in buona parte sulle capacità economiche europee, poiché il Congresso americano aderì all'iniziativa dell'One package, approvato l'8 settembre, cumulando aiuti del Piano Marshall all'applicazione della dottrina Truman. La risposta francese ad una ricostituzione de facto dell'esercito tedesco si sostanziò in un progetto votato il 24 ottobre 1950 dalle Camere: il piano Pleven, ovvero la Comunità europea di difesa, una strategia che ebbe come finalità (mai realizzata) l'inquadramento di piccoli contingenti tedeschi in un esercito sovranazionale. L'atteggiamento italiano a riguardo seguì l'evoluzione del pensiero americano, in principio contrario (si sarebbe costituito un costoso doppione della NATO in Europa) ma in seguito favorevole. Riarmo tedesco e organizzazione della Ced costituirono due momenti separati di trattative (volontà di uscire dall'empasse), trattativa (quelladella Ced) patrocinata dai federalisti europei (Spinelli e Calamandrei in testa) che a S. Margherita Ligure redassero un progetto di "SuperStato Europeo". Pacciardi espose a De Gasperi le perplessità italiane: dubbi sull'efficacia di integrazione ad un livello inferiore delle Divisioni (si parlava di integrazione di raggruppamenti), dubbi sullalegittimità costituzionale di un modello che avrebbe previsto lo stanziamento di truppe fuori confine e dubbi sugli effetti positivi di questostanziamento sul sistema difensivo interno. Truman (10 luglio 1951) promettendo uno strong support al progetto Ced aprì gli Italiani, divisi, ifavorevoli, tra soluzione modesta (Ced come Commissario sovranazionale) e soluzione ambiziosa (costituzione di federazione parziale, conesercito, bilancio e strategie di difesa comuni). Le perplessità italiane al caso passarono però in secondo piano (nonostante abbia giocato un ruolodeterminante in sensosfavorevole la non soluzione della questione di Trieste): il progetto fallì per il mancato appoggio francese (il governo italiano aveva subordinato la sua adesione problematica alla Ced ai risultati, negativi, del voto francese). Il 1954 sarà l'anno dell'evoluzione di questa situazione: il 23 ottobre (Accordi di Parigi) sancirono l'adesione italiana e tedesca (RFT) alla Nato e alla UEO (revisione del Patto di Bruxelles) inserita nel quadro delle operazioni della Nato secondo i principi di complementarietà e indivisibilità della sicurezza occidentale (art. 4). L'ATLANTISMO DELLA I REPUBBLICA. In tutti di settori non strettamente militari l'Italia, in virtù del suo lealismo strategico-politico (accettazione delle 12 Divisioni sul fronte, mantenimento di armamenti nucleari in siti italiani) rivendicava una politica estera autonoma e Trieste fu il primo banco di prova dell'atlantismo italiano. Meglio: Gronchi (PDR) chiedevaa Washington di vincolare la propria politica estera al principio della consultazione permanente con gli alleati europei; sembrò che il progetto avesse avuto successo, ma Dulles evidenziò la non compatibilità delle affermazioni gronchiani con la realtà della gestione americana della sicurezza internazionale. L'approccio italiano alle mutate esigenze internazionali si evolve verso la seconda metà degli anni '50, con il nascere di due schieramenti: il neoatlantismo (Gronchi, Fanfani, La Pira e Mattei) ovvero riuscire a sfruttare le risorse americane a sostegno delle spregiudicate operazioni di Mattei al fine di sabotare un ventilato direttorio franco-tedesco; e lo schieramento dei giovani diplomatici di orientamento terzomondista soprannominati Mau-Mau (Mancini, Messeri, Manfredi, Marchiori, Malfatti). In realtà lo scenario politico internazionale degli anni '50 era sempre diviso dal rispetto delle ortodossie europeista da un lato e.atlantista dall'altro. Il progetto della consultazione permanente tra gli alleati ebbe un' esistenza effimera, sorpassato dalla storia e dai fatti (spedizione di Suez anglo-francese e dottrina Eisenhower) della costante comunanza di intenti tra Italia e Usa (ovvero appoggio incondizionato della prima al secondo), ma dove la firma del Trattato di Roma e i primi euromissili Jupiter hanno giocato un ruolo di primo ordine. L'atlantismo italiano variò nel tempo: la sfuriata al Senato italiano di Fanfani sulla questione Vietnam, la concessione dello scalo di San Giusto agli americani nella guerra dei 6 giorni, le minacce di Fenoaltea (1980) di ritirarsi dalla Nato sulla questione degli accordi di Raumboillet e sulla questione del gasdotto siberiano; un atlantismo di interesse con Andreotti: concessione alla VI flotta di stanza nel mediterraneo di una base per sottomarini nucleari (mediante accordo segreto) in vista dell'affari (armi per petrolio-Eni) con Gheddafi e.Il rifiuto di concedere basi di appoggio per l'aviazione USA nella guerra del Kippur. La prospettiva italiana: pieno appoggio alla NATO come garanzia contro la minaccia sovietica (e controllo egemonia tedesca) e convergenza sulle questioni del terzo mondo e dell'integrazione europea; ma piena autonomia a Est e a Sud (rifornimenti energetici ed espansionismo commerciale). La concessione italiana degli Euromissili a Comiso (in vista dell'appoggio USA al primo governo di sinistra), il sostegno a Camp David e all'intervento di Reagan a Beirut rientrano nell'ottica italiana di salvaguardare l'atlantismo e gli interessi internazionali, in vista del placet americano circa il compromesso storico. Il voto contrario su Grenada in seno all'ONU e le dure parole di Pertini sull'attacco USA in Libano non scalfirono questo rapporto italo-americano nel quadro atlantico. Anche se questi atteggiamenti di insubordinazione ai dettami americani furono mal interpretati.
