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La teoria dei disturbi mentali di Janet
Janet aveva proposto una teoria dei disturbi mentali che superava l'impostazione organicistica classica, distinguendosi però dall'emergente impostazione psicoanalitica, trovandosi così tra due fuochi. Alla fortuna dell'opera di Janet non giovarono né l'isolamento intellettuale voluto da lui stesso, né in parte la farraginosità dei suoi volumi.
Egli cercò di delineare una teoria generale dei processi mentali, normali e patologici, basata sulle ricerche sia della psicologia sperimentale che della psicopatologia (tentativo non perseguito dalla psicoanalisi freudiana). Questa problematica fu comune a molti psicologi dell'epoca, come Vygotskij.
Quindi, l'opera di Janet va considerata nell'ambito del contesto più ampio della psicologia dei primi decenni del Novecento e non va appiattita nello sterile confronto con le teorie di Freud.
Janet, in una prima fase della sua indagine (fase...
Dell'analisi studiava i vari sintomi che insorgevano a causa di "idee fisse subconsce", a loro volta prodotte da eventi traumatici. Successivamente (fase della "sintesi"), Janet studiava la dinamica e lo sviluppo della malattia. Il momento dell'analisi metteva in evidenza la presenza di una scissione, cioè la mancanza di sintesi, tra le funzioni psichiche nel paziente.
L'ipnosi permetteva sia di individuare le idee fisse, sia di risolverle. Janet denominò "analisi psicologica" questo insieme di procedure di indagine e di interventi terapeutici e sostenne che da essa Freud aveva derivato la sua "psicoanalisi". Janet arrivò ad una teoria generale dell'isteria e della nevrosi. Per Freud, la teoria di Janet riduceva l'isteria ad una debolezza costituzionale che sfaldava la sintesi tra le funzioni psichiche, mentre per la psicoanalisi era lo scontro intrapsichico la fonte della
malattia. In sostanza Janet avrebbe descritto la psiche come un mosaico (sintesi) composto di tanti pezzetti tra di loro scindibili (analisi), ma non avrebbe efficacemente indicato le cause e i processi dell'azione e della dissociazione. Successivamente (1930-1932) elaborò ulteriormente l'aspetto dinamico della propria teoria, approfondendo i concetti di "forza psicologica" e "tensione psicologica". Si tratta di due concetti ortogonali: poiché la forza indica la quantità di energia psichica impiegata nelle attività psicologiche e la tensione il livello di complessità di tali attività, si hanno tutte le possibili combinazioni. Anche se la concezione energetica dell'attività psichica fu alla base della teoria sulla condotta, gli aspetti energetici divennero sempre più secondari rispetto a quelli sociogenetici. Il termine "condotta" aveva per Janet un significato più ampio di quello
comunicazione che permettono agli individui di interagire e di condividere esperienze. Janet sosteneva che la condotta umana non può essere compresa senza considerare il contesto sociale in cui si sviluppa. Inoltre, Janet attribuiva grande importanza all'individuo e alla sua esperienza soggettiva. Secondo lui, la comprensione della condotta umana richiede di prendere in considerazione la prospettiva dell'individuo e di considerare le sue emozioni, i suoi desideri e le sue motivazioni. La condotta umana non può essere ridotta a semplici leggi o principi generali, ma deve essere compresa nella sua specificità e unicità. In conclusione, la psicologia della condotta di Janet si basa sull'idea che la condotta umana sia il risultato di una complessa interazione tra tendenze innate e influenze sociali. La comprensione della condotta umana richiede di considerare sia gli aspetti individuali che quelli sociali, e di prendere in considerazione la prospettiva soggettiva dell'individuo.La mediazione tra un individuo e gli altri è di tipo culturale o sociale, rappresentata da un insieme di informazioni e azioni rilevanti in un dato contesto socio-culturale. Anche il linguaggio si sviluppa nella comunicazione tra individui, e successivamente diviene uno strumento alla base del pensiero interiore. Janet affermava che le funzioni psichiche avevano una origine sociale (teoria sociogenetica) sia in una dimensione storica, sia in una dimensione ontogenetica, lungo lo sviluppo psichico del bambino. Si trattava di uno sviluppo storico-sociale che aveva consentito l'emergere di condotte complesse. Questa teoria sociogenetica fu ripresa da altri psicologi, in primo luogo da Vygotskij, ma si ritrova anche in autori contemporanei, come Mead.
4. La psicoanalisi da Freud agli anni '50.
Introduzione
Alla fine del secolo ha origine con Freud la psicoanalisi. Questa teoria costituì nel Novecento una nuova visione della società e della cultura in genere.
Per le sue caratteristiche di concezione globale dell'uomo, rimase distaccata dalle altre grandi scuole di psicologia. Il pensiero freudiano si formò nell'ambiente della "grande Vienna", la capitale dell'Impero austro-ungarico alle soglie della sua decadenza. La crisi di una cultura e la ricerca di nuove forme espressive furono all'origine di una serie di movimenti intellettuali di avanguardia nella letteratura, nella pittura, nell'architettura e nella musica. Soprattutto nella letteratura si manifestò l'interesse per il mondo psichico e le nuove dimensioni dell'inconscio.
