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TEORIA DI CAMPO
La struttura e la configurazione degli eventi locali del campo è determinata dalla struttura
complessiva del campo. Il concetto di campo è un’idea che i gestaltisti traggono dalla fisica
dei campi, un modello fisico. L’introduzione del concetto di campo segna una svolta
nell’ambito delle scienze fisiche.
Il superamento dell’idea newtoniana di un’azione pura a distanza in uno spazio vuoto inerte,
porta alla nascita dell’idea che lo spazio non sia qualcosa di inerte che semplicemente
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trasmette una forza, ma uno spazio gravido di energia (=l’energia si distribuisce nello spazio,
che viene così ad essere un luogo perturbato).
Questa idea di campo ha consentito un superamento dei modelli meccanicistici della fisica
classica secondo cui la trasmissione del movimento era condizionata dall’idea di un contatto
tra i vari corpi.
All’interno di un campo, le forme di organizzazione sono determinate dalle condizioni interne
al campo stesso: il campo si autoregola in funzione di come le forze si auto distribuiscono
nello spazio circostante. Qualcosa di analogo accade a livello percettivo, dove non ci sono
forze esterne che regolano gli elementi in un certo modo, ma gli elementi semplicemente si
auto distribuiscono formando così i percetti come li vediamo noi. Nel campo percettivo ci sono
delle vere e proprie leggi che regolano l’organizzazione, chiamate leggi della forma:
•legge della somiglianza= gli elementi di un gruppo che si “somigliano” (per forma, colore o
altro parametro) vengono percepiti come insieme unitario
•legge della vicinanza= gli elementi che sono vicini nello spazio vengono percepiti come
insieme unitario, ossia vengono raggruppati
•legge di chiusura= le linee che formano delle figure chiuse tendono ad essere viste come
unità formali.
La nostra mente è predisposta a fornire le informazioni mancanti per chiudere una figura,
pertanto i margini chiusi o che tendono ad unirsi si impongono come unità figurale su quelli
aperti
•legge della continuità della direzione= una serie di elementi posti uno di seguito all’altro,
vengono uniti in forme in base alla loro continuità di direzione.
Queste leggi possono lavorare insieme oppure indebolirsi reciprocamente. In quest’ultimo
caso nessuna riesce a prevalere in modo deciso sulle altre leggi entra in gioco l’esperienza
passata.
Tutte queste leggi possono essere considerate espressioni di una legge più generale chiamata
legge di pregnanza, secondo cui il campo percettivo tende alla formazione della struttura
migliore, della struttura più significativa, più pregnante. Questa tendenza alla pregnanza
regola i rapporti che si instaurano in una configurazione globale tra l’intero e le sue parti.
30 ott. 2018
L’introduzione di questo modello di campo è per i Gestaltisti indisgiungibile da una specifica
interpretazione riguardante modalità di funzionamento del nostro sistema nervoso centrale:
una volta che i gestaltisti hanno ricondotto la vita psichica a una serie di campi
gestalticamente definiti, rimane da stabilire quale rapporto intercorre tra i fatti psichici
regolati da dinamiche di campo e i loro correlati neurofisiologici a livello del sistema nervoso
centrale. Mentre la psicologia tradizionale era restia dall’affrontare questo problema, i
gestaltisti lo pongono al centro della loro attenzione, proponendo una nuova interpretazione
del tradizionale problema mente-corpo. La risposta a questo quesito è quella che viene
chiamata la tesi dell’isomorfismo psicofisico, che era già stata introdotta da Wertheimer
nel suo articolo sul movimento apparente. Nella sua ricerca sul movimento apparente,
Wertheimer aveva avanzato l’ipotesi che il sistema nervoso fosse globalmente strutturato:
aveva parlato di funzioni trasversali, di cortocircuiti fisiologici che innescano processi globali
nel nostro sistema nervoso centrale attraverso la distribuzione dell’energia nervosa in aree
ampie del nostro cervello. Wertheimer aveva quindi già allora avanzato l’idea che il concetto
di campo potesse essere utilizzato sia per rendere conto dei fenomeni percettivi, sia per
spiegare i processi che si sviluppano a livello fisiologico nel nostro sistema nervoso. A una
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Gestalt percettiva corrisponderebbe quindi a livello fisiologico una Gestalt fisiologica, ovvero
un pattern di attivazione all’interno del nostro SNC per cui quell’ordine a livello percettivo ha
un suo corrispettivo nei processi di strutturazione fisiologica dell’energia nervosa all’interno
del SNC. È questa la tesi di fondo dell’isomorfismo (isos= uguale, morfè= forma/struttura e
quindi Gestalt). Detto in altri termini, come nel mondo percettivo esistono qualità gestaltiche
tipiche delle strutture organizzate, queste strutture percettivamente presenti hanno un
corrispettivo a livello corticale. I modelli meccanicisti tipici della vecchia fisica non sono quindi
adeguati a descrivere il comportamento del nostro sistema nervoso, che va invece
interpretato in termini di dinamiche di campo. Questa tesi di Köhler fu il punto di partenza di
un disegno più ampio, tendente a dimostrare che anche discipline come la biologia, la
fisiologia, che rappresentano l’anello di congiunzione tra le scienze naturali del mondo
inanimato e quelle del mondo della vita, fossero interpretabili in termini di Gestalt, di
fenomeni di campo. Questo concetto di Gestalt nato nell’analisi del mondo della percezione,
viene quindi inteso da Köhler come chiave interpretativa della realtà del mondo naturale nel
suo complesso. Köhler si propone di dimostrare che questi campi dei più disparati settori del
mondo naturale esibiscono quelle due caratteristiche fondamentali che a partire da Christian
von Ehrenfels erano considerate costitutive di una Gestalt: la non sommatività e la
trasponibilità. Questi due caratteri sono esibiti secondo Köhler anche da molti fenomeni della
vita inanimata anche il mondo fisico/fisiologico condivide con il mondo mentale/psicologico
questi due caratteri costitutivi di una Gestalt.
