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E)
Succube del restauro di una ventina di anni fa che ha
fortemente pulito la gamba del pellegrino, il quadro era destinato
a Ermete Cavalletti. Egli fa testamento il 12 luglio 1602; la cappella
viene comprata dagli eredi nell’anno successivo. In testamento
richiede un quadro in onore della Madonna di Loreto al quale
vuole dedicare la cappella, risalente al 1604-5 e certamente nel
1606 è sull’altare già da tempo. È possibile che durante il suo
soggiorno nelle Marche nel 1604 Caravaggio abbia soggiornato
anche a Loreto.
A detta di Longhi, Caravaggio nel quadro solleva il lecito
dubbio nei confronti della Madonna per cui non si sa se sia una
bella che sta diventando l’idolo degli ingenui pellegrini o un’antica
statua che si sta incarnando al calore dell’umile devozione dei due
pellegrini. Osservando il quadro si riscontra un annullamento della
distanza tra la Madonna e i pellegrini con una totale
umanizzazione del sacro: fece parecchio scalpore. Baglione la
descrive così: “Fece una Madonna di Loreto ritratta dal naturale
con due pellegrini: uno con i piedi fangosi, e l’altra con un cuffia sdrucita e sudicia. E per queste
leggerezze e riguardo delle partiche una grade pittura verte da popolana ne fu fatto estremo
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schiamazzo.” Agucchi invece ci informa che le cose al naturale piacciono poiché il popolo in esse di
riconosce. Il soggetto è del tutto sui generis perché Caravaggio si trova a violare la tradizione
iconografica della Madonna di Loreto, al di là della fisionomia estremamente ritrattistica e della
posizione delle gambe della Madonna quasi classica. È il quadro che folgora maggiormente
Serodine. Un documento del 4 settembre 1604 afferma che la
cappella comprata dai Cavalletti era prima dedicata alla
Maddalena; cambia intitolazione e deve essere dotata di
una pittura ad honorem della beatissima Maria di Loreto.
Ma nella cappella devono anche essere messe delle
immagini della Maddalena e di un santo dell’ordine
agostiniano. Infatti la pala risulta essere affiancata da due
opere del manierista Cristoforo Casolani (sulla sinistra la
Maddalena, sulla destra il santo agostiniano) e il dipinto
di Caravaggio non deve essere svincolato dal contesto
reale nel quale il quadro è inserito.
Nel dipinto di Caravaggio emerge senza dubbio il
richiamo della Madonna di Paitone e curiosamente
Longhi ci suggerisce anche una ipotetica influenza di una
stato raffigurante Irene di Cefisodoto, di cui abbiamo una
copia conservata nella Criptoteca di Monaco di Baviera.
Sorge il dubbio che forse sull’altare fosse collocato il compianto di
Michelangelo risalente al 1947 – 1501, in cui appare molto in evidenza la
figura della Maddalena, anche perché è noto che il quadro della cappella ex
Maddalena poi Cavalletti era un quadro che raffigurava un Compianto. Il 2
marzo 1606 questa antica immagina tolta dall’altare stava in sagrestia e
vorrebbero donarla al Cardinale Scipione Borghese: il dono non va in porto
perché lo ritroviamo in casa Farnese. Risulta difficile che il quadro fosse
stato presentato in questo modo non concluso.
Nella chiesa di S. Agostino si andava soprattutto per la statua di una Madonna con il
Bambino e S. Anna di Andreo Sansovino sovrastante l’affresco di Raffaello raffigurante Isaia: si
tratta della statua del Cinquecento di cui si hanno più poesie dal momento che qui si recavano
poeti e letterati di tutta Europa per poterla ammirare. 77
Iconografia della Madonna di Loreto.
L’iconografia prevede degli angeli in volo che portano la casa della Madonna da Nazareth a
Loreto. Qui sotto vengono riportati due esempi:
- Annibale Carracci, 1604 – 5, Chiesa di S. Onofrio al Gianicolo (sinistra).
