Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
L’esercizio delle volontà generale la cui funzione è quella di emanare
leggi, risiede nella sovranità del popolo intendendo una realtà assoluta
inalienabile e indivisibile. Esistono tre forme di governo: democrazia,
aristocrazia e monarchia e lui predilige l’aristocrazia elettiva.
Kant: rappresenta il Criticismo in quanto fa della critica lo strumento
• per eccellenza. Per critica si intende quell’atteggiamento filosofico che
consiste nell’interrogarsi programmaticamente circa il fondamento di
determinate esperienze umane ai fini di chiarirne la possibilità, la
validità e i limiti. Frutto emblematico di questo atteggiamento sono La
critica della ragion pura, la critica della ragion pratica e la critica
25
del giudizio. La critica della ragion pura: è un’analisi critica dei
fondamenti del sapere e poiché ai tempi del filosofo l’universo del
sapere si articolava in scienza e metafisica, la sua ricerca prende la
forma di un’indagine valutativa circa queste due attività della mente. Da
qui le quattro domande. I giudizi sintetici a priori sono le verità
universali e necessarie alla base del sapere che valgono ovunque e
sempre allo stesso modo. Sono giudizi perché consistono
nell’aggiungere un predicato a un soggetto e sintetici perché il predicato
dice qualcosa di nuovo e di più rispetto ad esso; a priori perché essendo
universali e necessari non possono derivare dall’esperienza. Essi sono
diversi dai giudizi analitici a priori e dai giudizi sintetici a posteriori. Il
problema di fondo del capolavoro di Kant e capire come sono possibili i
giudizi sintetici a priori che risolve con una nuova teoria della
conoscenza concepita come sintesi di materia e forma ossia di un
elemento a posteriori e una a priori. La rivoluzione copernicana è il
mutamento di prospettiva realizzato da Kant il quale, invece di supporre
che le strutture mentali si modellino sulla natura, suppose che l’ordine
della natura si modelli su strutture mentali; ossia come l’astronomo
polacco giunge a ribaltare il rapporto fra gli altri e lo spettatore e quindi
fra terra e sole, così Kant giunge a ribaltare i rapporti tra soggetto ed
oggetto. La critica della ragion pura studia la dottrina degli elementi
che si propone di mettere in luce le forme a priori e si divide in estetica
trascendentale che studia la sensibilità e le sue forme a priori (spazio
tempo) e logica trascendentale che studia il pensiero discorsivo e si
divide in analitica che studia l’intelletto e le sue forme a priori ossia le
categorie (fisica) e la dialettica che studia la ragione e le sue forme a
priori ossia le idee (metafisica). Poi troviamo la dottrina del metodo
che si propone di chiarire l’uso degli elementi ovvero il metodo della
conoscenza. L’altra opera importante è la Critica della ragion pratica il
cui titolo originale era inizialmente pura pratica: in quest’opera Kant
ritiene che, in sede morale, la critica non debba riguardare la ragion pura
pratica la quale è un’attività che opera legittimamente a priori, bensì la
ragione empirica pratica ovvero la pretesa, proprio di quest’ultima, di
costruire l’unico motivo dell’azione. Tratta della legge morale, del
dovere, e degli imperativi categorici. La terza critica è quella del
giudizio. Per giudizio Kant intende una facoltà intermedia tra il
conoscere, che cade sotto la giurisdizione dell’intelletto, il desiderare
che cade sotto la giurisdizione della ragione; intesa in questo senso
26
specifico, la facoltà di giudizio si identifica con la facoltà del sentimento
la quale ha come principio trascendentale il concetto di finalità.
Il Romanticismo: intorno al 1700. La filosofia in età romantica si riflette nel
- pensiero dei massimi esponenti dell'idealismo, in particolare di quello tedesco,
rappresentato da Fichte, Schelling ed Hegel; esso fu però anticipato da Kant,
che nella Critica del Giudizio aveva aperto la strada alla concezione della
natura come inesauribile e spontanea forza vitale dove si esprime la divinità. È
importante inoltre evidenziare che l'idealismo non si identifica come la
filosofia del Romanticismo, pur risultando a pieno titolo la sintesi meglio
riuscita della corrente: colui che riuscì maggiormente a interpretare la
sensibilità romantica fu Schelling, soprattutto per l'importanza attribuita al
momento estetico dell'arte, e al mito; sarà invece l'idealismo di Hegel a dare
adito a pesanti critiche al Romanticismo, pur eccependone i princìpi cardine,
contestandone la svalutazione delle facoltà non solo intellettuali ma anche
razionali dell'individuo. La filosofia romantica proponeva infatti un
superamento della filosofia illuminista, il cui massimo esponente, Immanuel
Kant, pur tracciando le fondamenta del sapere umano con l'attribuzione
all'intelletto (facoltà del finito) della possibilità di costruire scienza, aveva
relegato però la ragione unicamente all'ingrato compito di rendere conto dei
limiti della conoscenza umana e conseguentemente dell'impossibilità di
fondare la metafisica. La posizione di Kant era stata in parte ripresa da Fichte,
il quale rivalutò l'intuizione e accentuò l'impossibilità di cogliere
l'Assoluto con la sola ragione. Mentre il Romanticismo predicava così una
sostanziale incapacità della ragione nel cogliere la più intima essenza della
realtà, contrapponendo ad essa il sentimento, l'ironia e l'istinto, l'idealismo
hegeliano intendeva invece attingere all'assoluto proprio mediante l'uso
della razionalità (intesa in Hegel quale espressione dello spirito immanente alla
realtà).
