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GLI IMPRPBABILI INIZI DI UN CHIMICO E UN MEDICO DI CAMPAGNA

Sebbene antagonisti, la vita di Pasteur e quella di Koch scorrono parallele e si incrociano in

più eventi. Hanno l’uno bisogno dell’altro.

LOUIS PASTEUR (1822-1895) era un chimico francese, docente in un’Università secondaria

che si interessava di cristallografia e patologie di piante e animali, ma ad un certo punto

cominciò ad interessarsi di fermentazione. Ai tempi di Pasteur si credeva, come sostenuto

dal grande Justus Liebig, che questa fosse dovuta a un principio chimico inorganico, mentre

gli studi di Pasteur dimostrarono che la fermentazione era dovuta a organismi viventi, i

microorganismi.

Nel 1870, l’idea che le patologie fossero causate da organismi viventi era ormai accettata

ma mancava la prova conclusiva.

Pasteur acquisiva sempre più notorietà: scoprì dei metodi efficaci per vincere malattie dei

bachi da seta e, nel 1865, brevettò la pastorizzazione del vino scoprendo che, riscaldando

leggermente, si potevano uccidere dei microrganismi, ritardando e regolando la

fermentazione della bevanda.

Nel 1878 espone, in un celebre discorso di fronte all’Accademia di Medicina di Parigi, “La

Teoria dei germi e la sua applicazione alla medicina e alla chirurgia” facendo nascere la

microbiologia.

“Per quanto potesse sembrare spaventoso vedere la vita in balia della moltiplicazione di

questi esseri infinitamente piccoli, è anche vero che finalmente i medici avevano qualcosa di

concreto da combattere.” (cit. Pasteur)

Dal 1870-71 si svolse la guerra franco-prussiana, che sancì una dura sconfitta per la Francia

e l’inasprimento delle ostilità tra le due nazioni. È evidente il clima di conflitto anche

nell’attribuzione del nome a questa nuova scienza: i francesi la chiamavano

“microbiologie”, i tedeschi “bakteriologie”.

Nel 1882 lo scontro tra Pasteur e Koch si rese pubblico, durante il IV Congresso

Internazionale di Igiene e Demografia a Ginevra, in cui Koch sottolineò tutta l’inutilità del

discorso di Pasteur.

Nel 1880 scoprì l’immunizzazione per mezzo di colture attenuate: nel corso di esperimenti

sul microrganismo responsabile del cosiddetto “colera dei polli”, un collaboratore di Pasteur

aveva dimenticato di inoculare un certo numero di polli con la coltura di quel batterio e,

tornato al lavoro dopo qualche settimana, la usò ugualmente e i polli, anziché morire come

avevano fatto dopo l’inoculazione delle colture fresche, si ammalarono e poi guarirono:

queste “colture invecchiate” procuravano persino l’immunizzazione dei polli alla malattia. Per

l’analogia con il lavoro svolto da Jenner, Pasteur le nominò “vaccinazioni”.

Nel 1881 annunciò all’Accademia delle scienze di aver prodotto un vaccino contro il

Carbonchio o Antrace, una malattia che colpiva i capi di bestiame.

La Società d’Agricoltura di Melun mise a disposizione dello scienziato 60 montoni: 25 da

vaccinare, 25 come prova e 10 da tenere di riserva. Davanti a una folla di testimoni, i primi

25 montoni vengono vaccinati in 3 cicli di inoculazione di una coltura di carbonchio

attenuato, e successivamente tutti i 50 montoni vennero infettati con colture fresche e forti

della malattia. Il risultato fu straordinario: dopo due giorni i montoni non trattati erano morti o

moribondi mentre quelli vaccinati erano in piena salute. Pasteur era ormai un eroe

nazionale!

Nel 1885 inventa la vaccinazione antirabbica: fu la scoperta di Pasteur che più incise

sull’opinione pubblica mondiale. La rabbia non era una delle malattie più diffuse ma era una

delle più temute per le sue caratteristiche animalesche e violente: era impressionante la fase

in cui il malato non riusciva più a deglutire e quindi non riusciva nemmeno a fare un sorso

d’acqua, era anche chiamata “idrofobia”, oppure la fase in cui il malato veniva preso da una

follia violenta con continue allucinazioni.

Pasteur provò la stessa tecnica, cioè quella di creare una coltura dell’agente patogeno

indebolita, pur senza riuscire a vederlo: la rabbia, infatti, è causata da un virus e non da un

batterio, dunque le dimensioni del primo sono nettamente inferiori al secondo.

Pasteur era riuscito a immunizzare dei cani ma non era ancora pronto per trasferire la cura

agli umani, ma un bambino di nove anni di nome Joseph Meister era stato morso 14 volte

da un cane rabbioso e fu portato da sua madre nell’ufficio di Pasteur: aveva ferite talmente

gravi che il bambino sarebbe sicuramente morto per il morbo, così Pasteur decise di

vaccinarlo e la sua scelta fu un vero successo perché il bambino non si ammalò.

Nel 1888 venne inaugurato a Parigi l’Istituto Pasteur, futuro santuario della ricerca

biomedica, sulla scia dell’entusiasmo generato dalla vittoria del medico sulla rabbia.

Pasteur muore nel 1895 e le sue spoglie sono conservate proprio nell’Istituto Pasteur di

Parigi.

ROBERT KOCH (1843-1910) era un medico di campagna vent’anni più giovane di Pasteur.

Egli aveva l’hobby delle osservazioni al microscopio tant’è che la moglie, dopo non pochi

sacrifici economici, gliene regalò uno dei migliori a quel tempo.

