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Alcuni organismi, privi di caratteristiche favorevoli, si estinguono. Poiché le creature aumentano in modo algebrico (2:4:8…) e le risorse
in modo aritmetico (1:2:3…), si crea disparità fra individui e risorse. Malthus (‘800) scrisse un saggio nel quale sostenne anch’egli questa
tesi, ritenendo che la popolazione fosse destinata a scomparire (paesi poveri). Il cugino di Darwin Francis Galton fondò la scienza
eugenica: propose di operare selettivamente i caratteri da trasmettere in luogo di quelli da cancellare (ripresa da Hitler). Si dà quindi
nuova importanza all’ambiente e nasce l’ecologismo (influsso dell’ambiente sull’uomo), ed Henkel è il fondatore di questa filosofia.
Ratzel = geografo positivista, riteneva che ogni studio sull’uomo dovesse partire dalla geografia fisica. Egli fu casualmente professore
di geografia, in quanto colse al volo la possibilità offerta dall’istituzionalizzazione della materia. Egli si occupava però d’altro, in quanto
realizzava reportage per il giornale Di colonia e viaggiava molto. Egli aveva una concezione unitaria e organica della Terra, in opposizione
alla prospettiva che al vedeva come un’entità distinta dall’uomo. Progressivamente andò poi legando l’uomo stesso a storia e politica,
fondando l’antropogeografia. Alla base della sua visione sta una concezione unitaria e organica della Terra, data anche dall’evolversi
delle scienze in questa fase. La Terra è un tutto inscindibile, organica perché le parti che la costituiscono sono vive e legate tra loro.
Ratzel sosteneva che le condizioni di vita riguardanti l’uomo riguardassero anche tutti gli altri viventi: questi legami definirono la sua
visione del mondo come naturalista. Il rapporto fra uomo e spazio assunse poi carattere storico e politico, analizzabile come una
qualsiasi scienza fisica e quindi con l’uso del metodo deduttivo. Ratzel affermava che non si poteva a tal proposito usare il metodo
sperimentale, ma era utile la comparazione per determinare leggi partendo dal confronti fra più fenomeni. Riteneva possibile
individuare delle costanti nell’azione dell’uomo nell’ambiente: può essere definito, quindi, un determinista illuminato. Sostenne poi
che il determinismo variasse sulla base dello sviluppo conseguito da ciascun popolo: sulla base dei suoi studi divise i popoli in naturali
e culturali. Il livello di civiltà differenzia quindi il rapporto che l’uomo intrattiene con l’ambiente, e quest’ultimo è vincolante per l’uomo
stesso, così che ogni ricerca su di lui non può che partire da un’analisi dell’ambiente fisico nel quale abita. Secondo Ratzel la civiltà è
legata alla sedentarizzazione di un popolo: nel momento in cui un popolo si ferma, diviene seminomade e inizia, poi, a coltivare i
prodotti di cui necessita. Pare così che l’agricoltura sia nata prima dell’allevamento, come premessa di stabilità e tranquillità per
procedere nell’addomesticamento. Questo permette anche una migliore organizzazione dello spazio e il passaggio dal seminomadismo
(caccia, pesca, raccolta) all’agricoltura e, infine, all’allevamento. Nasce così un’organizzazione concreta del gruppo umano, che si
traduce nella capacità di difendere il territorio. Ratzel porta poi un terzo elemento, utile a identificare un popolo, ossia il suo bagaglio
socio-culturale. Riepilogando, tali elementi risultano essere economici, politici e culturali. Si arriva perfino alla produzione di un surplus,
che permette al popolo di dedicarsi ad altre attività secondarie, tanto da cambiare l’assetto sociale con una differenziazione dei ruoli.
Si definiscono quindi le propensioni e le attitudini di ciascun uomo, e nascono rivalità e confronti con i popoli stabilitisi nelle vicinanze,
definiti positivi per lo sviluppo. La differenziazione fra i due tipi di popolo concepita da Ratzel si inserisce nel contesto della seconda
metà dell’800, caratterizzata da un forte espansionismo colonialista; egli sosteneva che la superficie terrestre non mutasse, mentre la
vita e le creature aumentavano. La fissità e la dinamicità rispettiva di questi due elementi creavano così forti scompensi. Per Ratzel
l’ecumene è lo spazio che ciascuna specie, animale o vegetale, occupa sulla Terra; dalla grandezza e dalla forza di questo spazio si
definisce la capacità di sopravvivenza di una specie. Già i Greci parlavano di ecumene, definendo così tutta la Terra abitata e abitabile,
dove con abitabile si intendevano tutti quegli spazi aventi caratteristiche climatiche e fisiche che permettessero la vita. Eratostene
definì la grandezze dell’ecumene noto i Greci; Hassinger, molto tempo dopo, individuò tre diversi tipi di spazio, mentre la geografia
tradizionale individua anche un’anecumene interna, come i deserti aridi, assolutamente inabitabili. Ratzel riteneva che lo spazio citale
potesse diventare insufficiente, e da qui sarebbe iniziata la lotta per lo spazio. Questa considerazione fu poi ripresa da Darwin e perfino
Hitler e il nazionalismo tedesco la reinterpretarono a proprio piacimento. Secondo il geografo l’espansione di un popolo avveniva
seguendo le direttrici del confine del territorio posseduto, andando quindi a scontrarsi con i popoli i cui confini combaciavano. Ratzel
non badò troppo al concetto di razza, definendo così solamente l’insieme dei caratteri esteriori posseduti da un popolo. Definisce
invece il popolo come un gruppo di umani i cui membri possono avere origini anche molto diverse tra loro, unite dal fatto di essersi
stanziate su uno stesso territorio e da fatti convergenti. Ogni popolo dà poi luogo a uno Stato, che si erge sullo stesso e lo coordina.
