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LA NATURA NON MENTE.
Riflessione sulle altre filosofie: la natura non mente: le concezioni puramente oggettive che hanno origine
dall’osservazione di essa dunque non possono essere false in toto (se questa concezione è stata sviluppata in
modo consequenziale). Queste concezioni nel peggiore dei casi saranno unilaterali e incomplete: come il
materialismo coerente di Epicuro e l’idealismo assoluto di Berkeley: sono simultaneamente vere, ognuna dal
proprio specifico punto di vista, ma aldilà di questo sono vere solo in senso relativo. Secondo Schopenhauer
anche queste concezioni, seppure rozze, contengono l’affermazione che l’essere vivente non subisce a opera
della morte nessun annientamento assoluto.
Gli antichi comprendevano meglio l’essenza in quanto più vicini all’origine del genere umano, l’esempio è
quello degli Upanisad, un insieme di testi religiosi e filosofici indiani scritti in sanscrito (IX ac – IV ac).
La natura non mente mai: lasciandoci in balia di ogni pericolo ci fa capire quanto sia indifferente la nostra
sopravvivenza. Ugualmente ce lo mostra lasciando vivere per molto più tempo esseri inorganici che noi
reputiamo meno importanti. Il continuo ripetersi di nascite e morti è solo relativo e superficiale e non ha
nulla a che fare con la vera realtà. La distruzione dei fenomeni non intacca l’essenza, non la riguarda. Non
è possibile che tutti gli esseri viventi, nascendo, si generino dal nulla, come è impossibile che morendo
scompaiano nel nulla: ciò che nasce e muore non è altro che il medesimo essere che ha subito qualche
trasformazione. «La morte è per la specie ciò che il sonno è per l’individuo». La natura si basa sullo schema del
ritorno: il suo simbolo autentico è per questo il cerchio (rappresenta il continuo ritorno e l’immortalità della
natura e della essenza). La volontà di vivere si radica propriamente nella specie. In essa si manifesta come
impulso sessuale e cura della prole. La perpetuazione della specie è lo scopo della volontà. Nell’individuo si
manifesta come fame e paura della morte. Gli individui sono il mezzo adoperato dalla volontà per il
perpetuo della specie.
Il niente empirico in cui ci sembra scompaiano gli individui, non può essere in alcun modo assoluto, lo si
vede dall’esempio empirico dei geni (caratteri dei genitori) che si ritrovano nei figli, superando dunque la
morte. L’essenza per l’intuizione universale non diventa nulla, per la ragione è transizione. L’idea (il genere)
è manifestazione della volontà di vivere. Schopenhauer per spiegare la differenza tra il fenomeno e la cosa in
sè si rifà ai due modi della generazione:
1) generazione dal punto di vista dell’autocoscienza, che è costituito dalla volontà. Si presenta come
voluttà (=appagamento più immediato e completo della volontà) ed è un impulso impetuoso e cieco.
2) Dal punto di vista della coscienza delle altre cose. Esteriormente e oggettivamente questo atto è la base
fondamentale dell’organismo animale. Visto come l’opera più fatico della riflessione più profonda.
La nostra specie si eleva al di là del tempo e rimane sempre giovane, il nostro essere in sé dunque vive in un
perpetuo presente. Il sostrato, la materia di cui è costituito il presente, è sempre lo stesso. Non riconosciamo
questa identità solo a causa della forma del tempo prodotta dal nostro intelletto: essa ci conduce all’errore.
Questo avviene in realtà perché il nostro intelletto non è fatto per comprendere la natura delle cose (la cosa
in sé), ma piuttosto per comprenderne i motivi. Egli scrive che nella parola IO si cela l’equivoco più grande,
cioè appunto l’individuo non si riconosce immortale perché si guarda dall’interno e si riconosce come
volontà, ma dall’esterno egli riconosce di essere solo uno dei tanti individui e di essere identico al genere. La
conoscenza ci mostra la mosca di ieri e quella di oggi come due cose fondamentalmente diverse, ma si tratta
della conoscenza del fenomeno della cosa in sé: l’essenza autentica delle cose è imperitura. La specie è
immortale, e i singoli individui, che ne hanno coscienza, si identificano con essa.
Schopenhauer vuole inizialmente dimostrare l’aspetto positivo di questa scoperta e ribadisce di starsi
Dottrina kantiana dell’idealità del tempo: il tempo non è prerogativa della cose in sé perché appartiene al
conoscere e quindi al soggetto. Per K. il tempo è riflesso di eternità e il nostro intelletto non coglie l’essenza ultima
delle cose, ma la loro mera manifestazione fenomenica. Schopenhauer aggiunge che l’intelletto è destinato a far
perseguire alla volontà i suoi scopi. A Kant si deve la scoperta che ha reso evidente come il Tempo, essendo una 8
nostra modalità conoscitiva, non può appartenere alla cosa in sé. La diretta conseguenze di questa scoperta è per
Schopenhauer che la morte si dà come fine solo per il fenomeno temporale e che una volta tolto il tempo perde di
significato.
