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Storia della filosofia medievale - Anselmo d Aosta Gaunilone di Marmoutier Pag. 1
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La prova dell’esistenza di Dio: Anselmo d’Aosta

Nato ad Aosta intorno al 1033-1034, è monaco benedettino al monastero di le Bec, in

Normandia, di cui diviene abate nel 1078, prima di essere nominato (nel 1093) arcivescovo di

Canterbury. Il suo nome è legato alla formulazione di un nuovo argomento per la

dimostrazione dell’esistenza di Dio, che viene spesso, ma a torto, associato a quelli

elaborati alcuni secoli più tardi, nel pensiero moderno, da Cartesio e Leibniz, e poi riuniti da Kant

sotto l’etichetta di “argomento ontologico”.

Il Proslogion e l’”unico argomento” per la dimostrazione dell’esistenza di Dio

In uno scritto intitolato Monologion, anselmo aveva elaborata un primo tentativo di dimostrare

l’esistenza di Dio, che non lo aveva tuttavia soddisfatto. Esso richiedeva una concatenazione di

argomenti e non mostrava l’effettiva trascendenza di Dio rispetto alle cose create. Nel

Monologion si parte dall’osservazione dell’esistenza di diversi grandi ontologici nelle creature,

considerate più o meno buone, più o meno dotate di essere; ma dove si danno un più e un meno,

deve darsi anche un termine sommo che permetta di cogliere queste differenze. Anselmo stesso

racconta di aver a lungo cercato un unico argomento che potesse mostrare in modo

immediato e indubitabile l’esistenza di Dio. Quando aveva deciso di desistere dall’impresa, la

soluzione gli si sarebbe presentata all’improvviso, e Anselmo la avrebbe messa per inscritto in

una nuova opera intitolata Proslogion (ovvero ‘Colloquio’). Un biografo di Anselmo, Eadmeno,

aggiunge romanzescamente che il diavolo stesso avrebbe cercato invado di impedirne la

trascrizione, facendo in modo che la candela bruciasse i primi appunti, e infrangendo le più

solide tavolette su cui l’argomento era stato annotato in seconda istanza. L’argomento muove

dal concetto stesso di Dio, o meglio dalla sua pensabilità. Anselmo procede in questo modo:

poniamo che qualcuno pensi che Dio non esista. La prima cosa da fare è accordarsi su cosa

s’intenda qui per Dio: l’interlocutore (lo “stolto”) potrebbe convenire che Dio è “ciò di cui non

si può pensare nulla di più grande”, ovviamente prendendo qui “grande” non in

relazione alla grandezza fisica, ma all’eccellenza in quanto tale. La scelta di questa formulazione

è tutt’altro che casuale: l’intero argomento fa leva precisamente su di essa, mentre non

funzionerevve se si scegliesse una formulazione positiva del tipo: “Dio è l’essere sommo”.

Possiamo quindi chiedere al nostro interlocutore, con Anselmo, se egli abbia nella sua mente il

concetto di “ciò di cui non si può pensare nulla di più grande”. Egli dovrà per forza ammettere di

sì, se davvero, come dice, sta pensando che Dio, ovvero “ciò di cui non si può pensare nulla di

più grande”, non esiste; pensare vuol dire, infatti, “avere nella mente”. Se dunque “ciò di cui non

si può pensare nulla di più grande” esiste nella mente, dovrà esistere necessariamente anche

nella realtà, perché altrimenti l’interlocutore stesso potrebbe pensare ancora “qualcosa di più

grande” e dunque “ciò di cui non si può pensare nulla di più grande” non sarebbe effettivamente

tale. In altri termini: se “ciò di cui non si può pensare nulla di più grande” esistesse solo nella

mente, io potrei pensare qualcosa di “più grande”, e cioè questo stesso concetto in quanto

dotato di esistenza anche nella realtà. Abbiamo qui un tipico esempio dell’applicazione di

regole dialettiche a una questione teologica: l’intelletto di anselmo è infatti

fondamentalmente quello di mostrare che chi nega l’esistenza di Dio entra in contraddizione con

quel che sta pensando. Egli deve considerare con attenzione se comprendere fino in fondo quel

che sta pensando: non può infatti allo stesso tempo pensare “ciò di cui non si può pensare nulla

di più grande”, e pensare che possa esistere qualcosa di ancora più grande. Anselmo si spinge

ancora oltre, arrivando ad affermare che l’esistenza di Dio può forse rimanere in dubbio dal

punto di vista della semplice fede, ma è necessaria e assolutamente indubitabile dal

punto di vista dell’intelletto, della comprensione intellettuale.

Le obiezioni di Gaunilone all’argomento anselmiano

Nonostante la grande fiducia dello stesso Anselmo nell’efficacia della sua dimostrazione, essa ha

suscitato immediatamente numerose perplessità. Le prima sono stata espresse da Gaunilone di

Marmoutier, autore di un opuscolo intitolato non a caso Libro in difesa dell’insipiente.

Gaunilone non intende sostenere una posizione atea o scettica; al contrario, egli vuole difendere

l’autonomia e il merito della fede: l’esistenza di Dio è qualcosa in cui si deve credere, e

non qualcosa che l’intelletto possa mostrare come di per sé assolutamente evidente. Tra le varie

obiezioni due meritano particolare attensione.

Una riguarda il passaggio dal pensiero alla realtà: io posso anche concepire una cosa come

dotata di ogni possibile perfezione, ma non per questo essa diventerà reale. Poniamo che io

immagini un’isola dotata di tutto quel che si possa desiderare: non per questo comparirtà

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Publisher
A.A. 2013-2014
2 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/08 Storia della filosofia medievale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Cricetina93 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della filosofia medievale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Sorge Valeria.