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Gange.
La dinastia dei Fatidimi (973) si insediò invece in Egitto. Interessati all’area mediorientale e al Mediterraneo,
i Fatidimi fronteggiarono i Bizantini, gli stessi Abbasidi, e i crociati. Sul finire dell’Xl secolo si scontrarono
con i Selgiuchidi, una dinastia di stirpe turca ribellatasi all’emiro ghaznavide che nel corso dell’XI secolo
assunse la guida politica del mondo musulmano.
L'arrivo dei mongoli nel XIII secolo a Bagdad e la riconquista cristiana a Occidente segnano il periodo della
decadenza dell'impero islamico.
Il contesto culturale
Il declino della mu’tazila e la codificazione realizzata dalle scuole giuridiche avevano portato
all’affermazione della tradizione e delle correnti sunnite, in cui gli hanbaliti cercarono di opporsi ai costumi e
alle convinzioni nuove e alle pratiche sciite, mentre Ash’ari pose le basi di quella che sarà la teologia sunnita
che vedeva nel Corano e nella Sunna l’unica vera fonte. La sunna era seguita dalla maggioranza degli
abbasidi e dalla maggioranza degli abitanti di tante regioni del Vicino Oriente mentre la shi’a era propria dei
Buwayhidi, i potenti ministri del califfo, gli hamdanidi di Aleppo e dei Fatidimi che si professano in
particolare isma’iliti.
La presenza di tante correnti diverse determinò scontri politici e militari fra Abbasidi e Fatimidi e fra
Fatimidi e Omayyadi di Spagna. Questo però non determinò nessun tipo di blocco per la cultura che anzi
continuò a fiorire e molti poeti, letterati, filosofi e scienziati viaggiavano liberamente da un confine all’altro
del mondo islamico. Inoltre continuarono ad esserci molti corti e centri di potere di cultura araba a cui si
affiancarono la cultura persiana e quella turca.
La prima profonda spaccatura linguistica all’interno della Dar al-Islam la si ebbe proprio in questo periodo in
cui il persiano divenne anche lingua letteraria, grazie alla presenza in posti di potere, di alcune dinastie
iraniche (Samanidi del Hurasan e Buwayhidi in Iraq) e in questa nuova situazione l’arabo classico fu rilegato
a lingua di religione e di scienza, anche se in parte ancora utilizzato in questi campi da persiani e turchi. Ma
anche nei territori arabi e negli ambienti colti la ‘arabiyya era in recessione, anche perché oralmente si
preferiva usare il dialetto.
Baghdad restava comunque un importante centro culturale e godeva ancora di grande prestigio. La corte del
califfo continuò ad essere un modello sia per gli altri sovrani musulmani che per gli stessi visir abbasidi, i
quali si prodigavano nell’edificare ospedali od osservatori astronomici. Per quanto riguarda il mecenatismo,
durante questo periodo permise lo sviluppo della cultura e della conoscenza pur con le limitazioni dettate
dagli interessi del protettore e dalla precarietà dei rapporti che lo univano al beneficiario. Questo senso di
precarietà permeava anche poeti di corte e letterati ma anche katib e burocrati.
Nel X secolo nella Siria settentrionale, Aleppo divenne la capitale degli hamdanidi, di tendenze sciite, che
approfittando della situazione istituì due principati autonomi: uno in Siria e uno in Mesopotamia. Questa
famiglia risultò piuttosto sensibile alla salvaguardia della propria cultura, tra cui si ricorda il suo maggiore
esponente Sayf ad-Dawla, il quale oltre ad essere un abile uomo politico fu anche mecenate, la cui attività è
stata cantata da poeti e letterati.
I Fatimidi fecero del Cairo una città splendida e cosmopolita e ripreso un po’ la concezione statale del califfo
abbaside al-Ma’mun, creando un’amministrazione complessa e fedele alla dinastia. Caratteristica
dell’amministrazione egiziana era il pagamento di uno stipendio ai poeti, assunti anche come katib; in tal
mood la dinastia si assicurava la fedeltà degli intellettuali. Il Cairo, capitale di uno stato ricco e potente, era
luogo di incontro tra varie personalità provenienti da tutto il bacino Mediterraneo e dell’Oriente. Inoltre il
califfo fatimida aveva anche un indiscusso potere spirituale legato all’autorità dell’imam e di prova di Dio;
questo impegno religioso portò anche all’affermazione di un ruolo intellettuale come strumento di
propaganda religiosa (teologi, missionari e intellettuali erano strumenti di espansione e affermazione della
dottrina isma’ilita).
A Cordoba e nell’Andalus omayyade convivevano popoli, religioni, culture e lingue diverse che costituirono
un terreno fertile per scambi economici e culturali importanti anche per l’Europa. Gli Omayyadi spagnoli
erano profondamente conservatori e così seguirono il modello abbaside nell’organizzazione del califfato ma
adottarono una sola scuola giuridica, quella medinese Malikita, impedendo la diffusione delle altre. Come i
musulmani di Spagna si recavano alla Mecca in pellegrinaggio o andavano in Oriente per approfondire la
propria cultura, vi erano altri che invece, incuriositi dalla cultura scientifica o dal desiderio di affermazione,
si mettevano in viaggio verso l’Africa settentrionale e da lì verso la Spagna, tra cui molti provenivano dalla
Sicilia araba.
