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CASO DEGLI AMERICANI.
Figura importante all’interno del panorama statunitense di questo periodo è Roger Fenton,
fotografo di origini britanniche famoso per essere uno dei fondatori della Royal Photographic
Society.
Fenton era famoso nel Regno Unito per le vedute architettoniche scattate nella capitale e per
l’incarico di fotografare la famiglia e le dimore reali.
Significativo fu anche il reportage fotografico sulla guerra di Crimea, in occasione di cui operò con
una dotazione imponente per l’epoca (più macchine fotografiche, centinaia di lastre di vetro e
prodotti chimici).
Esempio. La valle dell’ombra della morte:
Carta salata da negativo al collodio umido
Esposizione dai 3 ai 20 secondi
Considerata il prototipo della foto come reportage di guerra.
Si è discusso molto sulla possibilità che questa foto fosse frutto di una messa in scena.
Altro esempio di foto come reportage di guerra ci viene fornito da Thimoty O’Sullivan,
imprenditore di successo e ritrattista fotografico. Egli era allievo del dagherrotipista Brady, il quale
preparò una squadra di fotografi, tra cui O’Sullivan, ciascuno dei quali doveva viaggiare con
l’esercito dell’Unione ed era dotato di un proprio vagone con camera oscura.
Siamo in piena guerra civile quando O’Sullivan scatta La raccolta di morte:
Stampa all’albumina
Mostra il dramma della guerra attraverso i corpi dei soldati caduti
Foschia mattutina sullo sfondo e uomo a cavallo che richiama l’attenzione dello spettatore.
Negli anni ’60 dell’800, Carleton Watkins scatta una serie di foto nella Yosemite Valley,
importanti perché spinsero il governo a fare di quest’area un’area protetta.
Nello scattare queste foto, la volontà di Watkins è quella di catturare la rappresentazione di una
natura ancora non contaminata, che sarà conquistata solo dopo dall’uomo bianco.
Spesso il punto di vista è rialzato, in modo da enfatizzare l’estensione dei panorami.
I progressi tecnologici alla fine del XIX secolo.
Le primissime fotografie non contemplavano la possibilità di registrare il movimento, possibilità
che viene raggiunta solo negli anni ’70-’80 del XIX secolo.
Nel 1873, Eadweard Muybridge scatta delle foto che rappresentavano i vari movimenti compiuti
da un cavallo, incarico che gli viene commissionato dall’ex governatore della California Stanford, il
quale possedeva una scuderia di cavalli da corsa.
Per ottenere questo risultato egli dispose 12 macchine fotografiche lungo la pista da corsa, ognuna
delle quali munita di un otturatore. Università degli Studi di Cagliari,
Facoltà di Beni Culturali e Spettacolo, corso di Teoria e Storia della fotografia/e.
Docente: David Bruni.
Roberta Carta
Anno accademico 2018/19.
Sulla pista aveva steso dei fili metallici collegati a degli interruttori elettrici: il cavallo, galoppando,
rompeva i fili, un’elettrocalamita faceva scattare gli otturatori e venivano così scattati i negativi.
Le foto ottenute si presentavano come delle silhouette, che mostrano come durante la fase del
galoppo ci sia un momento in cui tutte e quattro le zampe del cavallo sono sollevate da terra.
Muybridge pubblica delle tavole di undici volumi intitolati “Il comportamento degli animali in
movimento”: si tratta di oltre 200 tavole, il cui sfondo era costituito da una tela bianca e che
avevano un’apparenza bidimensionale.
Muybridge si dedica poi anche alla figura umana, quasi come se il suo obiettivo fosse quello di
creare un atlante visivo di figure animali e umane in movimento.
Progressi tecnologici:
Non occorre più portarsi dietro la camera oscura sul luogo, in quanto ora le lastre
conservano la sensibilità alla luce per mesi e possono essere sviluppate anche molto
tempo dopo l’esposizione.
Si perfeziona l’emulsione alla gelatina, ampliando la sensibilità allo spettro cromatico.
Si possono dunque impiegare filtri colorati sugli obiettivi per accentuare o eliminare i colori.
Introduzione delle lastre a gelatina asciutta.
Perfezionamento degli obiettivi, degli otturatori.
Riduzione del volume delle macchine.
Macchine portatili, alcune delle quali possono caricare lastre fino a dodici pose.
“macchine detective”, in quanto permettono di fotografare i soggetti senza che questi ne
siano consapevoli.
Invenzione della polvere di magnesio, prototipo del flash moderno.
La rivoluzione più importante di questo periodo è tuttavia l’invenzione della Kodak, costruita e
ideata da George Eastman e messa sul mercato a partire dal 1888.
Il nome “kodak” viene coniato dall’inventore stesso combinando le lettere K, O, D, A in modo del
tutto arbitrario.
L’apparecchio alla base della Kodak è la cassetta, di dimensioni 82x95x165 mm, che dispone di un
rullo con pellicola di una lunghezza sufficiente per 100 pose.
La Kodak viene venduta già caricata e nel prezzo di 25 dollari è inclusa anche la fase di sviluppo e
stampa da ogni negativo si ricava una stampa a contatto, poi montata su cartoncino di color
cioccolata con bordi colorati.
La lastra asciutta, le pellicole velocissime, gli obiettivi fissi e gli otturatori rapidi sono tali da
rendere la Kodak semplice per chiunque, tanto che lo il suo slogan diventa “Voi premete il bottone,
noi faremo il resto!”.
