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Una delle figure più importanti di questo periodo è quella di Guido Reni.
Guido Reni nasce a Bologna nel 1575 e muore nel 1642. Figlio di padre musicista, per 9 anni fa parte
della bottega di Denis Calvaert e poi entra nell’Accademia dei Carracci.
Nel 1602 si reca a Roma, dove trova la protezione di Paolo V e Scipione Borghese.
di rettore dell’Accademia di San Lucia, nel 1614 torna stabilente a
Dopo aver ricoperto il ruolo
Bologna. Nel 1619 decora la Cappella di San Gennaro a Napoli e nel 1640 invia un “Ratto di Europa”
al re di Polonia. Muore nel 1642.
Una delle sue opere più importanti è la “Strage databile 1611-12,
degli Innocenti”, che rappresenta
l’episodio drammatico della strage dei bambini, appunto gli innocenti. La drammaticità dell’evento è
stemperata da una composizione geometrica equilibrata e dal controllo cromatico e formale che rende
l’opera esteticamente gradevole.
Nel periodo romano realizza una serie di pale d’altare in cui si può notare la sua personale ricezione
dell’arte di Caravaggio, motivo per cui non si può parlare di adesione ma di tangenza.
“Crocifissione” e “Pala
Esempi: dei mendicanti”.
La “Pala è strutturata su con l’aggiunta di un modello della città ai piedi,
dei mendicanti” più livelli
come una sorta di pala votiva.
Per il cardinale Scipione Borghese, Reni realizza una serie di affreschi all’interno del Casino
dell’Aurora nel Palazzo Rospigliosi: utilizza la tecnica del quadro riportato e nella volta, al centro,
entro una cornice di stucco bianco, inserisce il carro di Apollo trainato da una coppia di cavalli,
accompagnato dalla danza delle Ore e preceduto dall’Aurora.
quest’opera, l’artista dichiara chiaramente i suoi modelli in Raffaello e Annibale Carracci.
In
Le composizioni di Guido Reni sono sempre misurate e studiate in modo equilibrato dal punto di
vista compositivo. Alcune pose sono molto elaborate, plastiche, ma prevale sempre il controllo
classicista della forma e del colore.
Egli dichiara più volte di essere alla ricerca di una bellezza ideale che sulla Terra è impossibile trovare
concentrata in un’unica donna o in un solo uomo, motivo per cui viene mitizzata.
Collaboratore di Annibale Carracci fu il Domenichino, che eredita dal Carracci la tecnica
dell’affresco e il processo di idealizzazione classicista. Egli predilige il disegno al colore e nel 1607-
15 progetta un trattato sull’ideale classico.
la “Caccia di Diana” per il cardinale Pietro Aldobrandini.
Nel 1617 realizza
Altro collaboratore di Carracci fu Giovanni Lanfranco.
Lanfranco inizia dal 1612 il suo periodo di intensa attività e diventa pittore prediletto del Pontificato
di Paolo V.
Nella Chiesa di Sant’Andrea della Valle, Lanfranco decora la cupola: egli si riallaccia con molta
evidenza alla tradizione corraggesca, riprendendo composizioni libere e strutturandole secondo una
corona di nuvole accompagnate da figure di santi e angeli immersi nella luce. Da queste composizioni
emerge una dimensione infinita.
4. Roma.
Il Guercino nasce nel 1591 e muore nel 1666.
Nativo di Cento, cittadina vicino a Modena, giunge a Roma quando viene eletto Papa Gregorio XV
Ludovisi, bolognese. A Roma lavora per committenze importanti.
Per San Pietro realizza il “Seppellimento composizione estremamente
di Santa Petronilla”:
misurata caratterizzata da un caldo cromatismo e dal forte uso del chiaroscuro.
il 1621 e il 1623, realizza l’affresco “Carro
Per la committenza del cardinale Ludovico Ludovisi, tra
il carro di Aurora attraversa il cielo inserito in una volta su cui Agostino Tassi dipinse
di Aurora”:
una quadratura prospettica. Il caldo cromatismo viene stemperato.
La pittura ci proietta già nel barocco, perché in effetti la scena del Guercino fuoriesce dai limiti della
quadratura.
In questi stessi anni si sviluppano tendenze al classicismo e si possono individuare grandi interpreti.
che tra il 1629 e il 1631 dipinge l’”Allegoria nel
Tra questi Andrea Sacchi, della Divina Sapienza”
Palazzo Barberini. In quest’opera rinuncia a un qualsiasi illusionismo spaziale per abbracciare
principi di sobrietà, raffinatezza cromatica e grande luminosità.
A partire dal quarto decennio del ‘600, la pittura di paesaggio si afferma come genere autonomo, in
cui si specializzarono tanti pittori francesi e fiamminghi.
Tra questi Gaspard Dughet e Claude Gallèe, che rappresentano scene sacre, episodi biblici o
evangelici in contesti paesaggistici in cui diventa protagonista la campagna romana con le sue rovine.
Personalità a parte è invece quella di Salvator Rosa, di origini napoletane ma attivo sia a Firenze che
a Roma. Dipinge soggetti filosofici e stregonerie, ma si dedica anche alla pittura di paesaggio.
5. Gli interpreti del Barocco.
Il primo esponente del Barocco fu Gian Lorenzo Bernini.
Bernini nasce a Napoli nel 1598 da padre fiorentino e madre napoletana. Tra il 1605 e il 1606, si
trasferisce a Roma e in breve tempo si afferma come primo scultore, attirando l’attenzione di Papa
Paolo V.