La produzione poetica e i poeti
La qasida non viene più coltivata solamente alla corte abbaside, ma anche e soprattutto nelle altre sedi, dove
il potere sia califfale che locale è al massimo splendore. Aleppo e la dinastia hamdanide, l’Egitto fatimida e
al-Andalus, sono le corti dove hanno operato i principali poeti ufficiali stretti al mecenate. Ci fu un forte
legame con il passato e con la tradizione, a cui i poeti si riallacciarono con la ripresa di motivi precedenti e
con sottili e frequenti echi di versi oramai considerati classici. Se però da una parte i temi delle qaside
encomiastiche sono gli stessi dei primi secoli abbasidi, le espressioni, le immagini e i rapporti interni al testo
mutano, in particolare verso il meraviglioso e l’aulico. Il panegirico non serviva più a mantenere una
memoria storia ma il poeta aveva l’obiettivo di punzecchiare l’immaginazione del pubblico, trasmettendo
una visione di grandezza e splendore. Le esigenze politiche e intellettuali dei mecenati richiedevano una
sempre più attenta riflessione sulla realtà e un’esaltazione dell’immaginazione.
Presso la corte di al-Andalus i poeti componevano attenendosi alla tradizione, inizialmente imitando i
modelli proveniente dall’Oriente. La qasida divenne un panegirico, dapprima di imitazione antica poi di
quella moderna irachena.
Nell’Egitto fatimida, a causa dei poeti stipendiati dalla dinastia califfale, vi erano spesso composizioni di
natura politica e di propaganda delle concezioni isma’ilite.
Al-Mutanabbi
Entrò in contatto con ambienti sciiti e aveva una visione piuttosto pessimistica della vita. Dedito
esclusivamente al mestiere di poeta con cui aspirava a raggiungere la fama e la ricchezza, si recò prima a
Baghdad e poi iniziò a peregrinare da una città all’altra. Dovette accontentarsi di lodare uomini borghesi e
burocrati fino a quando non riuscì a stare presso Sayd ad-Dawla, commentando con i suoi versi le gesta e le
qualità del sovrano hamdanide. Alla corte di Aleppo non era però l’unico poeta e a causa di discordie fu
allontanato e cadde in disgrazia. Per questo motivo restò nella capitale egiziana lodando colui che aveva
disprezzato precedentemente ma vuoi per gli screzi nati con il sovrano egiziano, vuoi per la nostalgia di
Aleppo, scappò e si stabilì poi a Baghdad. Dopo la sua morte gli estimatori continuarono a discutere sulla sua
attività e sulla priorità tra poesia antica e nuova. I critici lo hanno accusato di plagio mentre i suoi estimatori
hanno esaltato la sua capacità linguistica e l’immaginazione presente nelle costruzioni poetiche, tra cui la
metafora di cui è stato l’inventore. Dopo due secoli dalla sua morte si assicurò definitivamente la fama di
poeta arabo per eccellenza.
‘Abd Rabbih
Visse a Cordoba e oltre a comporre panegirici e poesie d’amore secondo lo stile tradizionale, compose anche
una poesia in cui canta le glorie di al-Rahman III. La sua opera principale è però la collana inimitabile, in 25
capitoli ciascuno con il nome di una pietra preziosa ed è una raccolta enciclopedica su diversi aspetti
culturali e sociali non solo di al-Andalus ma anche relativi al mondo abbaside.
Nel X secolo, mentre continua la raccolta di poesie esemplari e antologie a scopo soprattutto pedagogico, la
critica poetica partecipa al movimento di idee che si stava sviluppando nel mondo arabo ed entra in una
nuova fase caratterizzata da una pluralità di interessi e di elaborazioni intellettuali; si introduce ad esempio la
poetica in un sistema filosofico e si affronta il rapporto tra forma e contenuto, fra poesia e veridicità.
Al-Farabi
Uno dei più celebri filosofi musulmani, nacque da famiglia turca e studiò nel Khorasan. In un secondo
momento si trasferì presso Sayf ad-Dawla alla cui corte morì. Commentatore di tante opere di Aristotele, si
interessò anche alla Poetica. Nella sua elaborazione delle scienze, la logica viene legata alla grammatica e ala
prosodia, in cui il discorso umano è diviso in cinque classi, l’ultima delle quali è riservato a quello poetico;
all’interno di questo sistema, il filosofo arabo ha diviso i poeti in tre tipi: quelli dotati di dono naturale, quelli
dotati di tecnica e quelli incompetenti. Questo tipo di approccio pone in risalto l’importanza dell’ispirazione
poetica e quindi dell’immaginazione rispetto alla conoscenza delle tecniche metriche e linguistiche.
Al-Isfahani
Studiò a Baghdad dove svolse gran parte della sua attività sotto la protezione dei Buwayhidi, in quanto era
sciita. Trascorse alcuni anni anche alla corte di Sayf ad-Dawla a cui dedicò il Kitab al-aġani (il libro dei
canti), la sua massima opera; in quest’opera di circa 20 volumi, egli raccolse circa un centinaio di canzoni
famose, basandosi su fonti scritte dal VI al IX secolo e orali, permettendoci così di conoscere scrittori
precedenti, oltre che ad essere una fonte inesauribile di notizie sul mondo e la cultura araba.
Ibn Nadim
Visse a Baghdad facendo il copista e il libraio e frequentando filosofi, anche cristiani, e letterati con cui
condivideva l’ammirazione particolare per Aristotele e per le sue scienze. Il Fihrist, la sua opera maggiore, ci
è giunta in due redazioni: una breve che raccoglie le traduzioni in arabo da altre lingue (greco,siriaco) e i
libri arabi che le hanno imitate e una seconda, più ampia, divisa in dieci sezioni di cui sei comprendono le
scienze islamiche (il Corano e i testi riguardanti le tre religioni monoteiste, grammatica e filologia,
storiografia, poesia, teologia, diritto e tradizione) e quattro scienze non islamiche (filosofia e scienze