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Nel 9° secolo at-Tabarii scrisse il Kitaab ta’riikh ar-rusuul wa’l-muluuk, il Libro della
Storia dei Profeti e dei Re, in cui raccoglie le diverse versioni di uno stesso episodio, narrato
in ordine cronologico. Gli annali sono una delle opere più importanti grazie alla presenza di
numerose fonti e grazie al fatto che ci permettono di conoscere non soltanto gli avvenimenti
del Vicino Oriente fino al 10° secolo, ma anche di ricostruire la storiografia araba
antecedente e lo stile della prosa più antica. L’opera inizia con la creazione del mondo e
termina il 6 luglio 915.
Nella Casa della Sapienza si sviluppò una corrente scientifica interessata alla cosmografia
e alla descrizione della terra che impiegò anche numerose fonti non arabe. Si sviluppò
dunque la geografia inizialmente per questioni amministrative, come la riscossione delle
tasse e l’organizzazione del sistema di comunicazione fra le diverse zone del califfato e per
questioni politiche, come il controllo delle frontiere.
Ibn Hurdaadhbih scrisse su richiesta del califfo il Kitaab al-masaalik wa’l-mamaalik, il
Libro degli Itinerari e dei Regni, in cui l’organizzazione fa riferimento alla concezione che
fa del regno Abbaside il centro del mondo. Essa non è solo un’opera geografica, ma
contiene importanti informazioni tecniche e pratiche, come le distanze fra un luogo e l’altro,
gli itinerari, le imposte che ogni zona deve pagare, insieme a da versi e varie notizie.
Il Kitaab akhbaar as-Siin wa’l-Hind, Libro delle Informazioni sulla Cina e sull’India, è
una relazione di viaggio messa per iscritto da Sulaymaan per far sì che altri mercanti e
marinai avessero le sue stesse conoscenze. Costituisce la prima testimonianza scritta
dell’interesse nei confronti dello “straniero” e del meraviglioso.
L’epoca del decentramento e delle autonomie
I luoghi e la storia. Una serie di eventi quali la rivolta degli schiavi neri, l’anarchia delle
provincie orientali, la crisi socio-economica e l’incapacità di alcuni califfi, avevano
scatenato una crisi del potere centrale. Approfittando di questa debolezza, i principi locali
decisero di rendersi indipendenti da Baghdad, da cui era necessario ricevere la
legittimazione. Ne ricordiamo alcuni:
Poiché la situazione interna dell’Iraq non era molto lontana dal capitolare, il califfo
ar-Raadiii decise di investire un governatore con il titolo di amiir al-umaraa’,
principe dei principi, con il compito di proteggere l’autorità califfale.
Nelle provincie iraniche vi furono diverse dinastie non-arabe, come quella dei
Samanidi di Persia, che costituì un emirato sunnita autonomo in Transoxania e in
Khorasan.
Vi fu anche quella dell’Afghanistan, centro di un impero creato dal generale turco
Sebuktigin, fondatore della dinastia Ghaznavide.
Altro stato autonomo fu quello della Mesopotamia settentrionale, governata dalla
dinastia curda sunnita dei Marwànidi.
Nella Siria settentrionale vi fu la dinastia araba degli Hamdànidi, portata avanti
dall’emiro Sayf ad-Dawla, passato alla storia per il suo impegno politico e culturale.
Infine vi furono i Fatimidi, prima governatori in Nord Africa e poi in Egitto; presero
il loro nome da Fatima, figlia del profeta e moglie di ‘Alii, affermando di discendere
da lei. Erano ismailiti poiché riconoscevano come settimo imam Ismaa’iil, figlio di
Ja’far as-Saadiq. Inoltre, si riconoscevano come gli unici califfi legittimi poiché
chiamati da Dio affinché costituissero un dominio universale. Si posero dunque in
contrasto con Abbasidi e Omayyadi. Conquistarono l’Egitto nel 969 e il califfo al-
Mu’izz fondò il Cairo, una città che conobbe una grande espansione culturale,
economica e militare. Si originò la prima dinastia realmente egiziana che fuse
elementi bizantini, arabi e locali. I Fatimidi estesero il loro potere in Siria, Sicilia e
Palestina. Diedero vita inoltre ad un’intensa opera di propaganda dell’ideologia
ismailita che interessò i loro stessi territori, così come i quelli degli avversari e che
perlopiù venne rivolta alle classi alte.
Nel frattempo il mondo islamico dovette confrontarsi con una nuova minaccia proveniente
dall’est nel 1050: i Turchi Selgiuchidi entrati a Baghdad, presero il potere conquistando
Iraq e Siria ed eliminarono di fatto il califfo, governando in suo nome.
Nel nono secolo al-Andalus subì numerose tensioni interne di tipo politico, ma agli inizi del
secolo successivo conobbe uno dei periodi più splendidi dell’Islam occidentale, con capitale
Cordoba. L’emiro omayyade ‘Abd ar-Rahmaan III nel 925 diede un taglio netto alla
dipendenza dagli Abbasidi proclamandosi califfo, e costituendo un argine contro le mire
espansionistiche e religiose dei califfi fatimidi. Tuttavia ben presto questo califfato subì
l’attacco delle forze cristiane da settentrione, determinandone la caduta.
Il contesto culturale. Non solo il declino dell’ideologica mutazilita, ma anche l’affermarsi
delle scuole giuridiche avevano portato al completo sviluppo della corrente sunnita. Proprio
in questi anni gli Hanbaliti cercarono di respingere nuovi costumi e convinzioni, mentre
Ash’arii sintetizzò tradizione e speculazione teologica in quella che sarà la teologia sunnita.
