vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Lo ius saguinis legittimava il capofamiglia a comportamenti autoritari e a sottomissioni
inevitabili da parte della moglie e dei figli.
I conflitti sembravano annullarsi nel riconoscimento sociale dei ruoli coniugali e genitoriali,
legittimati dalla tradizione.
L’educazione dei figli declinata dall’obbedienza, si modulava attraverso il “tu devi” e non
sul “tu puoi”
Sin dagli anni 60 del secolo scorso una maggiore laicizzazione del pensiero pedagogico
ha restituito respiro alla storia dell’educazione a vantaggio di un rapporto bilanciato tra
natura e cultura.
Negli anni 70 la rivoluzione giovanile e la perturbante riflessione di molte donne
capovolgono paradigmi sociali e affettivi fin li consolidati
Inoltre la messa in discussione di una certa mistica del materno (configurato spesso
nell’indispensabile amore oblativo delle madri) ha permesso la comprensione del materno
tra i sentimenti da coltivare e sviluppare.
Oggi la figura paterna emerge in nuovi e più penetranti paradigmi, le ricerche rinviano ad
esempi di cure paterne a volte esemplari rispetto ai tempi coevi, tuttavia sono ancora
molte le carenze affettive provate dai figli.
Si può affermare che oggi le giovani generazione vivono un presente del tutto diverso
dove le scelte non sono obbligate ne dal destino di nascita e ne dai “protocolli” familiari e
sociali.
Libro scritto grazie ai due quaderni di Franco Calamandrei ( vi è racchiusa la giovinezza di
Franco, ovvero dal 1941 al 1947, il periodo delle grandi scelte storiche)
Il padre era un uomo di indole mite, le carezze volte al figlio erano rare e imbarazzate, i
doveri numerosi e non negoziabili.
L’iniziale rapporto tra Piero e suo figlio Franco ha caratteristiche d’eccezione rispetto al
canone educativo borghese degli anni 20 e 30. Franco nasce da una coppia che si è
sposata per amore, e non per convenienza o per sottoscrivere un contratto, e trascorre
un’infanzia avviluppata nell’attenzione e nell’affettività reciproche.
La famiglia rispettava la ritualità dell’arrivo della befana, con il padre che al mattino sveglia
e solleva sulle proprie spalle il piccolo Franco per portarlo davanti al camino addobbato.
Il suo aver voluto credere alla Befana fino a che i suoi genitori non avessero preso atto
della fine della sua “ingenuità” per allungare il tempo della sua infanzia è singolare perché
denota come un bambino si sia posto il problema, anche se in modo embrionale, della fine
della giovinezza.
Il padre aveva avuto l’idea tenera e affettuosa di seguire attenzione il figlio (già dai tre
anni) nel suo processo di crescita e il suo sviluppo linguistico.
Il padre diviene poi malinconico quando si accorge che il figlio termina la fase dell’infanzia
e si esprime correttamente.
Franco al contempo elabora un senso di oppressione, di monotonia, di tirualità che ha
visto e provato nella vita borghese. E questa percezione a quel tipo di vita che non sentiva
confacente a se , inizia nel periodo adolescenziale (Demarcazione tra infanzia e
adolescenza). Franco sembra che abbia voluto combattere quell’idea di inerzia, di
immobilità che vede rispecchiata nella realtà borghese. Franco ora ricerca l’evasione, è
alla ricerca del “meraviglioso” e vorrebbe saper trovare e portare questo meraviglioso
nella squallida vita borghese. È l’inizio della sua adolescenza, il suo malessere
adolescenziale ha una lunga incubazione. Franco cerca il suo modo di stare al mondo. La
natura lo aiuta e asseconda la sua legittimazione al distacco. Ricorda che con “stupore” e
con “felicità” ma anche “smarrimento” stava vedendo il mondo attraverso un’altra
dimensione.
Sembra che Franco voglia partire dagli amabili resti (elementi inquinanti) in modo da dare
a se stesso una educazione alla memoria. (Vita borghese Nuova civiltà degli affetti)
Per assecondare la sua educazione alla memoria chiede aiuto alla grande letteratura
(Leopardi, Gide, Boccaccio, Gogol, Twain e altri), dai loro scritti trova spunti rievocativi che
divengono chiarificatori per le sue sensazioni e per questa sua profonda esigenza di
“sviluppo libero”.
Ricerca le sue ragioni continuando la sua analisi sulla “squallida vita borghese” anche
durante l’attività resistenziale.
Per Franco importava conseguire una moralità ed una responsabilità superando quelle
impostagli dal padre.
La sua iscrizione alla Facoltà di Giurisprudenza rientra in quella naturalità e ovvietta che
scelte non autonome portano con sé. Si laurea brillantemente in diritto internazionale.
Il rapporto con il padre comincia a farsi difficile. Franco si lascia affascinare da quel senso
di effervescenza, di nuovo, che il regime fascista propagava, e che faceva illudere
soprattutto ai giovani borghesi che un nuovo modo di vivere fosse possibile. Frequenta
circoli letterari fiorentini, coltiva un grande interesse per la letteratura, accostandosi
all’ermetismo (abborrito dal padre), adempie alle attività culturali fasciste (entra nei GUF).
Il suo interesse e il fascino che prova per la letteratura, agli occhi del padre sono
deviazioni immorali inaccetabili. Franco comincia a prendere coscienza dell’errore della
sua adesione al fascismo già dalla presa di Barcellona da parte dei franchisti
Lascia Firenze per iscriversi alla Facoltà di Lettere di Roma e prepara una tesi su Gide. Il
conflitto con il padre si acuisce ancor più, perché è un chiaro segnale che il figlio ormai,
non seguirà le orme paterne.
A 15 anni, nel 1931 presta giuramento alle direttive fasciste.
L’impegno, il coraggio e la lucidità di Franco nel periodo resistenziale fanno di lui un uomo
dalla schiena dritta e il padre, ora, lo riconosce come figlio suo
Piero: “Giovani che fioriscono senza chiederci il permesso e senza aver preso le
preventive istruzioni”
Franco “ I figli devono educare i genitori” (1943)
Come evidenziato da queste due citazioni tra padre e figlio vi è un conflitto generazionale
Nel 1943 Franco lascia l’impiego all’archivio di stato a Venezia, per iscriversi al partito
comunista e aderire alla Resistenza romana.
Nel 1945 scrive: “ Proprio nella scissione fra vita politica e vita privata sta l’essenza del
costume borghese. In questo limitare il proprio impegno sociale alla vita politica e seguire
nella vita privata la più atomistica libertà dell’egoismo. Nel credere che per pagare il
proprio scotto sociale basta adempiere ai propri diritti e doveri politici, e poi ciascuno viva
solo per sé.