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ENTE, ESSENZA, ESSERE
Come diceva già Avicenna, nella nostra mente esistono alcune nozioni generalissime innate, che
sono la condizione di possibilità della nostra conoscenza. Sono i principi logici e il concetto sommo,
il concetto di ente – cioè, di qualcosa che è.
Nel concetto stesso di ente si implica che in ogni cosa si possano distinguere un'essenza (essentia)
e un atto d'essere (actus essendi, o semplicemente essere). L'essenza corrisponde alla natura
dell'ente che determina, è la forma dal punto di vista ontologico e l'oggetto della definizione dal
punto di vista logico. L'essere non è più concepito come un accidente dell'essenza – com'era per
l'esistenza di Avicenna –, ma è l'atto originario con cui l'ente esiste e rispetto a cui l'essenza è
potenza.
DIO COME ESSERE STESSO SUSSISTENTE
Nel passo della Bibbia dell'Esodo III,14 Dio rivela Io sono colui che è. Da questo dato di fatto
scritturale, Tommaso desume che Dio è l'unico ente semplice, cioè l'unico in cui essenza ed atto
d'essere coincidono. L'essenza stessa di Dio è quella di esistere, quindi è atto puro ovvero essere
stesso sussistente (esse ipsum subsistens).
Egli ha creato il mondo perché tutte gli altri enti, che sono essenze solo in potenza, passano di fatto
all'atto d'essere nonostante la loro essenza non contempli direttamente l'essere. Le essenze delle
creature, infatti, sono solo perché partecipano dell'atto d'essere in sé che è Dio.
DIMOSTRAZIONE DELL'ESISTENZA DI DIO
Benché l'esistenza di Dio sia implicata dalla sua essenza, noi non possiamo umanamente avere una
conoscenza immediata della sua necessità, perché proprio la sua essenza è all'infuori della nostra
esperienza. Quindi, secondo San Tommaso, ogni dimostrazione a priori dell'esistenza di Dio è
impossibile perché presuppone la conoscenza della sua essenza.
La filosofia, tuttavia, può arrivare a dimostrare la necessità della sua esistenza applicando la
ragione sull'esperienza umana. San Tommaso ebbe il merito di codificare e sistematizzare cinque
vie per comprendere che la natura stessa del mondo ha bisogno di un ente con le caratteristiche
40
di Dio per essere così com'è.
LE CINQUE VIE
Queste sono le cinque dimostrazioni a posteriori della necessità dell'esistenza di Dio per Tommaso:
Prima via o via del movimento: gli enti del mondo divengono e si muovono passando dalla
• potenza all'atto. Ci dev'essere sempre un ente che ne fa muovere un altro, un motore, ma
la serie dei motori non può essere infinita. Se così fosse, la questione finirebbe per essere
rimandata a oltranza e il mondo risulterebbe in movimento senza nessuna causa del suo
movimento. Quindi deve esistere un ente che è il primo motore immobile, Dio,
Seconda via o via delle cause: nella realtà esistono degli effetti prodotti ognuno da una
• causa. Non tutte le cause possono infinitamente essere degli effetti, perché altrimenti
esisterebbero solamente effetti senza cause. Quindi deve esistere un ente che è la causa
prima del mondo, Dio,
40 - Infatti, nessuna delle vie è un'invenzione genuina di Tommaso: la prima via deriva da Aristotele, la seconda da Anselmo, la terza da Avicenna, la
quarta dalla scuola di Chartres, la quinta dagli studi di fisica naturale a Tommaso contemporanea. 64
Terza via o via della contingenza: tutti gli enti esperibili sono realtà contingenti, che
• possono essere o non essere. Eppure, non è possibile che tutte le cose al mondo siano
contingenti, perché allora sarebbe pensabile un momento in cui qualsiasi cosa smette di
esistere all'improvviso. Se così fosse, non ci si spiegherebbe come mai qualcosa di fatto
esista. Quindi deve esistere un ente necessario, Dio,
Quarta via o via della perfezione: noi rileviamo in tutti gli enti un certo grado di perfezione,
• e anzi lo stesso divenire varia questo grado di perfezione delle cose nel tempo. Se possiamo
valutare la perfezione delle cose, deve esistere un ente assolutamente perfetto, in base a
cui definiamo la percezione in primo luogo, Dio,
Quinta via o via dei fini: tutti gli enti agiscono sempre in vista di un fine. Nel caso degli
• esseri viventi, si può pensare che essi determinino da sé i propri fini, ma non si spiega come
possano agire in base a qualche fine degli esseri inanimati, privi di intelligenza. Quindi deve
esistere un'intelligenza suprema che dirige tutto al proprio fine sulla base di un piano
universale, Dio.
