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DALL'IDEALISMO TEDESCO ALLA PRIMA GUERRA MONDIALE

L'Idealismo è una corrente iniziata da filosofi e poeti che scrivono le loro prime opere mentre la Germania è travolta dalla guerra di conquista napoleonica. Le armate francesi abbattono antiche istituzioni e modificano la geografia politica europea e, per contrasto, provocano la nascita di un nazionalismo del tutto nuovo. Per i nuovi intellettuali tedeschi la Francia è sì la terra dalla quale proviene la scossa culturale dell'Illuminismo, ma è anche una minaccia che pone a rischio un'identità nazionale ancora immatura. Viene dunque eretta una filosofia volta a garantire la specificità della cultura tedesca, riallacciandosi all'ultimo grande esponente sia di quest'ultima sia dell'Illuminismo, Kant.

Essi respingono l'arretratezza, l'intellettualismo, il meccanicismo e la critica alla religione, che secondo loro davano l'illusione di...

poter raggiungere la conoscenza e il bene attraverso vie puramente logico-deduttive. La verità è da essi intesa piuttosto come un fine verso il quale tendere (streben = tendere) infinitamente e che richiede un impegno spirituale oltre che intellettuale. Il poeta Novalis tratteggia la poetica del nuovo movimento: "Il mondo deve essere romanticizzato. Così si ritrova il senso originario. Il romanticizzare non è altro che un potenziamento qualitativo. In questa operazione l'io basso viene identificato con un io migliore". Tale prospettiva determina la centralità del concetto di attività, da intendersi come attribuzione allo spirito di una funzione creatrice, e l'inserimento della dimensione temporale all'interno di schemi concettuali. Questo concetto è espresso nel Faust di Goethe con l'esclamazione: "In principio era l'azione!". Ponendo al principio un'azione creatrice, il pensiero.idealista e romantico si distacca dalle filosofie precedenti – in cui le categorie della realtà hanno una natura atemporale – per andare a considerare la totalità un’entità dinamica, concependone la struttura come soggetta a un continuo sviluppo sialogico sia temporale. Essa sostituisce quindi a un mondo fisico e spirituale una realtà che ha natura processuale e on è scoperta ma prodotta. L’entità capace di compiere tale opera produttrice non è individuata in Dio, ma nel Soggetto razionale che Kant aveva posto come attività legislatrice. Il Soggetto può essere inteso come Io (Fichte) o come Spirito (Hegel), e tale assunto precisa una valenza antimaterialistica che consente di opporsi alle spinte irreligiose della cultura illuministica. L’approccio idealista è affiancato, non casualmente, da una grande passione per la storia; si tratta però di una storia ideale, filosofica e non meramente.

evenemenziale. In Fichte il tentativo di sanare la frattura tra il soggetto e il mondo si manifesta innanzitutto come primato della pratica, che lo porta a porre un Io assoluto, la cui essenza consiste nell'attività. La filosofia consiste per Fichte nel mostrare la derivazione del finito dall'Io assoluto attraverso la nozione di sforzo; in tal modo si giustifica anche l'esigenza che il non-Io (la Natura) sia accordi con l'Io assoluto. Questo è il senso attribuito da Fichte all'imperativo categorico kantiano. La libertà è dunque fondamento stesso della realtà, in una prospettiva che unifica l'ambito teoretico kantiano con quello pratico. Propriamente etico è lo sforzo di adeguamento del mondo all'Io, mentre il male viene a coincidere con l'infiacchimento della volontà.

Fichte, inoltre, si esprime sui problemi politici più urgenti, immaginando un mondo politico totalmente anti-cosmopolita. Nel

Momento di massima crisi della Prussia, si affacciano in lui elementi di un nazionalismo che diverrà ispirazione e punto di riferimento per tutto l'Ottocento.

Hegel: Hegel tenta inizialmente di superare l'astrattezza e l'intellettualismo della filosofia dogmatica attraverso l'individuazione di momenti storici nei quali l'unità si è realizzata concretamente. L'armonia tra essere e dover-essere, tra Spirito e materia, è rinvenuta dapprima nella polis greca, dove la vita pubblica e la religione erano la manifestazione di una soggettività che riusciva a trovare concretezza nelle istituzioni. La bella libertà ellenica è evocata da Hegel in contrapposizione alla volgarità dei tempi moderni, in cui "Nella massima festività pubblica [...] l'animo non è attento, non è preso da santi sentimenti. Invece i greci si avvicinano agli altari dei loro buoni dei diffondendo letizia."

