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L'unica lingua ritenuta tale era il Latino. Solamente nel momento in cui le lingue parlate si
affacciarono alla scrittura, ottennero i primi riconoscimenti della loro dignità. Ciò avviene perché
ormai la lingua locale è talmente differente dal Latino, che che non si può più pensare che la
conoscenza dell'una ammetta quella dell'altra.
I giuramenti di Strasburgo (842 d.C.) furono scritti in Latino, in antico Francese, in antico
Tedesco. Significa che le lingue volgari assumono una maggiore importanza e più riconoscimenti.
XII secolo d.C.
La lingua colta volgare, locale e transregionale.
La lingua volgare prende su di sé una funzione pratica e, in parte, didattica. I documenti in
volgare riguardano l'ambito economico-giuridico, ma anche religioso. In tutti questi serbatoi non
importa la qualità della lingua, ma la sua efficienza pratica.
Successivamente la lingua volgare, nell'ambito della scrittura, arriva al livello letterario, e nel
momento in cui ciò accade, essa inevitabilmente più colta, più regolata; e se le regole non ci sono,
si creano. E a sua volta ciò comporta un ulteriore allargamento del raggio di utilizzabilità. Le
lingue volgari sono ancora lingue locali, ma le loro dimensione sono più ampie e talvolta vanno
aldilà della misura strettamente regionale. L'uso letterario facilita la circolazione.
In più bisogna creare parole nuove per esprimere concetti che, quotidianamente, nella lingua
parlata non ci sono. Perciò si attinge al Latino o ad altri volgari. Le scritture letterarie, pur
partendo da realtà linguistiche diverse, usano talmente spesso materiali simili che si riducono le
differenze.
La letteratura italiana nasce in Siciliano, nella lingua meridionale. Poteva essere compresa nel
resto dell'Italia sia perché questi testi avevano materiale linguistico comune a tutta Italia (il
Latino), sia perché vi erano delle opere di adattamento: su richiesta dei Signori, si prendevano le
opere dei Siciliani e si antologizzavano. Capitava dunque che se un adattatore toscano trovava
una parola che differiva di poco da quella utilizzata da lui, direttamente la cambiava (Siciliano:
amuri => Toscano: amore).
XIV secolo d.C.
Successo del Toscano-Fiorentino.
Una delle cause della frammentazione era la ruralizzazione. Con il basso Medioevo si avvia un
processo di superamento di essa e si avvia un processo di urbanizzazione. Con i Comuni le città
riprendono vita, importanza, potere, e rimettono in moto quei processi di circolazione della
cultura, di scambi, di omogeneizzazione della lingua.
Si sviluppa una nuova classe sociale, che non appartiene né alla classe contadina, né alla classe
clericale e neppure a quella nobile. E' una classe pratica, dedita al lavoro, al mercato, è avanzata,
è politicamente repubblicana, ma non ha tempo per studiare. La sua scolarizzazione non arriva al
Latino, ma vuole vedere la lingua materna essere portata ad un uso colto.
Nel Convivio Dante afferma di volere scrivere per coloro che << sono scusati >> per il fatto di
non sapere il Latino: non hanno avuto e non hanno il tempo per impararlo. Egli vuole fare una
sintesi di tutto quello che devono sapere per risultare colti.
Questa classe sociale è quella che più di tutti promuove l'uso colto della lingua locale. La lingua
che più ha contribuito al processo di unità linguistica è il Toscano-Fiorentino del XIV secolo. Tra
le città d'Italia nessuna come Firenze porta avanti questo processo di emancipazione sociale,
culturale della lingua locale. In più, proprio a Firenze, nel giro di pochi anni emergono le figure di
Petrarca e Boccaccio: essi sono conosciuti dappertutto, come le loro opere letterarie. A ciò si deve
aggiungere la straordinaria potenza economica di Firenze.
Il movimento delle regioni, in particolare quelle settentrionali (il meridione era ostacolato da una
minore potenza economica), verso un processodi unificazione avviene soprattutto in Toscana, a
Firenze (il Padovano Antonio da Tempo affermava che la lingua toscana magis apta estad literam
sive literaturam).
XV secolo d.C. - XVI secolo d.C.
Recupero del Latino e resistenza dei volgari locali. Italiano delle lingue regionali.
Con Petrarca si rinnova l'importanza del Latino. Quello usato dai dotti non era quello classico,
utilizzato da Cicerone. Si assiste ad ulteriore distacco tra il Latino e le lingue volgari.
Nel 1400 le riflessioni intellettuali più avanzate non sono più espresse in volgare, ma di nuovo
sono scritte in Latino. Questo processo, però, dura poco: tra la fine del 1400 e prima metà del
1500 il processo di crescita della lingua volgare ha una grande spinta. Si forma una koinè
regionale, ovvero la lingua toscana con i tratti regionali locali. Il volgare torna alla grande
letteratura, ma con una connotazione regionale ancora piuttosto marcata.
XVI secolo d.C - XVII secolo d.C.
La questione della lingua.
Nasce la questione della lingua: bisogna trovare l'Italiano "giusto" e costruirne la grammatica,
eliminandone le variazioni regionali e scegliendo una sola varietà come base nazionale. Questo
progetto parte tramite l'iniziativa degli intellettuali, tra cui Pietro Bembo (veneto). Dal punto di
vista linguistico egli fa questo ragionamento: per creare una grammatica italiana bisogna prendere
a modello la lingua dei migliori scrittori italiani. Dunque si fa riferimento ai grandi autori del
1300. Paradossalmente, chi fa più resistenza ed è contrario a questa scelta, sono i Toscani, i quali
vedevano maggiormentela differenza tra il Toscano del 1300 e quello che parlavano nel 1500.
Tuttavia la proposta di Bembo trova un accordo intellettuale e passa: non esiste più il Toscano-
Fiorentino e nasce l'Italiano.
XVII secolo d.C. - XVIII secolo d.C.
I rapporti con le altre lingue europee. Successi dell'Italiano all'estero.
L'oralità continua ad essere fortemente dialettale e ciò influenza alcune forme artistiche quali il
teatro e, successivamente, il cinema. Questo però non accade nello scritto vero e proprio, nel
romanzo.
In questo periodo vi è una forte esportazione dell'Italiano all'estero, veicolato dall'arte ma
soprattutto dalla musica.
XIX secolo d.C. - XX secolo d.C:
Unificazione politica e avvio di una reale unità linguistica. Grande crescita del vocabolario.
Nuovi media. L'Italiano raddoppia.
Il vero momento di svolta è il 1861, l'anno dell'unità politica dell'Italia e la nascita dello Stato
nazionale. L'unità politica mette anche fine alla discussione dell'Italiano come lingua letteraria. I
vettori che trasportano le lingue sono diversi: dapprima la scrittura, poi la scrittura diffusa non
soltanto letteraria (giornali), la comunicazione diretta (emigrazione interna), la nascita dei nuovi