Dall'opinione pubblica italiana (La Palombara 1984) che vi intravidero una svolta italiana nella concezione dell'atlantismo in Italia. La presidenza craxiana certamente influenzò le scelte divergenti (proposta di moratoria sugli euromissili in cambio della ripresa del negoziato sul gasdotto siberiano) e gli episodi di Sigonella, degli scontri della Sirte, del bombardamento di Tripoli e dei missili di Lampedusa incrinarono i rapporti, ma la politica mediterranea di collaborazione Italia-Usa sopravvisse. Alla politica andreottiana seguì il progetto di Gianni De Michelis, ovvero la sicurezza attraverso la cooperazione, come creare basi solide in funzione antitedesca nella regione balcanica (Esagonale), basi che, agli inizi degli anni 90, si sgretolarono dopo il riconoscimento dell'indipendenza slovena, dato il sostanziale atteggiamento pro-jugoslavia (e dunque pro-Serbia) dimostrato con il progetto balcanico.
L'IDENTITÀ EUROPEA DI
DIFESA.Formalmente l'Italia ha sempre sostenuto le proposte francesi si di una difesa comune europea, ma nelle versioni edulcorate presentate dalla Gran Bretagna. Questo perché l'UEO, nonostante i progetti iniziali si rivelò essere uno zombie, strutturalmente non capace di rispondere alle esigenze di sicurezza del periodo della contrapposizione tra blocchi. La riunificazione tedesca riportò in auge il discorso sulla necessità di una comune politica di sicurezza (ma non di difesa, come è stato riportato nel punto 3 della Dichiarazione di Londra su una Alleanza Atlantica trasformata), senza peraltro raggiungere obiettivi considerevoli; Durante il semestre di presidenza italiana alla Ce Andreotti propose a mo' di provocazione il passaggio del veto franco-britannico in seno al Cds dell'ONU ad un veto comune per l'Europa; proposta sostanzialmente ripresa, ma in chiave nazionale, da De Michelis prima e dalla Germania e dal Giappone dopo.
La proposta di Asolo (6 ottobre 1990, Conferenza intergovernativa Ce- De Michelis) : ricomprendere nel quadro della Politica estera e di sicurezza comune (Pesc) anche la difesa comune, prospettando un graduale assorbimento dell'UEO alla UPE (Unione politica europea) introducendo nell'Upe una clausola di mutua assistenza in caso di aggressione armata. L'opposizione statunitense edulcorò ogni progetto di difesa comune, giungendo al magro compromesso costituito da una politica di sicurezza comune volta al controllo degli armamenti e al disarmo (Dichiarazione finale del Consiglio Europeo di Roma (14-14 dicembre 1990). Nel febbraio 1991 De Michelis propose una versione aggiornata della proposta di Asolo (integrata con la posizione comune franco-tedesca: Mitterand-Kohl, relazione organica tra UEO e UPE), ma fu invece la Gran Bretagna a proporre la formula del doppio ruolo dell'UEO, al tempo stesso "pilastro europeo della nato e ponte tra la nato stessa e l'UPE".Sarà dunque la NATO a dettare i limiti della difesa europea, e venne ribadito (Comunicato finale vertice Atlantico di Copenaghen, 6-7 giugno 1991) che l'alleanza costituiva il foro essenziale nel quale discutere le politiche comuni di sicurezza e di difesa reciproca. In pratica si ribadiva il principio della subordinazione delle decisioni europee a quelle atlantiche. Sarà il vertice di Maastricht (Trattato e due dichiarazioni dei 9 membri della UEO febbraio 1992) a delineare le linee guida in materia di sicurezza e difesa comune: l'Europa rinunciava formalmente a gestire in prima persona una propria politica di difesa comune, escludendo (art. J3) il settore della difesa dalle decisioni vincolanti in materia di Pesc, delegando formalmente l'elaborazione nonché l'esecuzione all'UEO, riconoscendo (nelle due dichiarazioni) il duplice carattere di pilastro europeo della NATO (secondo i principi di complementarietà e trasparenza) e dicomponente di difesa dell'UE con il compito di compilare una politica di difesa comune europea. La dichiarazione di Petersberg (19 giugno 1992) costituirà un nuovo passo in avanti: sancendo in fatti il principio di interdipendenza tra Nato, Csce, Ce, Ue, UEO e Consiglio d'Europa; L'UEO accettava di trasformarsi nel braccio armato della Csce e del Cds dell'ONU, nelle materie di mantenimento e ristabilimento della pace. In seguito l'Italia non