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Estratto del documento

PROFESSORE: ENRICO TESTA

L’italiano è una lingua dal forte spessore diacronico, in cui l’antico persiste e si rinnova; la diacronia

si rintraccia nella sincronia attuale. Tra i costrutti troviamo i duraturi “CHE POLIVALENTI” (di uso

dialettale e quotidiano, è introdotto nella letteratura nei “Malavoglia”, ma anche Dante lo usava con

valore temporale), “CHE RELATIVANTI” (al posto dei costrutti con “cui”, usato da Boccaccia, Pulci

e Manzoni), “COSA INTERROGATIVO” (al posto del “che cosa?” sostenuto dalle grammatiche del

‘500, lo usa Ferrier nei “Promessi sposi” e Boccaccio), “GLI” (usato per “loro”, i puristi lo censurano

ma è utilizzato da Manzoni), “CONCORDANZA” (Dante, “usciva insieme parole e sangue”, e

Manzoni), “USO DEGLI AUSILIARI”, “CONGIUNTIVO” (nel parlato soppiantato dall’indicativo).

Anche nel lessico la diacronia persiste nella sincronia. Vi sono molte locuzioni correnti che

rimandano alla classicità (ESSERE UN’ARPIA, UN APOLLO, UN SATIRO, UNA SFINGE, UN

MECENATE), parole derivanti dal latino (PROROGA = PRO+ROGO; LOCANDA = EST LOCANDA

DOMUS), parole con prefissoidi e suffissoidi (POLI, BARI). Abbiamo poi vocaboli non derivanti

direttamente dal latino, ma prestiti e riprese (ORALE, DA OS-ORIS).

L’italiano dà poi origine a serie linguistiche parallele che si diffondono per via libraria e orale (LA

POLIMORFIA: DENARO-PECUNIA, MAIALE-SUINO; limite per Manzoni, positivo per Gadda).

Uno dei principi strutturali della lingua è la sua inerzia: nel postmoderno domina la

DROMOCRAZIA (governo della velocità). Non c’è più la cultura contadina ma si parla come se se

ne facesse parte (NON MENARE IL CAN PER L’AIA, NON FARE DI TUTTA L’ERBA UN FASCIO,

FAR RIDERE I POLLI). La lingua appare come una perenne citazione del passato.

Infine, in molti casi, muta il significato e non il significante (PAGANO DERIVA DA PAGUS,

VILLAGGIO, E POI PRENDE IL SIGNIFICATO DI NON CRISTIANO, PERCHE’ I CAMPAGNOLI

ERANO RILUTTANTI ALLA CONVERSIONE), talvolta si tratta di un ribaltamento a 180° (BRAVO

DERIVA DA PRAVUS, NEGATIVO ECCELLE NELLA CATTIVERIA; MAFIOSO

 

CORAGGIOSO; MINISTRO DERIVA DA MINUS SERVO).

Frequenti sono anche i cambiamenti dal senso fisico/concreto a quello astratto e viceversa

(LOGOS IN GRECO ERA “CONTO” PENSIERO, PAROLA; SCABROSO: DA “NON LISCIO” AD

“ARDUA TRATTAZIONE”; DISCORRERE: DA “CORRERE QUA E LA’” A “DISCUTERE

SALTANDO DA UN ARGOMENTO ALL’ALTRO).

Allo stesso modo esistono restrizioni ed ampliamenti del significato stesso di una parola

(ANNEGARE SIGNIFICAVA FAR MORIRE UNA PERSONA PER MANCANZA DI RESPIRO;

CERCARE SIGNIFICAVA ANDARE IN CERCHIO, INTORNO A QUALCOSA).

Insomma, anche quando sembra che la lingua cambi, questa rimane fondata sempre sull’utilizzo di

elementi antichi (AD ESEMPIO, SATELLITE E’ TERMINE ETRUSCO PER ACCOMPAGNATORE,

SERVO. FU KEPLERO A DARGLI CONNOTAZIONE ASTRONOMICA).

Evoluzione di oralità e scrittura: Ong Walter nel 1952 parla di oralità secondaria per descrivere

i fenomeni radiofonici, televisivi e telefonici, considerando (erroneamente) morta la scrittura.