- Saturnino Gatti, MET di New York (destra).
• Il quadro perduto o non realizzato per il Duca d’Este parallelamente ad altre traversie
e commissioni
A partire dal 19 febbraio 1605 Caravaggio è contattato dal duca di Modena Cesare d’Este per
dipingere un quadro per una sua cappellina, da mettere accanto a uno di Annibale Carracci: viene
in un qualche modo riproposta la soluzione vincente della Cappella Cerasi. La faccenda si trascina
per anni, senza esito. I quadri devono andare in una cappella intitolata alla Madonna. Non si sa
quale sia il soggetto né la collocazione.
Dai documenti emerge che Caravaggio vuole esser pagato tra i 50 e i 60 scudi, mentre
Annibale ne vuole 200; il quadro sembra esser finito nel gennaio 1606.
Il 2 marzo 1605 l’agente del Duca di Mantova dice: “Il Caravaggio avendo veduta la
misura dell’altro quadro gli è parsa troppo piccola per farvi tutta l’historia in modo che
stia bene e si renderà perciò difficile a mettervi le mani, dicendo che per far figure così
piccole ci seriano stati in Roma degl’altri c’avrebbero potuto servir meglio di lui,
ond’avrebbe voluto almeno che si crescesse alquanto se fosse possibile la larghezza, e
pure è rimasto che lo farà in ogni modo la meglio che saprà.”
Caravaggio è perplesso per le dimensioni: essendo di piccolo formato con soggetto di storia,
Caravaggio si impegna a farlo come meglio può sebbene non sia abituato a dipingere con figure
piccole, suggerendo pertanto nomi di artisti più abili di lui in questo.
A tal proposito l’agente del Duca di Modena dice: “Io son ito pensando che quando il
Carracci non possa fare il primo si potrebbero far fare entrambi al Caravaggio, tanto
più che nell’uno e nell’altro andranno le figure di S. Gioacchino e S. Anna, le quali
dovendo i quadri esser contigui dovranno ragionevolmente essere simili.“
Maggio 1605:Caravaggio è arrestato per porto d’armi abusivo
Luglio 1605: Caravaggio è di nuovo arrestato. Ferisce Mariano Pasqualone, notaio, con un
colpo di spada in piazza Navona, per via di una certa Lena, a cui era legato.
Fugge quindi a Genova, dove viene a conoscenza con la famiglia Doria. In particolare
Marcantonio Doria gli commissiona, per 6000 scudi, la decorazione dell’affresco della loggia del
Casino di Sampierdalena ma Caravaggio rifiuta (saranno, più avanti, Orazio Gentileschi e Caracciolo
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a realizzare questi affreschi), riuscendo comunque ad ottenere la Sant’Orsola. In questo momento
il prezzo dei quadri di Caravaggio sta aumentando tantissimo.
29 luglio 1605, deposizione di Pasqualone:
“Io non ho visto chi sia stato quello che mi ha ferito ma io non ho da fare con altri che
non con detto Michelangelo, perché queste sere passate avessimo parole sul Corso lui e
io per causa di una donna chiamata Lena che sta in piedi a piazza Navona passato il
palazzo overo il portone dal palazzo del signor Sertorio Teofilo, che è donna di
Michelangelo.”
A) 25 giugno 1605, raro documento autografo di Caravaggio, scritto di suo pugno.
“Io Michelangelo Merisi da Caravaggio mi obbligo di dipingere all’Illustrissimo Signor
Massimo Massimi per esserne prima stato pagato un quadro di valore e grandezza
come quello ch’io gli feci della Incoronazione di Cristo per il per primo Agosto 1605.”
In sostanza Caravaggio si impegna a fare un quadro delle dimensioni di un quadro che gli ha
già fatto: il documento rivela un’Incoronazione di Cristo, probabilmente quella della Banca di
Prato, visto in precedenza.