Con la Kodak l’atto di scattare foto diventa una moda le persone scattano foto per preservare la
memoria familiare, altri si dedicano alle strade e ai paesaggi.
Nel suo manoscritto, Eastman definisce la Kodak un “taccuino fotografico”, in quanto alla portata
di qualsiasi essere umano che volesse conservare un ricordo di ciò che vedeva.
Le immagini scattate con la Kodak sono definite snapshots, cioè istantanee, termine
originariamente utilizzato dai cacciatori per descrivere i colpi esplosi senza prendere la mira: le
prime Kodak erano infatti prive di mirino.
L’invenzione della Kodak favorirà l’emerge di nuove tendenze fotografiche, molte delle quali legate
alla documentazione degli strati più umili della società. Università degli Studi di Cagliari,
Facoltà di Beni Culturali e Spettacolo, corso di Teoria e Storia della fotografia/e.
Docente: David Bruni.
Roberta Carta
Anno accademico 2018/19.
Nasce in questi anni una prima forma di fotogiornalismo, anche se inizialmente sono le riviste e
non i quotidiani a impiegare le immagini fotografiche.
Tra i maggiori esponenti di questo filone abbiamo Jacob Riis, emigrato danese giunto anni prima
negli Stati Uniti. Egli conosce la povertà e tutto ciò che la lotta per la sopravvivenza comporta.
Nel 1890 pubblica “Come vive l’altra parte della città”, libro fotografico contenente riproduzioni a
mezzatinta di altrettante fotografie e che perciò conserva un’ampia tiratura.
Egli utilizza la polvere di magnesio per illuminare gli interni, con i loro abitanti ammassati, che ci
restituiscono delle immagini crude e penetranti.
Esempio. Il covo dei banditi, 1883, stampa alla gelatina-sale d’argento dal negativo originale.
Casa di una straccivendola italiana, 1887, stampa alla gelatina-sale d’argento da
negativo originale. Richiamo all’iconografia della madonna con bambino.
Inquilini della casa popolare di Bayard Street. Cinque centesimi a notte, 1889-1890.
Jacob Riis lavorava anche come fotografo per la polizia e pare che avesse fatto irruzione
in questo alloggio popolare insieme a un poliziotto e che avesse quindi scattato la foto.
I personaggi appaiono storditi, forse perché interrotti nel loro riposo.
La prospettiva sembra sfalzata, dovuta quasi certamente all’uso di un obiettivo
grandangolare.
Con la nascita del fotogiornalismo e la stampa a mezza tinta si ha:
Evoluzione dell’impaginazione
Evoluzione del rapporto tra parola scritta e immagini
Possibilità di manipolare il messaggio che si vuole comunicare attraverso la manipolazione
fotografica.
La fotografia all’inizio del XX secolo.
All’inizio del XX secolo, in Europa e negli Stati Uniti trova consacrazione definitiva il
pittorialismo, È opinione comune che, soprattutto in ambito fotografico, l’Ottocento rimanga il
modello guida fino più o meno agli anni ’10 del Novecento e fino alla fine della Prima Guerra
Mondiale si potrà ancora parlare di dinamiche che ricordano logiche ottocentesche.
I pittorialisti di questi anni reagiscono a quello che era il processo di democratizzazione della
fotografia attraverso uno stile fotografico raffinatissimo ed elitario.
Ormai, grazie ai progressi tecnologici che hanno investito le pellicole e gli obiettivi e all’invenzione
della Kodak, sono tantissimi quelli che sono in grado di fotografare anche semplicemente a livello
amatoriale.
L’attività dei pittorialisti, inoltre, non è solo pratica ma trova un grande riscontro a livello teorico e
critico.
L’estetica del pittorialismo si può considerare legata a una serie di eventi:
Nel 1900 si tiene a Londra e a Parigi la mostra dedicata a “La nuova scuola di fotografia
americana”.
Nel 1902 si tiene a New York la “Photo-Secession”, nello stesso anno in cui Stieglitz
organizza la mostra “American Pictorial Photography”.
Nel 1903 esce il primo numero di “Camera Work”, rivista ufficiale del movimento, che
nasce dalle ceneri di Camera Notes, organo ufficiale dei fotoamatori diretto da Stieglitz.
Nel 1908, nelle sale della galleria 291, si tengono le personali di Matisse e Rodin.
Università degli Studi di Cagliari,
Facoltà di Beni Culturali e Spettacolo, corso di Teoria e Storia della fotografia/e.
Docente: David Bruni.
Roberta Carta
Anno accademico 2018/19.
Nel 1910, a Buffalo, si tiene la mostra “International Exhibition Pictorial Photography”,
organizzata anch’essa da Stieglitz.
Nel 1914 esce l’ultimo numero di Camera Work, monografico, interamente dedicato al
fotografo Paul Strand.
Una delle tecniche più utilizzate dai pittorialisti è la stampa alla gomma bicromatata: stampa a
contatto l’immagine si forma su un foglio di carta su cui viene stesa una miscela di gomma
arabica e di materiale fotosensibile. Il foglio viene esposto a contatto con il negativo alla luce di una
lampada a vapori di mercurio. Le parti maggiormente illuminate si induriscono, mentre le altre
rimangono solubili in acqua.
I pittorialisti furono anche i primi a sperimentare le foto a colori attraverso il procedimento di
autocromia, dovuto ai fratelli Lumiere nel 1904.
Nelle foto pittorialiste traspare anche una sorta di competizione con la pittura sia a livello di temi
e di iconografi