Mentre gli Abbasidi e la maggior parte delle popolazioni del Vicino Oriente seguivano
rigidamente la Sunna, la Shi’a venne seguita dai ministri del califfo, dagli Hamdànidi e dai
Fatimidi.
All’interno dell’Islam vi erano diverse correnti, fatto che portò a numerosi scontri politici e
militari, ma anche e soprattutto a diversi momenti di dibattito e confronto. Infatti la
divisione politica, i vari disordini sociali e la debolezza interna dello Stato non fermarono
idee e correnti di pensiero, poiché numerosi poeti, letterati, teologi e filosofi viaggiavano
liberamente da uno stato all’altro.
In questo periodo si realizzò una prima grande frattura interna, a livello linguistico, con il
crescente uso del persiano, ora lingua letteraria, grazie alla presenza di dinastie iraniche,
come i governatori samanidi e i ministri iracheni, relegando l’arabo classico a lingua di
scienza e religione nei territori orientali. L’arabo era comunque in declino e con esso alcune
regole grammaticali, come l’i’raab, il cui uso veniva considerato come un segno di
affettazione. Infatti nel parlato si usavano molto più spesso delle forme dialettali, mentre
l’arabo orale fu usato soltanto in occasioni solenni. Ciononostante il numero sempre
crescente di non-arabi facenti parte della classe dirigente e bisognosi di un’adeguata
preparazione linguistica fece sì che nascesse una didattica dell’arabo; in tal modo gli studi
grammaticali e filologici raggiunsero il loro apice nella scuola di Baghdad, perfetta sintesi
delle scuole di Kufa e Basra.
La capitale dell’impero abbaside, Baghdad, nonostante le numerose tensioni, manteneva
l’antico prestigio e le attività culturali non mancavano mai, tanto che i visìr abbasidi si
occuparono del sostegno di scienziati, artisti e della promozione di biblioteche, osservatori
astronomici e ospedali. Il mecenatismo continuava ad essere pratico e come in precedenza
era caratterizzato da una certa precarietà che univa mecenate e beneficiario, la quale era
causa di violenti scontri e rivalità. Lo stesso senso di instabilità si percepiva anche tra kaatib
e burocrati, legati spesso da rapporti di clientela con i più potenti, cosa che provocò
l’avanzamento di corruzione, e disorganizzazione all’interno dell’amministrazione statale.
I Fatimidi resero il Cairo una città cosmopolita, luogo di incontro di persone provenienti da
tutto il bacino del Mediterraneo e dell’Oriente; loro prerogativa era il pagamento di una
sorta di stipendio ai poeti che venivano assunti anche come kaatib, così da garantirne la
fedeltà.
A Cordoba convivevano popoli, religioni e culture diverse che crearono un terreno fertile
per scambi commerciali e culturali. Gli Omayyadi spagnoli erano conservatori e al fine di
salvaguardare la propria identità decisero di seguire il modello abbaside nell’organizzazione
del califfato e di adottare la visione della scuola giuridica malikita, impedendo la diffusione
delle altre.
La produzione poetica e i poeti. La qasiida continua ad avere un valore encomiastico, perciò
venne maggiormente impiegata nei centri di massimo splendore, quali Aleppo appartenente
agli hamdànidi, l’Egitto dei fatimidi, al-Andalus; esse rappresentano infatti le corti dove
hanno lavorato i principali poeti ufficiali legati da un rapporto di clientela.
Sayf ad-Dawla divenne personificazione dell’ideale cavalleresco arabo, tanto che diversi
poeti gli hanno dedicato versi elogiativi, descrittivi e sapienziali, nonché numerose qaside
esempio delle nuove tendenze dell’epoca. Ciò ci fa capire come il legame con il passato, da
cui si riprendono i temi, fosse sempre persistente, mentre il taglio è netto nelle espressioni,
le immagini e i rapporti interni al testo che subiscono un cambiamento in direzione del
meraviglioso e aulico. Ciò avvenne in rapporto con la nuova funzione dei panegirici, non
più quella di preservare la memoria del passato, ma quella di colpire l’immaginazione del
pubblico delle riunioni ufficiali con immagini di grandezza e splendore.
Al-Mutanabbii fu poeta ufficiale di Sayf ad-Dawla; nelle sue qaside scelse di fondere la
struttura classica con le innovazioni espressive e contenutistiche. Grande conoscitore
dell’arabo classico, lo usò per costruire una poesia complessa a livello sintattico, ricca di
parallelismi e opposizioni grammatica e concettuali, allitterazioni e anacoluti, volti a
sottolineare i concetti e gli stati d’animo. Dopo aver avuto problemi con Sayf, si recò in
Egitto, sollecitato da Kaafuur, proveniente dalla Nubia. Compose in suo onore delle poesie
per circa un anno, per poi abbandonarlo quando gli negò una terra da governare. A questo
punto contro di lui rivolse numerose poesie di invettiva.
Nei temi amorosi inserisce immagini e motivi stereotipati che riflettono la sua misoginia. Da
poeta ufficiale di Aleppo scrisse numerose qaside che illustravano i vari successi militari e
gli avvenimenti ufficiali della corte. È autore inoltre di calchi di espressioni e della
rielaborazione di cliché precedentemente usati, tanto da venire accusato di plagio.
Il panegirico è il tema principale del suo diiwaan, insieme alla satira e all’elogio funebre.
Talvolta è presente un tema personale che si pensa possa rimandare alla sua concezione
religiosa, ma un’attenta lettura riv