Storia della filosofia morale L’esistenza e il nulla
attenendo ad una “via oggettiva”. L’assenza del tempo nella cosa in sé fa si che nei fenomeni sottoposti al
tempo vi sia un nocciolo di eternità . La manifestazione diretta della cosa in sé si trova nell’idea platonica.
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Idea platonica = oggettività adeguata della volontà come cosa in sé : il soggetto le può conoscere solo
eccezionalmente e in modo transitorio. Per la conoscenza individuale nel tempo , l’idea si presenta sotto
forma di SPECIE, oggettivazione più immediata della cosa in sé.
La filosofia deve partire da un punto di vista soggettivo, ossia idealistico. Secondo Schopenhauer il sostenere
che la nascita sia l’inizio assoluto dell’uomo deve implicare anche l’idea che la morte ne sia la fine assoluta.
Non vi sarebbe una coerenza di senso nel credere ad una infinità dopo la morte (ove sopravvive la nostra
coscienza) e non ad unpassato infinito prima della nascita.
CAP 42: LA VITA DEL GENERE (PAG 651).
La vita del genere (gattung) fa riferimento già nella parola stessa al generare. La radice greca e latina (genus)
fa riferimento sia all’atto di generazione in quanto tale sia alla generazione universale.
L’uomo in quanto tale è un’idea platonica , il nucleo indistruttibile di ogni individuo. L’individuo uomo
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invece è la forma di presenza dell’essere, cioè è manifestazione mediata dell’essere in sé e per sé. L’uomo in
sé è invece manifestazione diretta della volontà che si oggettivizza, è idea platonica. La volontà sembra
manifestarsi come desiderio sessuale che porta l’uomo a generare (appunto) e a portare avanti il proprio
genere. Questo desiderio fisico è la volontà di riprodurre la vita, di oltrepassare la morte e il limite della vita.
Esiste un forte collegamento fra l’intelletto vivace e il desiderio sessuale. Questo intelletto è più vicino al
vero perché fortemente intuitivo, questo significa che forme di vita (il desiderio sessuale) e le forme della
conoscenza (intelletto vivace) sono fortemente legate.
Il desiderio sessuale e la morte sono le due principali forme di presenza della volontà di vita, sono cioè
apparire della metafisica della volontà. Infatti quest’ultima è un movimento di contrazione ed espansione, e
la sua contrazione in forma di presenza è la morte, mentre la sua espansione è la riproduzione. La volontà
di vita che è unica fa spazio a se stessa per generare le proprie differenze (presenze). Queste differenze sono
fra loro in conflitto ontologico, ciascuna quindi motivata dalla volontà di vivere. Per Schopenhauer il
conflitto è fisiologico ed originario, mentre la pace è patologica . Dunque per Schopenhauer l’agire etico non
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può adeguarsi al movimento ontologico, ma anzi deve contrastarlo, questo appunto perché la volontà di vita
ripete se stessa e l’elemento del conflitto.
Riepilogo:
le idee costituiscono l’oggettivazione adeguata della volontà di vivere.
• Le idee si presentano nella conoscenza individuale sotto forma di specie.
• specie= successione di individui simili congiunti dal vincolo della procreazione.
• L’idea dispiegata nel tempo è specie.
• La volontà giunge ad autocoscienza solo nell’individuo ( si riconosce come tale).
• La coscienza profonda si manifesta però nella specie, tramite: rapporti sessuali, procreazione, nutrimento, cura
• della prole.
L’impulso sessuale è la manifestazione più completa della volontà di vivere, inoltre in questo impulso (nel caso
• dell’uomo) si esprime la coscienza che l’individuo è destinato a perire e che dunque deve fare il necessario per la
conservazione della specie.
Eternità= esistenza senza tempo. Concetto puramente negativo del quale non si può avere intuizione.
12 Le idee platoniche, per S., sono obiettivarsi della volontà di vita, sono idee sostanziali ed ontologiche fuori da spazio
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e tempo. Sono la manifestazione immediata della volontà di vita, mentre quella mediata è forma di presenza. Dunque il
genere è immediata e diretta manifestazione della volontà di vita, l’individuo mediato e indiretto.
La posizione concorda con quella di Eraclito, per il quale la pace era solo sospensione del conflitto. E’ invece contraria
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alla posizione di Kant che sosteneva che la pace fosse fisiologica. E’ opposta anche la posizione di Feuerback che
nell”Essenza del Cristianesimo affermava che il fondamento fosse l’uomo nell’armonia delle sue differenze, e che il
mondo non fosse in armonia perché era alterazione dell’originarietà. 9
Storia della filosofia morale L’esistenza e il nulla
Problema del conflitto:
Il passo è in conflitto col pensiero di Kant. La dinamica della volontà di fare spazio a sé contraendosi ed
espandendosi si esprime soprattutto nella pulsione erotica. Col movimento si presenta al mondo, dunque il mondo
come appare dipende da questo. Nel mondo si genera conflitto fra le differenze, non per deficit conoscitivo, ma
perché è ontologico. Al contrario per Kant la guerra è la patologia, alterazione e deve essere pertanto ricostruito
l’ordine. Per S. il conflitto è originario (Eraclito, pace = sospensione del conflitto). Questo non significa si debba
adeguare l’agi