Raffaele Simone, più recentemente, ha parlato di fase della scrittura digitale per indicare le

forme di neo-epistolarità tecnologica (e-mail, chat e sms), ma prima di parlare di rivincita della

scrittura, dobbiamo badare alla qualità. I testi così prodotti sono infatti labili ed effimeri, sono

azione quotidiana ben lontana dalla solennità del passato. Nasce così l’italiano digitato o

digitale.

Il fenomeno degli anglismi: già nel medioevo si ebbe il fenomeno del prestito linguistico, con

un’ondata di germanismi e arabismi, e di fronte a questo fenomeno ancora oggi in voga, abbiamo

due posizioni: gli interventisti (Dardano, conservatori) e i teorici del lasciar fare (Leonardo Maria

Savoia, evoluzione libera).

Recentemente c’è stata l’invasione degli anglismi (ora sono il 2% nell’italiano moderno), soprattutto

in ambito politico, sportivo e di costume; alcuni si potrebbero sostituire con un corrispettivo italiano

(pit stop = sosta ai box), altri meno (provider = fornitore d’accesso). Carrera Diaz ha notato un uso

cospicuo di anglismi nella comunicazione italiana scritta. Questo perché i mass-media sono alla

continua ricerca di uno stile brillante ed accattivante. L’italiano parlato però, secondo De Mauro,

rimane un’oasi protetta (invasa solo dallo 0,2 di anglismi), seppure minacciata dai media e dalle

istituzioni (autority, welfare, rai educational). Aumentano comunque i composti o derivati italiani su

base inglese (influenza-killer, drinkare).

Ma se l’anglismo di fine ‘800 era prerogativa del ceto intellettuale e aristocratico, oggi è accessibile

anche all’uomo di strada.Perchè usare gli anglismi? Per questioni di economicità (hanno meno

pronomi e più monosillabi) e di fonosimbolismo (si pensi a “boom” e “flash”). Uno degli ultimi

puristi, Arrigo Castellani, ha provato ad effettuare delle sostituzioni, ma invano (FOBBIA PER

SMOG, TROTTERELLO PER JOGGING, VENDISTICA PER MARKETING).

Ma la realtà è che gli anglismi spesso diventano europeismi, facendo parte di tutte le lingue: è il

caso di HABITAT, SPONSOR, REFERENDUM, BLUE JEANS.

La posizione puristica diventa così improduttiva se non rischiosa. Parlare di lingua ormai significa

rinunciare ad un concetto nuovo, è una posizione arretrata. Le uniche lingue pure sono quelle

morte; unico limite a queste aperture è quello di mantenere comunque le strutture fondanti della

lingua.

Le parole straniere sono soprattutto tecnicismi che derivano dal processo di industrializzazione e

informatizzazione degli ultimi anni; abbiamo però una stratificazione, con un livello base

informatico noto e un livello più alto comprensibile solo ai tecnici (BYPASSARE, DA TERMINE

MEDICO A “SORPASSARE”; SPALMARE NEL SENSO DI DISTRIBUIRE, CHE NASCE DA

CONTESTI ECONOMICI).

Negli ultimi anni la lingua, che prima aveva come modello la lingua letteraria, fa riferimento ai

linguaggi tecnici, non più confinati nel loro ambito una volta crollato il valore della letteratura. E’ di

questo avviso Pasolini, che nel 1964 afferma la nascita dell’”italiano tecnico” nel saggio “Nuove

questioni linguistiche”. In questo modo si producono testi misti, a livello morfologico proliferano i

prefissoidi, sempre alla ricerca di un linguaggio brillante grazie al loro potere evocativo; sono

tecnicismi non di necessità ma di lusso.

Nonostante da più parti si profetizzi una imminente morte del dialetto, questo sopravvive ed anzi si

rafforza come tratto fortemente espressivo, di confidenza e familiarità. Si è affermata negli ultimi

anni una dialettofonia mista, un’alternanza fra dialetto ed italiano, a seconda del contesto e del

registro, e si è rivitalizzata la poesia e la musica dialettale. Insomma, diminuisce il numero di coloro

che usano solo il dialetto (dal 64% del 1951 al 7% del 2000), ma aumentano coloro che lo usano

occasionalmente.

