Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
FONETICA SINTATTICA
Le parole isolate non ci rendono conto della realizzazione della parola nella catena parlata
La grafia è una convenzione, non esiste una grafia perfetta, che consisterebbe nella
corrispondenza biunivoca di ogni fonema con un proprio grafema. L’italiano è una delle
lingue in c’è maggiore corrispondenza tra fonemi e grafemi, anche se per esempio i grafemi
< e > < o > indicano sia la vocale aperta sia quella chiusa).
Il piano fonologico non deve essere confuso col piano grafico:
g+i e c+h sono digrammi con funzione diacritica cioè distintiva (in questo caso sono i e h a
dare tale funzione).
La grafia dell’italiano si definisce, nelle sue linee moderne, nel ‘500 quando viene fatta una
regolazione grammaticale che mette ordine fra le tante grafie nel medioevo (ogni copista
aveva abitudini grafiche diverse). Anche la stampa, la tipografia influisce sulla definizione
di una norma grafica e di una norma grammaticale, riguardo a ciò ci sono due personalità di
spicco nel ‘500: Pietro Bembo e Aldo Manuzio, i quali assieme produssero un’edizione
della Commedia di Dante e del Canzoniere di Petrarca (edizioni Aldine nei primi anni del
‘500), di cui Bembo si occupa da un punto di vista fonologico mentre Manuzio si dedica alla
stampa.
Bembo è l’inventore dell’apostrofo, Manuzio inventò il carattere corsivo, che si diffuse in
tutta Europa e per questo denominato italico.
Ulteriore fase di consolidamento della grafia si ebbe nel 1612 con il primo vocabolario
dell’Accademia della Crusca.
Non vi è ancora una totale stabilizzazione della grafia: non è ancora presente la distinzione
tra < u > e < v >, che avverrà nel ‘600 inoltrato ad opera di tipografi d’oltralpe, in
particolare tipografi olandesi, gli elzebiri.
La grafia italiana si è attestata su base fonologica, non etimologica come per la grafia
francese che mantiene più contatto con l’etimologia latina: quella italiana mira piuttosto ad
essere fedele ai fonemi, ma non è una grafia perfetta, poiché ad ogni grafema non
corrisponde un solo fonema.
Nel sistema vocalico tonico esistono 7 fonemi e 5 grafemi, poiché il grafema < e > ed < o >
sono polivalenti, cioè si riferiscono entrambi a due diversi fonemi.
Nel sistema consonantico esistono 10 grafemi con valore univoco e sono < p > < b > < m >
< t > < d > < n > < f > < v > < r > < l > .
Invece i grafemi < z > < s > < c > < g > hanno valore polivalente.
Nella grafia i segni di interpunzione sono detti para-grafematici, si accompagnano alla
scrittura e servono per specificarla.
Questi argomenti di cui abbiamo trattato fatto parte della fonologia e della grafematica, che
solitamente vengono trascurate. Una grammatica italiana che tratta anche questi aspetti è
quella di Luca Serianni.
Nella grafia italiana viene utilizzata la < h > per distinguere parole di significato diverse che
altrimenti parrebbero identici: annohanno.
Ci sono dei grafemi stranieri < j > < k > < w > < x > < y >, sono lettere avventizie
dell’alfabeto italiano provenienti dalle lingue straniere e che figurano in quella tipologia di
parole accolte dall’italiano dopo la II guerra mondiale. Hanno un uso limitato a parole
specifiche la cui resa al plurale in italiano risulta difficoltosa. Il < k > pubblicitario è
subentrato anche in ambito politico, che ha avuto una certa fortuna soprattutto nelle scritte
murali degli anni ’70.
LA GRAMMATICA STORICA DELL’ITALIANO
Essa vuole spiegare come le strutture italiane si sono formate, evolute fino a prendere la
fisionomia attuale. Come si sono trasformati i fonemi latini fino a divenire fonemi italiani.
Il sistema consonantico latino era più semplice poiché molte non esistevano, mentre il
sistema vocalico latino era più riccoin totale 10 vocali, poiché vi era distinzione tra vocale
breve e lunga; spesso la vocale breve o lunga permetteva la distinzione fra parole identiche
ma di significato diverso, come os=osso e os=bocca (coppia minima).
In italiano sono le consonanti che possono essere scempie o intense in relazione alla loro
durata; anche le vocali possono avere durata breve o lunga, ma non ci sono coppie minime
che possono dimostrarlo.
Nel latino era molto importante la durata soprattutto per la metrica latina (basata
sull’alternanza tra breve/lunga), c’era la legge della penultima che regolava la posizione
dell’accento (se la penultima sillaba era lunga l’accento cadeva sulla sillaba precedente
questo
altrimenti se breve cadeva su quella) nella fase successiva a quella primitiva dove
l’accento era di tipo melodico e cadeva sempre sulla prima sillaba.
1° FASELATINO ITALICO (differenza tra le vocali in base alla quantità e durata)
2° FASELATINO VOLGARE 1 (alle antiche vocali lunghe e brevi si sostituiscono vocali
chiuse e aperte)
Il sistema vocalico entra in crisi poiché viene meno il senso della quantità e durata: una
motivazione riguarda le lingue di sostrato che, una volta che il dominio di Roma viene
meno, riaffiorano e condizionano di conseguenza il latino, che i romani avevano portato,
causando la scomparsa del senso della quantità e durata. S. Agostino afferma: “gli africani
confondono facilmente la quantità delle vocali”. Altra motivazione è la trasformazione
dell’accento da quello melodico a quello dinamico/intensivo, che tende ad abbreviare le
vocali atone e a rafforzare quelle toniche in base a dove cade. Anche un dittongo come
“AE” che dovrebbe risultare lungo diviene “e” brevevengono ridotti i dittonghi.