con il loro aspetto aperto, invitante all'amicizia e all'amore". Nella Vita di Gesù egli indica la morale evangelica come via privilegiata per riconciliare l'amore con il rispetto della Legge. Gesù incarna una morale che è esercitata in virtù di un'armonia assai simile a quella che Schiller definiva come propria dell'anima bella. In questa prospettiva compare una violenta condanna all'ebraismo, inteso come governato da una morale eteronoma in cui la Legge cala dall'alto sugli individui. Le durissime invettive di Hegel contro gli ebrei ricorrono a un armamentario di pregiudizi stereotipati diffusi in Germania da secoli e ribaditi da Lutero. Essi sono incolpati di aver trasformato la religione di Gesù in imposizione di precetti eteronomi e estranei al popolo tedesco. Al termine di questo percorso la buona coscienza morale gli appare come una forma di ipocrisia. Tale condanna è rivolta a colpire anche la

morale kantiana che, nella Fenomenologia dello spirito, Hegel presenta come "un vespaio di contraddizioni prive di pensiero". Sotto critica sono i postulati della ragion pratica e, in particolare, quello dell'esistenza di Dio come garanzia che il rispetto della Legge conferisca alla volontà buona il premio della felicità. La distorsione della morale kantiana si manifesta anche riguardo al postulato dell'immortalità dell'anima. Mostrando di non prendersi essa stessa sul serio, la coscienza kantiana rivela di avere il proprio vero fine non nella moralità ma nella felicità. Hegel può dunque accusare Kant non solo di eteronomia, ma addirittura di cadere in una sorta di teodicea dell'invidia. La conclusione cui Hegel perviene, all'interno della sezione sulla moralità, è la riconciliazione. Nell'Enciclopedie delle scienze filosofiche la moralità trova definitiva collocazione nello

Spiritooggettivo e qui Hegel riprende in modo succinto la critica a Kant. Da tale stato di contraddizionesotto tutti gli aspetti si produce il passaggio all'eticità, da intendersi dialetticamente come verità chesi afferma sopprimendo le unilateralità dello Spirito soggettivo e oggettivi; essa è definita comelibertà consapevole di sé, diventata natura, che trattiene in sé tanto la coscienza soggettivaindividuale quanto la sua attuazione concreta. L'unione tra essere e dover-essere, cercata invano daKant, si realizza nello spirito di un popolo (Volkgeist), le cui configurazioni sono la famiglia, lasocietà civile e la costituzione dello Stato.

Lo Stato, sostanza etica consapevole, esige che gli individui rinuncino a tutto quanto costituiscel'obiettivo della vita della famiglia e della società civile: essi hanno "il dovere di conservarel'indipendenza e la sovranità dello Stato".

Stato etico hegeliano si fa dunque autore della storia universale, vicenda nella quale la guerra di presenta come una cosa seria, il cui alto significato viene da Hegel descritto così: "la salute etica dei popoli è conservata nella sua indifferenza, come il movimento dei venti preserva il mare dalla putrefazione, nella quale lo ridurrebbe una quiete durevole, come vi ridurrebbe i popoli una pace durevole, o anzi, perpetua". Con questa giustificazione della guerra, attacco finale al progetto kantiano della pace perpetua, Hegel mostra una perfetta continuità con le posizioni assente prima della costruzione del sistema, negli anni in cui viveva il proprio compito come assertore di una filosofia popolare e tedesca.

Hegel è uno degli autori più importanti dell'800. Ha dato la definizione considerata da molti "sciagurata", ovvero stato come sostanza etica consapevole di sé. Lo Stato è inteso come un modello a cui tutti gli

stati reali e concreti si devono ispirare, è un discorso di teoria politica in cui lo stato non è un risultato di accidentalità storica. I nostri stati concreti dipendono da una serie di circostanze casuali. Molti confini nell'epoca coloniale sono stati tracciati con una linea netta, da due persone che hanno deciso i propri possedimenti.

Quello di cui Hegel parla, lo Stato etico, è una realtà di carattere spirituale, è una sostanza etica che deriva da necessità storiche, non da contingenze. L'esistenza dello Stato al di là di come si realizza, è al di sopra della storia, si configura come una sostanza di cui si può dire che si realizza da sé. Esiste un corso della storia ideale che porta necessariamente a determinati sviluppi, la nascita dello stato germanico è una necessità che risponde a un'esigenza di carattere spirituale. Il tentativo di Hegel è di pensare una filosofia.

della storia Necessaria, gli eventi avvengono per una ragione, lo Stato etico viene prima di coloro che lo abitano. Al di sotto del discorso Hegeliano, c'è prospettiva per cui il tutto viene sempre prima della parte. I grandi stati della storia, sono necessari in sé, si producono e vengono logicamente prima delle persone che li compongono. L'ente, entelechia, la forma più elevata di una sostanza vien prima delle sue parti. Lo stato etico ha la caratteristica: ha valore infinitamente superiore di qualsiasi persona che ne faccia parte, si vive e si combatte e si lavora per lo Stato. Lo Stato non ha il dovere di soddisfare i nostri bisogni, siamo noi ad esistere per lo stato, lo Stato esige che gli individui rinuncino a tutta la parte egoistica, devono scarificare tutto se lo stato lo richiede, lo Stato è talmente la di sopra, e lo Stato etico Hegeliano è fatto da un Volk, da un popolo, ma non come la somma di tutti gli individui, ma una.realtà eterna, che prescinde dall'individualità. Il Volk è tale sia che il cittadino sia felice sia che no, il Volk è l'unione, è l'equivalente dello stato, la materia di cui è fatto. Per fare la storia, per acquisire un ruolo.
Dettagli
A.A. 2020-2021
81 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/03 Filosofia morale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Nobody_scuola_1990 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della filosofia morale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Mormino Gianfranco.