Relativamente a questo discorso possiamo introdurre le definizioni di COLD SWITCHING

(PASSAGGIO DA UNA LINGUA AD UN’ALTRA ALL’INTERNO DI UN DISCORSO) e di COLD

MIXING (INSERIMENTO DEL DIALETTO IN UN DISCORSO ITALIANO E VICEVERSA). Ma fra

dialetto ed italiano c’è la zona intermedia degli italiani regionali, la realtà più frequente di linguaggio

utilizzato.

La provenienza geografica del parlante di percepisce dalla categoria delle parole pronunciate

(GEOSINONIMI: COCOMERO, ANGURIA, MELONE), dalla PRONUNCIA (SCEMPIAMENTO

DELLE DOPPIE AL NORD, RADDOPPIAMENTI A ROMA), dalla PROSODIA (INTONAZIONE,

INFLESSIONE E CALATA).

Pasolini afferma che esiste il CONSUMISMO LINGUISTICO, ossia parole ad altà deperibilità.

Fanno parte della categoria i NEOLOGISMI, con gli OCCASIONALISMI tipici del linguaggio

giornalistico, e i MODISMI, intercalari ed espressioni validi a tempo determinato. Vi sono

occasionalismi (es: TANGENTOPOLI) che generano modismi (es: CALCIOPOLI E

VALLETTOPOLI).

Politica linguistica del fascismo. Fu fortemente nazional-puristica; abbiamo dei prodromi anche

nell’età giolittiana, con la società culturale Dante Alighieri che nel 1913 tenne un convegno contro

le insegne esotiche dei negozi, mentre il Resto del Carlino fu anticipatore della xenofobia fascista.

Sotto il regime ci sono tre filoni: ANTIDIALETTALISMO, LOTTA CONTRO LE MINORANZE E

CONTRO I FORESTIERISMI. Nel 1934 il dialetto venne perfino bandito dalle scuole. A soffire della

xenofobia sono soprattutto le minoranze altoatesine e friulane. Contro i forestierismi, viene dato

incarico all’Accademia d’Italia nel 1940 di stilare elenchi di sostituzione di parole straniere con

italiane: alcune attecchirono (ASSEGNO PER CHEQUES, ARRESTO PER STOP), altre rimasero

ambivalenti (RIMESSA PER GARAGE, AUTOGOAL PER AUTORETE), altre non attecchirono

affatto (TASSELLATO PER PARQUET, OBBLIGATA PER SLALOM, UOVO SCOTTATO PER

UOVO ALLA COQ).

Pasquali e Migliorini invece indicano sostituzioni ancora più di successo: REGISTA E AUTISTA

PER REGISSEUR E CHAFFEUR. Con il passare del tempo e col crollo del regime, però, i risultati

vengono meno.

Antonio Gramsci, nei suoi Quaderni dal carcere, affronta problemi anche di tipo linguistico,

mettendo in luce il nesso tra lingua e società: se si dibatte sulla lingua, vuol dire che essa mette in

gioco qualcosa di nuovo e importante all’interno della società. In alcuni punti pone molta attenzione

alla grammatica, attaccando la posizione di Gentile che la reputava “relitto da abbandonare e non

da insegnare”. Per Gramsci esistono la GRAMMATICA NORMATIVA, costituita dall’insegnamento

reciproco, e la GRAMMATICA IMMANENTE, propria del parlante che si riflette e collide con quella

normativa. E’ ostile ai dialetti, considerati come regressivi e antiunitari.

Don Lorenzo Dilani fonda una scuola per i figli dei contadini e degli operai, ritenendo che solo il

possesso della lingua fa diventare veramente uomini, per non cadere in un deficit sociale, culturale

e politico; considera la lingua borghese una lingua piatta, astratta e stereotipa, che non fa crescere

chi la usa.

Fra il 1964 e il 1965 nasce la Nuova questione della lingua, da cui si evincerà che:

1) dopo secoli di dualità fra italiano orale e letterario, è nato un italiano unitario sotto la spinta

dell’industrializzazione: è un linguaggio dal fondamento tecnologico, irradiato soprattutto dalle città

del nord.

2) è un italiano fondato sull’impover

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A.A. 2013-2014
4 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Gerson Maceri di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della lingua italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Genova o del prof Testa Enrico.