L’idealismo: la massima incarnazione del Romanticismo filosofico è
- l’idealismo che, infrangendo i limiti conoscitivi posti da Kant, inaugura una
nuova metafisica dell’infinito. In senso lato, si parla di idealismo a proposito di
quelle visioni del mondo, come ad esempio il platonismo e il cristianesimo, che
privilegiano la dimensione ideale su quella materiale e che affermano il
carattere spirituale della realtà vera. In Kant l’io era qualcosa di finito in
quanto non creava la realtà ma si limitava ad ordinarla secondo forme a priori.
Per questo sullo sfondo dell’attività dell’io si stagliava il concetto di cosa in sé.
I seguaci immediati di Kant avevano messo in discussione la cosa in sé,
27
ritenendola gnoseologicamente e criticamente inammissibile. L’idealismo
sorge allorquando Fiche, spostando il discorso dal piano gnoseologico (o di
dottrina del conoscere) al piano metafisico (o di dottrina dell’essere), abolisce
lo spettro della cosa in sé ovvero la nozione di qualsivoglia realtà estranea
all’io che in tal modo diviene un’entità creatrice ed infinita. Da ciò la tesi tipica
dell’idealismo tedesco secondo cui tutto è spirito.
Fichte: Kant aveva riconosciuto nell’io penso il principio supremo di
• tutta la conoscenza, ma l’io penso è un atto di autodeterminazione
esistenziale che suppone già data l’esistenza; è quindi attività limitata e
il suo limite è costituito dall’intuizione sensibile. Per Fichte invece l’io è
infinito poiché tutto esiste nell’io e per l’io; infatti l’io fichtiano è un
principio formale e materiale a cui si deve non solo forma della realtà
ma la realtà stessa. La deduzione di Fichte è una deduzione assoluta o
metafisica perché deve far derivare dall’io sia il soggetto sia l’oggetto
del conoscere. I tre momenti della deduzione fichtiana: tesi: l’io pone
se stesso come attività autocreatice e infinita, come condizione
incondizionata di se stesso e della realtà, come principio primo del
sapere; antitesi: l’io pone il non-io ossia per realizzarsi come attività,
l’io è costretto a contrapporre a se stesso, in se stesso, qualcos’altro da
sé; la sintesi: l’io oppone,nell’io, ad un io divisibile un non-io divisibile
avendo posto il non-io, l’io si trova ad esistere sotto forma di io
divisibile (molteplice e finito) limitato da una serie di non-io altrettanto
divisibile (molteplici e finiti). Le due strade della filosofia:
dogmatismo che punta sulla cosa astraendo dall’io e parte dall’oggetto
per arrivare al soggetto e questo riguarda la filosofia della necessità;
l’altra è l’idealismo che punta sull’io astraendo dalla cosa e parte dal
soggetto per arrivare all’oggetto e questo riguarda la filosofia della
libertà. La dottrina morale: l’idealismo etico afferma che l’io
determina il non-io mediante la libertà e il dovere realizzandosi come
compito morale infinito e sforzo mail concluso di spiritualizzazione del
mondo; poi si passa al primato della ragion pratica che in Kant allude al
fatto che la morale ci dà sotto forma di postulati, in Fichte allude al fatto
che l’io risulta attività conoscitiva solo per poter agire; il moralismo
secondo cui l’io esiste in vista dell’azione morale e il non-io esiste alla
stregua di materiale dialettico dell’attività dell’io. Secondo Fichte il fine
dell’uomo in società è quello di farsi liberi e di rendere liberi gli altri in
vista della completa unificazione e concordia di tutti gli individui; la
28
missione del dotto in quanto educatore e maestro dell’umanità, è quella
di additare i fini essenziali del vivere insieme e di segnalare i mezzi
idonei per il loro conseguimento, in vista del perfezionamento
progressivo della specie. In conclusione il compito supremo dell’uomo
è quello di avvicinarsi in definitivamente alla perfezione.
Hegel: I capisaldi del sistema: le tesi di fondo del suo idealismo sono
• la rivoluzione del finito nell’infinito, l’identità tra ragione e realtà e la
funzione giustificatrice della filosofia. Per quanto riguarda il finito e
infinito Hegel afferma che coincidono in quanto il finito è
manifestazione e momento necessario dell’infinito ossia assoluto, Dio e
Spirito. L’infinito o Dio è il soggetto spirituale in divenire che si realizza
progressivamente in tutti i suoi momenti e che solo alla fine acquista
piena coscienza di se. Ragione e realtà: L’idea o Ragione ossia lo
Spirito come movimento è identità totale e necessaria di: ragione e realtà
ossia la ragione non è un’astrazione ma la forma