Köhler cerca anche di superare l’idea di una distinzione netta tra un SNC e un SNP,
sostenendo che in realtà il sistema nervoso è unitario: è sufficiente infatti che un insieme di
stimoli attivino i nostri recettori periferici perché quell’impulso si trametta all’intero sistema
nervoso determinando la sua organizzazione secondo un modello di campo. C’è poi una
visione alternativa che non ritiene che il SNC abbia un elaboratore unico centrale, ma che sia
composto da migliaia di neuroni che instaurano tra loro connessioni sinaptiche sistema
estremamente complesso che non lavora in successione, a step, ma a parallelismo massivo
(=in modo distribuito). L’idea che il nostro cervello lavori in modo distribuito non è stata
confermata dagli sviluppi delle neuroscienze, le quali hanno messo in evidenza come nel
nostro cervello esistano centri molto specializzati nell’elaborazione dell’impulso nervoso.
L’idea dell’isomorfismo è stata spesso soggetta a critiche, in quanto vista come un approccio
materialistico allo studio del mentale, un approccio riduzionistico che tende a ridurre il
mentale alla sua pura dimensione fisiologica. In realtà tuttavia i gestaltisti consideravano
l’isomorfismo una semplice ipotesi di ricerca, non un principio acquisito, verificato e certo.
Il modello di campo è stato via via esteso e applicato a tutta un’altra serie di fenomeni e
funzioni psicologiche come il pensiero, il ragionamento, la memoria, ecc. fino ad essere
utilizzato anche per interpretare le interazioni tra l’individuo e il suo ambiente fisico e sociale.
In particolare, sono stati studi sul pensiero ad accompagnare il percorso storico della
psicologia della Gestalt. Nel 1912 infatti, Wertheimer pubblica un lavoro sul concetto di
numero nei popoli primitivi; nell’affrontare questo problema parte innanzitutto da una
considerazione fenomenologica, secondo cui non ha senso chiedersi quali operazioni della
nostra matematica occidentali possiedano popoli appartenenti a culture diverse, ma
dovremmo perlopiù chiederci quali sono gli schemi di pensiero a cui le persone che
appartengono a una cultura diversa dalla nostra si servono quando affrontano questioni di
tipo numerico. Wertheimer trova che popoli di altre culture si dispongono nei confronti delle
operazioni numeriche in modo molto diverso da come noi affrontiamo questi problemi. Per
chiarire il suo punto di vista fa una serie di esempi facendo riferimento a popoli indiani ai quali
ad esempio se chiedi quanto fa 1 persona + 1 persona rispondono 2 persone, se chiedi
quanto fa 1 cavallo + 1 cavallo rispondono 2 cavalli, ma se chiedi quanto fa 1 persona + 1
cavallo rispondono un cavaliere i membri di queste culture vedono i numeri come delle
strutture accessibili che esprimono gli aspetti quantitativi delle cose, trattandoli però quasi
come aspetti di tipo qualitativo. 36
Al problema dell’apprendimento, in particolare di quello animale, furono dedicate alcune
fondamentali ricerche svolte da Köhler sulla capacità degli scimpanzé di risolvere elementari
“L’intelligenza delle scimmie antropoidi”.
problemi, raccolte nell’opera dal titolo In queste sue
ricerche, Köhler prende distanza dagli schemi interpretativi dominanti del tempo in fatto di
apprendimento animale, in particolare da quelle ricerche che erano state svolte in America da
Thorndike su alcuni mammiferi (in particolare gatti). Quest’ultimo mise a punto alcuni
strumenti di ricerca come le puzzle box, il labirinto a T (=labirinto in cui vi sono una serie di
corridoi alla fine dei quali c’è sempre un’alternativa di scelta: l’animale può andare a dx o a
sx), ecc. per quanto riguarda la puzzle box, si tratta di una gabbia con una porta azionata da
un saliscendi che poteva essere messo in moto da una leva o un pulsante posto all’interno
della gabbia. Al di fuori di essa vi era del cibo, perciò l’animale era fortemente motivato a
cercare un modo per uscire dalla gabbia. Ciò che Thorndike misurava era il tempo necessario
all’animale per premere la leva e uscire dalla gabbia. La prova veniva ripetuta fatta ripetere
più volte all’animale e notò che il tempo diminuiva sempre di più in maniera lenta e graduale:
ciò lo indusse a ritenere che l’animale imparasse secondo uno schema di prove ed errori, per
cui quegli schemi di comportamento che portavano ad un esito soddisfacente venivano
rinforzati, venivano impressi nel sistema nervoso dell’animale, mentre i comportamenti che
non portavano alle soluzioni venivano disimpressi dalla mente e dal cervello dell&rs