Nel 1623 viene eletto Papa Urbano VIII e l’anno successivo il Bernini inizia i lavori del baldacchino
di San Pietro, dedicato alla famiglia Barberini, famiglia di appartenenza del pontefice.
Bernini muore a Roma nel 1680.
Una delle sue prime opere giovanili, per la quale dobbiamo presupporre una collaborazione con il
padre Pietro e una formazione manieristica, rappresenta Giove, il fauno e la capra Amaltea.
suo intervento sull’”Ares
Egli si occupa anche di restauro delle statue classiche: famoso il Ludovisi”,
in cui sostituì piede e mano e ricostruì la testa del puttino.
Nella realizzazione delle statue, Bernini non voleva i suoi soggetti in pose statiche e non idealizzava
i caratteri fisionomici, ma era teso a rappresentare la personalità. Egli osservava i suoi modelli
svolgere le attività quotidiane e faceva degli schizzi, poi realizzava un modello in argilla e in seguito
attaccava direttamente il blocco marmoreo conferendogli mobilità.
Celebre è il ciclo di statue per la Galleria Borghese:
Enea, Anchise e Ascanio: il gruppo scultoreo rappresenta la famiglia di Enea in fuga da Troia
ed è sviluppato verticalmente, ancora secondo una concezione tardo rinascimentale
manieristica, ma è dotato di una grande complessità compositiva che ricerca il senso del
movimento.
Ratto di Proserpina, che invece rappresenta il rapimento di Proserpina.
Evidente è il modo in cui il Bernini riesce a rappresentare la tenerezza delle carni della donna
che cedono alla forte stretta del dio Ade.
Il gruppo può essere ammirato da tutti i punti di vista ma, per la concezione pittorica che egli
aveva, presuppone un punto privilegiato. Caratteristiche principali sono il patetismo e
l’idealizzazione della forma.
Apollo e Dafne: la ninfa fugge dalle braccia del dio, preso da una forte passione e colto nella
sua trasformazione in alloro. Le mani si trasformano in fronte, i piedi diventano radici e il
corpo viene avvolto dalla corteccia mentre la fanciulla è intenta nella fuga. Alla base abbiamo
anche in questo caso un epigramma di Maffeo Barberini, che lascia intendere una lettura del
mito in chiave cristiana e quindi moralizzata.
Il Bernini riesce a conferire un grande senso di leggerezza alla corsa e quindi il senso del
movimento tipico del barocco.
che rappresenta l’eroe biblico nel momento culminante dell’azione, cioè nell’atto di
David,
sferrare il colpo finale contro Golia.
Nelle versioni dei suoi predecessori, il David era solitamente rappresentato nel momento
immediatamente successivo, oppure nel caso di Michelangelo nel momento precedente.
La postura del David di Bernini presuppone la presenza di Golia di fronte a lui, quindi
l’inesistente Golia è il punto focale.
L’impresa più emblematica di Bernini è il baldacchino di San Pietro, un baldacchino bronzeo che
fa riferimento agli antichi baldacchini architettonici, ma combina in sé architettura, pittura e scultura.
Il baldacchino è retto da colonne tortili che richiamano le cosiddette colonne salmoniche del tempio
di Salomone di Gerusalemme, custodite nella Basilica Vaticana. L’avvitamento delle colonne verso
l’alto è simbolico e conduce lo sguardo dello spettatore in alto. Le colonne sono arrichite da una fitta
decorazione vegetale per cui Bernini si era servito di un argentiere romano e del bronzo del Pantheon.
L’arredo interno di San Pietro viene completato con 4 statue rappresentanti la Veronica, Sant’Elena,
Sant’Andrea e San Longino, che dovevano essere inserite all’interno di grandi nicchie
realizzate all’interno di
architettoniche pilastri paramanteschi e che si collegavano alle relative
reliquie collocate al di sopra delle statue.
l’unica realizzata da Bernini personalmente, è rappresentato nel momento della sua
San Longino,
conversione ai piedi della croce di Cristo quando, dopo aver trafitto il costato di Gesù esclama
“veramente costui era figlio di Dio!”. Longino, con grande impatto teatrale, spalanca le braccia ed
esprime così il suo coinvolgimento emotivo.
All’interno della basilica il Papa gli commissiona anche il suo monumento funebre.
L’opera ha quindi insieme funzione di sarcofago e intenti commemorativi. nell’atto
Il papa è rappresentato in posa magniloquente seduto su una composizione di tipo piramidale
di benedire ed è evidente l’attenzione di Bernini nei confronti del cromatismo. Spicca infatti il
contrasto tra il bronzo, le dorature, i marmi candidi riservati alle statue allegoriche della carità e della
giustizia. Bernini inserisce poi l’elemento innovativo della morte che scrive il nome del defunto.
Urbano VIII commissiona a Bernini anche la realizzazione di una serie di fontane, quindi interventi
di arredo urbano, collocate in luoghi di grande impatto scenografico.
La barcaccia, collocata in Piazza di Spagna, posta in un livello inferiore rispetto al piano di
calpestio della strada. Spicca l’emblema dei Barberini sui limiti della grande barca.
Fontana del tritone e Fontana delle Api, collocate in Piazza Baberini. Entrambe utilizzavano
l’acqua della “Mostra delle acque felice” condotta fino al Palazzo delle Quattro Fontane da
Urbano VIII.
Bernini si dedica in questi anni alla ritrattistica con il busto di Costanza Bonarelli.
Il busto rappresenta il ritratto della propria amata, rappresentata non in posa, con i cappelli spettinati,
sbottonata e la bocca leggermente dischiusa, forse colta nell’atto di parlare con qualcuno.
la camicia
Dopo la fine della loro relazioni, Bernin