Freud riuscì a cogliere in modo originale i fermenti di questa cultura del dubbio, del "sospetto" e della crisi, e propose una psicologia che rispecchiava una nuova concezione della vita psichica, dove i confini tra il normale e il patologico non erano più definibili.
La teoria di Freud.
Freud ebbe una conoscenza diretta e precisa
Dei principi teorici e dei metodi propri della scienza biologico-medica contemporanea. Nel libro "L'interpretazione delle afasie" sottopose ad una serrata disamina critica le ricerche contemporanee sull'afasia, introducendo una concezione dinamica dei processi cerebrali. Ancora nel 1895 è presente l'impostazione concettuale nel cercare di fornire un modello neuronale dei processi psichici.
Dedicatosi dal 1886 alla professione privata come specialista in malattie nervose, Freud aveva subito affrontato casi patologici in cui l'organico e lo psichico risultavano l'uno la continuazione dell'altro. Nel periodo trascorso presso Charcot a Parigi (1885-86) aveva avuto modo di osservare numerosi pazienti affetti da isteria e soprattutto di assimilare la nozione di una causalità psichica nel processo psicopatologico. Un caso di isteria era già stato descritto a Freud da Josef Breuer: il famoso caso Anna O. Breuer aveva scoperto che la
malata poteva essere liberata dai propriturbamenti della sua coscienza se e quando veniva indotta a dare espressione verbale alle fantasieaffettive che in quel momento la dominavano. Breuer trasse da questa scoperta un metodo terapeutico. La tecnica ipnotica era servita a Breuer per far riemergere dalla memoria le "situazioni" traumatiche che erano la causa lontana dei sintomi isterici e farle rivivere durante la seduta. Freud si distacco' da Breuer sia nella spiegazione della fenomenologia isterica sia nella tecnica terapeutica. La causa psicopatogena non fu piu' considerata un nucleo passivo, ma si trattava di un processo dinamico per il quale il paziente "intenzionalmente rimuoveva dal suo pensiero cosciente quelle cose che voleva dimenticare". La stessa tecnica ipnotica, basata sull'idea di suggestione secondo la scuola di Nancy, non permetteva di ovviare alle resistenze del paziente a non ricordare. Freud abbandono' l'ipnosi e ilmetodo catartico e adottò il metodo delle associazioni libere. Alla fine degli "Studi sull'isteria" sostenne che la lontana causa psicologica del disturbo isterico era dovuta a traumi sessuali di varia natura verificatisi nell'infanzia del paziente, e principalmente a tentativi di seduzione sessuale da parte di un adulto (successivamente negò che il fatto concreto fosse realmente accaduto). Su questo punto nodale dell'evoluzione del pensiero di Freud, sull'esistenza di una "realtà" di un trauma sessuale effettivamente avvenuto e rimasto inconscio, si è riacceso recentemente il dibattito. Si pensi che per tutto il futuro percorso della psicoanalisi è stato basilare il passaggio di Freud verso la concezione di una "realtà psichica", un complesso di fantasie, ricordi, ricostruzioni, che non corrisponde necessariamente a una "realtà effettiva". Quello che viene ricordato dallapsiche non sono i fatti in sé, ma i fatti in quanto sono stati ricordati o ricostruiti, ma che possono anche non essere accaduti.
Freud compì una profonda trasformazione del suo pensiero attraverso una sistematica autoanalisi basata, in particolare dopo il 1897, sull'interpretazione dei propri sogni. In questo processo di autoanalisi fu centrale la scoperta del complesso di Edipo, ovvero l'esistenza di una complessa rete di sentimenti d'odio per il genitore dello stesso sesso e di amore nei confronti del genitore del sesso opposto: una complessa dinamica necessaria allo sviluppo psichico infantile.
Tutto l'insieme delle innovazioni teoriche trovò una prima formulazione sistematica nella "Interpretazione dei sogni" (1900). Freud riassunse criticamente tutta la letteratura precedente sulla natura dei sogni e la loro interpretazione. Nell'ultimo capitolo espose una nuova teoria dei processi psichici in generale. Il sogno non è
che l'espressione di un contenuto latente, nascosto. Il contenuto latente si trasforma nel contenuto manifesto attraverso il lavoro onirico, dando luogo a un contenuto apparentemente senza senso. Questa trasformazione-deformazione è imposta dalla funzione psichica della "censura" che blocca l'accesso dei desideri; il sogno può essere definito come "l'appagamento di un desiderio", perché consente al desiderio di manifestarsi, seppure in forma mascherata. Tra la fine degli anni '90 del secolo scorso e i primi anni '20, Freud elaborò una teoria generale della psiche e propose un modello di terapia dei disturbi psichici attraverso molteplici opere dedicate ai fenomeni osservati nella vita psichica normale e patologica. Particolare rilievo in questo periodo ebbero le opere dedicate alle dimenticanze, ai lapsus e agli atti mancati. Nella voce "psicoanalisi" del Dizionario di sessuologia Freud rilevava che laLa psicoanalisi era sia una teoria e un metodo di ricerca in psicologia, sia un metodo terapeutico. Sintetizzando il passaggio dalla impostazione seguita da Breuer a quella tipicamente psicoanalitica, Freud sottolineava