Il quadro che si impegna a fare è della medesima grandezza dell’Incoronazione in questione
e si ipotizza, seppur debolmente, che il quadro Massimi sia l’Ecce homo, conservato a Palazzo
Bianco a Genova, scoperto in maniera rocambolesca nella Seconda metà degli Anni Cinquanta del
Novecento: un quadro da stanza di piccolo formato. Gli antichi biografi raccontano di una gara
indetta da Massimi tra Caravaggio, Cigoli e Passignano per la realizzazione di un Ecce homo con la
vittoria di Cigoli (quadro di sinistra sotto riportato): oggi i documenti ritrovati rivelano che il
quadro di Cigoli risalga al 1607, pertanto la gara è un’invenzione.
24 agosto 1605. Fabio Masetti, ambasciatore del duca di Modena a Roma, a Giovanni
Battista Laderchi, segretario di Cesare d’Este: “Avendo inteso che il Caravaggio è
comparso a Roma per la speranza della pace, son ricorso all’Illustrissimo Cardinal
Delmonte, che faccia comandargli l’ispeditione del quadro di Sua Altezza, che me l’ha
con molta prontezza promesso, ancorchè si assicura di lui dicendo che ha un cervello
stravagantissimo. E che pur era stato ricercato dal principe Doria a sipingergli una
loggia, che voleva dargli seimila scudi e non ha voluto accettare il partito, se bene
avesse quasi promesso, onde a me era venuto in pensier di farlo tastare, se in questa
congiuntura di contumaccia si fosse contentato di trasferirsi costà, ove avrebbe potuto
dar contributo a Sua Altezza ogni ma scoprendo tanta instabilità non ha fatto altro.
Si fa nuovamente ricordo al Cardinal Delmonte per far accettare all’artista l’esecuzione
per il Duca d’Este, ma scoprendo poi che Caravaggio è una testa matta ci rinuncia.
1605 agosto: ritorno a Roma. Pace con il Pasqualone. 79
1 settembre: i beni di Caravaggio sono sequestrati per una bega con la sua padrona di casa,
alla quale non aveva pagato l’affitto per alcuni mesi. La casa studio di Caravaggio sta in vicolo San
Biagio presso Campo Marzio, vive lì con un garzone di nome Francesco, forse Francesco Boneri
visto nell’Amore vincitore e nel Sacrificio di Isacco. Ma toltagli la casa ora vive senza fissa dimora. E
colpisce a sassate le finestre sella sua ex padrona di casa, casa che per altro probabilmente
avrebbe un problema al soffitto: la padrona di casa lo accusa di averlo bucato, espediente che
Caravaggio avrebbe usato per avere la luce dall’alto nei suoi quadri.
Viene pertanto fatto un inventario delle sue cose in questa casa, risalente al 2 agosto 1605:
arredi e suppellettili, due spade e due pugnali de marra, una cassa con dodici libri (pochissimi,
Daniele Crespi del primo Seicento lombardo ne aveva addirittura trecento), una chitarra, un
violino, due quadri grandi da dipingere e altri tre grandi, uno scudo a specchio, uno specchio
grande.
24 ottobre 1605. Caravaggio è stato ferito e si trova degente in casa del giureconsulto
Andrea Ruffetti, nelle vicinanze di piazza Colonna. Il pittore, interrogato, afferma di essersi ferito
da solo alla gola e all’orecchio, cadendo in strada sulla propria spada: in ogni caso era veramente
ferito, di certo qualcosa non quadra dal momento che le ferite riportate è difficile che se le sia
procurate da solo.
B) Madonna del Palafranieri. Nonostante tutte queste
traversie e degenze il 31 ottobre 1605 l’Arciconfraternita di S.
Anna dei Palafrenieri in San Pietro decide di sostituire la
vecchia pala di Sant’Anna (poi collocata nella Sagres