3°FASELATINO VOLGARE 2 (le coppie di vocali confluirono in un unico suono)
Questo è il vocalismo panromanzo attribuibile al latino volgare e alla maggior parte delle
lingue romanze, tra cui il fiorentino, ed è il vocalismo tonico.
STUDI SUL DITTONGAMENTO TOSCANO
Il fenomeno del dittongamento toscano/italiano è stato soggetto a vari studi: Gerhald Rohlfs
è uno studioso tedesco che ha scritto “Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi
dialetti” in tre volumi divisi in fonologia, morfologia e sitassi delle parole. Fino a Rohlfs il
dittongamento toscano è sempre stato attribuito ad influssi esterni: Rohlfs pensava che fosse
il risultato di una influenza proveniente dai dialetti del settentrione, cioè i dialetti che stanno
al di sopra della linea La Spezia-Rimini, che segna il confine linguistico più importante
d’Italia, separando i dialetti settentrionali da quelli centro-meridionali. Il toscano secondo
questa linea appartiene ai dialetti centro-meridionali. In pratica il dittongamento toscano
sarebbe stato influenzato dalle forme di dittongamento presenti nei dialetti settentrionali.
Questa ipotesi è stata messa in dubbio da Arrigo Castellani, il quale all’interno dei suoi
saggi ha espresso la sua teoria sul dittongamento toscano: ritiene che tale fenomeno siano
toscano, autoctono e spontaneo, cioè non è un fenomeno proveniente dall’esterno.
Per provare ciò si è basato sui toponimi=i nomi di luogo, utili per stabilire se un fenomeno
sia autoctono o esterno, poiché molto legali al territorio, alla lingua parlata e antichi. In
toscana sono numerosi i toponimi che fin dalla fase in cui sono documentati hanno il
dittongo, ciò favorisce la teoria autoctona. Altro fatto che depone a favore di un fenomeno
autoctono è che al dittongamento partecipano anche delle forme di origine longobarda, non
solo in forme provenienti dal latino: es. trog (forma longobarda) – TROG (forma latinizzata)
– trogolo (forma italiana). Ciò ci prova l’antichità del fenomeno e la sua posteriorità al VI
sec. (dopo la venuta dei longobardi). Castellani si basa anche sul “terminus antequem”: per
datare i fenomeni si possono mettere più fenomeni in relazione secondo un criterio di
cronologia relativa; nel caso del dittongamento c’è un altro fenomeno, il monottongamento
del dittongo latino AU, che può essere preso in considerazione e che aiuta a datare il
fenomeno del dittongamento.
AE > E aperta LAETUM > LETUM > lieto (questo dittongo appartiene all’epoca
imperiale I sec. d.C. e la trasformazione avviene nel VI sec.); in questo caso c’è il
dittongamento.
AU > O aperta AURUM > oro (questo dittongo resiste maggiormente, la trasformazione
avviene nell’VIII sec. d.C.); in questo caso non c’è dittongamento poiché tale fenomeno è
precedente e ormai concluso.
Da questo ragionamento formato sul criterio di cronologia relativa, il fenomeno del
dittongamento è databile intorno al VII sec. d.C. dovuto ad un allungamento della vocale in
dissimilazione=due
sillaba libera: es. PEDEM > “PEEDEM” > piede suoni si
differenziano.
N.B. PER LE NOTIONI DI GRAMMATICA STORICA RIFERIRSI AL VOLUME
“NUOVI LINEAMENTI DI GRAMMATICA STORICA DELL’ITALIANO”
DI GIUSEPPE PATOTA
RIASSUNTO “LA LINGUA ITALIANA: PROFILO STORICO”
DI CLAUDIO MARAZZINI
CAPITOLO 1: LA RIFLESSIONE ANTICA SULLA FORMAZIONE
DELL’ITALIANO
DANTE: “De Vulgari Eloquentia” = maledizione babelica, diversità delle lingue,
somiglianza tra provenzale/francese/italiano, il latino è lingua artificiale fatta dai germanici
per dare omogeneità.
TEORIE UMANISTI
BIONDO FLAVIO: gli antichi Romani parlavano una sola lingua, il latino, poi corrotto
dalle invasioni barbariche dei Longobardi nel VI s. d.C. Dal latino corrotto si sarebbe
formato l’italiano.
LEONARDO BRUNI: gli antichi Romani parlavano 2 lingue, un latino alto letterario e un
latino basso popolare; dal latino popolare si sarebbe formato l’italiano.
LODOVICO CASTELVESTRO: esisteva una lingua latina vulgare, cioè un latino popolare
diverso per lessico non per grammatica dal latino classico. Poi gli imperatori stranieri presso
la corte appresero e diffusero la lingua latina vulgare successivamente corrotta dalle
invasioni barbariche.
GIAMBULLARI: ipotizzò che il toscano fosse erede dell’etrusco, poi è stato dimostrato che
non è vero.
STUDI SULL’ORIGINE DELL’ITALIANO
CELSO CITTADINI: italiano non da invasioni barbariche con successiva corruzione della
lingua ma da errori rispetto al latino classico da cui si è formato il volgare italiano.
LUDOVICO ANTONIO MURATORI: nel XVIII s. affermò che le lingua germaniche
causarono trasformazioni nel latino poiché documenti d’archivio in latino portano tracce di
lingua volgare del tempo.
GRAZIANO ISA