L’Antropogeografia fu la più importante opera di Ratzel, pubblicata in due volumi. Nel 1882 il primo, trattante gli aspetti dinamici della
terra e della vita; nel 1891 il secondo, incentrato su quelli statici. Nel primo si parla della mobilità dei popoli, analizzando fenomeni
come il seminomadismo e le sue forme. Si introduce quindi il concetto di diffusione – di piante, animali, tecniche – e il fenomeno di
diffusionismo. Il secondo volume si occupa degli aspetti cosiddetti statici: sono quelli naturalistici, quali la posizione geografica di un
luogo, la sua localizzazione rispetto agli altri territori, l’estensione. L’analisi del rapporto fra dimensione di un territorio e contingente
umano presente fa nascere la questione relativa allo spazio vitale. Ratzel analizza poi confini e frontiere, naturali e non, e mette in
relazione la superficie terrestre con le peculiarità del suolo; nota quindi il rapporto fra clima e altri elementi con il livello di popolamento
di un certo luogo. L’ambiente non è poi visto come del tutto determinante, bensì quale influenza. Il determinismo funzionò molto bene
in una prima fase, ma poi andò perdendo di efficacia. Tipi di adattamento = si riteneva che l’uomo si adattasse alle condizioni di vita
offerte dal proprio territorio, ma i Sardi sono l’esempio di come questo non sia sempre vero. Essi non furono mai, per esempio,
naviganti o pescatori, come la natura isolana del territorio potrebbe far pensare. Dall’idea precedente nacquero però i generi di vita,
ossia il tipo di adattamento di un certo popolo. In conclusione Ratzel si nutrì di scienze fisiche e naturali prendendole alla radice:
riteneva si dovesse indagare usando lo stesso metodo applicato alle scienze, sostituendo la fase della sperimentazione con la
comparazione. Proponendo la geografia come rapporto tra uomo e ambiente, ne salvò l’unitarietà e ne evitò la scissione in scienze
fisiche e umane. Analizzò quindi le idee proposte nella seconda metà dell’800 dalla borghesia imprenditoriale tedesca: la Germania, in
questa fase, era recentemente stata unificata e assoggettata dalle azioni dei grandi Paesi vicini. Una geografia ambientalista è presente
ancora oggi, e si rivelò da subito l’unica capace di offrire un metodo d’indagine valido e un soggetto di studio chiaro. Man mano che
gli aspetti geografici analizzabili si moltiplicavano, si fece sempre più difficile trovare un oggetto di studio unico. Ratzel morì nel 1904.
Si fanno sentire ai primi del ‘900 molte critiche al positivismo, e questi dissensi si coagulano a livello sociale, storico e intellettuale.
Livello storico-sociale: sfiducia nel progresso. Le conquiste fatte, passate per positive, hanno in realtà portato un benessere economico
nelle mani di pochi. Si ha quindi l’accentuazione dei contrasti e delle differenze fra ricchi e poveri, a livello cittadino e addirittura di
interi Paesi. Si contrappongono il mondo rurale e quello industriale, quest’ultimo sviluppatosi nell’ambito borghese. Livello intellettuale:
la concezione positivista viene vista come semplicista e inutile, e le certezze proposte vengono sistematicamente smentite. Gli
intellettuali mettono a fuoco problematiche ignorate dalla borghesia, come quelle relative alla terre coltivabili da ridistribuire alla
popolazione, e riflettono sull’esistenza di scopi, riflessioni, valori e sentimenti. L’uomo non è più un essere soltanto razionale, bensì se
ne riconosce l’azione emotiva. La conoscenza è sempre mediata, quindi si afferma l’impossibilità di una scienza non obiettiva. Gli
scienziati svalutano il monismo e propongo il dualismo: scienza umana e fisica sono ben distinte. Nuovo stimolo allo studio è l’intuizione.
Tali critiche si inseriscono in un nuovo contesto, ossia quello dello storicismo (o possibilismo). La geografia possibilista si basa sulla
distinzione fra storia (= conoscenza dei fatti umani nel loro dinamismo) e storiografia (= analisi dei significati dei fatti umani intesi come
conoscenza). La storia viene vista come passato, conservazione di conoscenze e tecniche o come la totalità di vita e azioni. Parlando di
storicismo si fa riferimento a una filosofia tedesca diffusasi in questo periodo: l’evento storico è unico e irripetibile, per l’evoluzione
unica che può avere e i parametri che lo caratterizzano (sfugge a ogni generalizzazione). Altra valenza assunta dal fatto storico è la
correlazione, non necessaria bensì possibilistica. Gli viene poi riconosciuto significato autonomo e capacità di avere conseguenze,
diversamente dal possibilismo romantico.
Due filosofi tedeschi contribuiscono più di tutti all’idea che la storia sia una scienza. Essi furono Dilthey e Windeband, attivi a cavallo
fra ‘800 e ‘900. Il primo riconosce l’esistenza di una realtà doppia, fisica e umana: la spiegazione causale del metodo induttivo non può
essere usata nel mondo umano, che verrebbe inteso come fisso e slegato da ogni fattore emotivo, e la realtà storica può essere
analizzata dall’interno, in quanto lo stes