Koch, nel 1876, riuscirà non solo a collegare uno specifico microrganismo ad una specifica

malattia (si trattava di una malattia veterinaria chiamata Carbonchio o Antrace, a cui poi

Pasteur troverà rimedio con un vaccino) ma descrisse anche l’intero ciclo di vita di questo

bacillo (compresa la sua fase di spora che gli permette di vivere nel terreno per molti anni e

resistere alle condizioni ambientali più estreme).

Nel 1877 inventò, grazie alla sua genialità che lo portò a fondere due tecnologie così

diverse, la microscopia fotografica consistente dapprima in un collegamento verticale tra

macchina fotografica e microscopio, risultato insoddisfacente, poi modificata in un

collegamento orizzontale molto più efficace. Nel suo articolo intitolato “Procedure

d’indagine per conservare e fotografare i batteri” pubblicò le prime 24 foto di batteri della

storia e descrisse le procedure da seguire per realizzarle: era la prova visiva e tangibile con

cui pochi miasmatici più ostinati furono messi a tacere.

Questa strada porterà Koch a scoprire:

Nel 1882 il bacillo della tubercolosi.

1. Nel 1884 il bacillo del colera.

2.

Nel 1883 Koch e i suoi collaboratori gettarono quelle che sono ancora ora le basi della

moderna microbiologia: I Postulati di Koch. Questi consistono in 3 o 4 criteri per stabilire

che un certo microrganismo sia l’agente patogeno di una certa malattia:

-il microrganismo deve essere presente in ogni caso di quella determinata malattia;

-il microrganismo deve poter essere isolato dall’ospite ammalato e fatto crescere in una

coltura pura;

-inoculando il microrganismo della coltura pura in un animale sano deve sopraggiungere la

stessa malattia;

-nell’animale infettato deve essere nuovamente possibile reperire il microrganismo.

Nel 1890 propone, durante il decimo Congresso Internazionale di Medicina tenutosi a

Berlino, un rimedio contro la tubercolosi: la Tubercolina, un estratto di bacilli di tubercolosi,

che si rivelò un passo falso: il primo a notare l’inefficacia del suo metodo fu Arthur Conan

Doyle, l’autore di Sherlock Holmes, che lo criticò in una lettera.

Nel 1891, viene inaugurato a Berlino il Robert Koch-Institut e pochi anni dopo, nel 1905,

Koch vinse il premio Nobel per la Medicina per le sue ricerche e scoperte sulla tubercolosi.

Per renderci conto della rivoluzione di questi due personaggi basta fare un passo indietro e

vedere come veniva precedentemente curata la rabbia: si pulivano le ferite arrecate dal

morso del cane rabbioso con acqua salata, si faceva bere al paziente del vino di Bordeaux e

del mitridato (antico preparato farmaceutico) riscaldato e si catturavano due piccioni vivi e,

tagliati a fette, si poggiavano ancora caldi sulle mani del paziente se questo era stato morso

alle braccia, o sui piedi se era stato morso alle gambe. Era indicato anche come catturare i

piccioni vivi: bisognava far bollire un misto di vino e orzo, buttando qualche briciola del

prodotto ottenuto per terra al fine di attirarli, ancora meglio se sulla neve alta.

17. I grandi contaminatori: Etienne Jules Marey e Angelo Mosso

Nel 1972, un ragazzo un po' strano al Reed College di Portland nell'Oregon aveva

abbandonato i corsi regolari perché li trovava insopportabilmente noiosi e si era iscritto a un

corso di calligrafia e tipografia. Quel ragazzo si chiamava Steve Jobs e nel giro di qualche

anno avrebbe rivoluzionato in successione il mondo dei computer, il packaging e la grafica

pubblicitaria, il cinema d'animazione, la fruizione della musica e il mondo della telefonia. In

campo biomedico, come in tanti altri, ci sono state persone che, come Steve Jobs, si

potrebbero chiamare "contaminatori". Uomini e donne capaci di mettere in collegamento, in

sinergia, ambiti del sapere e dell'agire che a chiunque altro sembrano totalmente estranei

l'uno dell'altro.

Nei decenni a cavallo tra Otto e Novecento, bisogna parlare a questo proposito di due

“illustri sconosciuti”: Etienne Jules Marey e Angelo Mosso.

Etienne Jules Marey, che sua madre avrebbe voluto prete, desiderava fare l'ingegnere: fin

da ragazzo aveva dimostrato il suo “genio meccanico” costruendo macchine di ogni tipo, ma

alla fine il padre lo convinse ad intraprendere la professione più “onorevole” del medico,

anche se Marey, pur svolgendo un brillante curriculum clinico e di ricerca fisiologica, amerà

sempre definirsi “un ingegnere della medicina”, anticipando in qualche modo le figure

dell'ingegnere biomedico e dell'ingegnere clinico.

Ebbe ben presto occasione di entrare in polemica con Bernard, poiché non era d'accordo

con il “metodo sanguinario” della vivisezione tanto apprezzato dallo stesso. Marey pensava

che alterava troppo fortemente la struttura e il funzionamento degli organismi viventi,

rischiando così di falsare la ricerca fisiologica. Sicuramente era una visione un po'

estremista, che però avrebbe spinto Marey a concepire, costruire e perfezionare nuovi

apparecchi in grado di rilevare e registrare accuratamente molti parametri fisiologici, in un

modo che oggi definiremmo “non invasivo”.

Marey aveva cominciato ad interessarsi alla circolazione del sangue e ai movimenti del

cuore fin dalla sua tesi di Dottorato, nel 1859, e aveva cercato dei metodi per oggettivarne le

caratteristiche senza interferire o alterarne l'andamento.

Operò la sua prima “contaminazione” riuscendo ad unire tra lo

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A.A. 2016-2017
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I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Fufitus di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della medicina e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Catania o del prof Borghi Luca.