LA COMPRENSIONE DI DIO
Dell'essenza di Dio, come s'è detto, non si può avere una conoscenza diretta: già la Bibbia diceva
che l'uomo non potrà mai giungere alla comprensione nella vita terrena, ma che ci si potrà
avvicinare solo con la fede. Tuttavia, a partire dalla Rivelazione la teologia è in grado di dire
qualcosa riguardo alla sua natura.
Come facevano già i neoplatonici , un modo per comprendere Dio è la rimozione, cioè
41
immaginando un ente spogliato di tutte le imperfezioni che le cose hanno in natura. Metodo
ancora migliore è l'analogia dell'essere: come intuiva Aristotele, l'essere non è univoco, cioè non
ha sempre le stesse caratteristiche in ogni sua manifestazione, né è completamente equivoco, ma
possiede dei significati diversi e irriducibili che mantengono però alcuni tratti comuni per il solo
fatto di essere essere. Si possono desumere infatti alcuni attributi di Dio guardando agli attributi
comuni a tutte le creature, da cui si scopre per esempio che Dio è personale, ha intelletto, ha
volontà.
41 - Nella tradizione scolastica della teologia negativa. 65
L'UOMO E LA CREAZIONE
IL MODO DELLA CREAZIONE
Siccome le cose del mondo esistono in quanto partecipano all'essere di Dio, si può dire che la
creazione di Dio sia costante. Se Dio dovesse smettere di punto in bianco di donare la sua grazia
alle creature, le loro essenze smetterebbero di esistere perché rimarrebbero delle pure potenze.
Per questo motivo, Tommaso credeva che Aristotele sostanzialmente non avesse contraddetto con
la sua filosofia la dottrina cristiana, nonostante professasse l'eternità del mondo. Razionalmente,
infatti, non è assurdo pensare che la creazione come partecipazione delle cose all'essere avvenga
da un tempo infinito. Noi sappiamo che la creazione ebbe un inizio nel tempo perché c'è stato
rivelato dalle Scritture, e Aristotele non poteva saperlo per ovvi motivi.
LE COSE CREATE
Dio ha creato innanzitutto il genere delle sostanze immateriali, cioè le forme sussistenti che sono
essenze senza materia dotate di un proprio atto d'essere donato da Dio. Non sono altro che gli
angeli delle Scritture. Poi vennero le sostanze materiali, sostenute nell'esistenza da Dio, che
essendo sinoli di materia e forma possono interagire tra loro e farsi cause o effetti all'interno della
natura – come cause seconde, quindi non in modo direttamente dipendente da Dio.
Le cose della natura, le sostanze materiali, sono soggette al divenire perché contengono due
principi che le fanno essere distinte da ogni altro ente all'interno del mondo:
La forma diventa principio di determinazione che distingue l'ente dagli enti di un'altra
• specie di cose,
La materia diventa principio di individuazione che distingue l'ente dagli enti della sua stessa
• specie di cose.
LA NATURA DELL'UOMO E L'IMMORTALITÀ DELL'ANIMA
L'uomo è una sostanza materiale e perciò è sinolo di una materia, il corpo, e di una forma, l'anima.
L'anima in Tommaso è intesa come un'unica componente in cui sono implicate e riassunte tutte le
facoltà umane – quelle vegetative, quelle sensitive, quelle intellettive.
L'uomo ha la particolarità di saper essere soggetto di conoscenza e quindi di intellezione. In quanto
tale, è capace di un'attività completamente immateriale, il che fa dell'anima umana una forma
sussistente, una sostanza immateriale. Essendo l'anima personale immateriale, è perfettamente
razionale che sia anche immortale.
LO STATUTO ONTOLOGICO DELL'ANIMA
Circa a come sia possibile che l'anima sia una forma sussistente e indipendente dall'uomo, in un
certo senso, mentre è anche contemporaneamente la forma del corpo umano, Tommaso cita un
intero genere di enti che la metafisica aristotelica non prendeva in considerazione. Esistono delle
forme sostanziali che sono anche sussistenti di per sé, ma che dipendono ancora da una materia
perché scompaiono nell'ipotesi in cui la loro materia di partenza sia corrotta. Ne è un esempio la
forma che ci permette di definire un gruppo di uomini: il gruppo ha una materia che, in caso venga
meno, causa la corruzione anche dell'essenza del gruppo, ma nonostante ciò è una forma che
prescinde ciò di cui è composta, che anzi possiede a sua volta una diversa forma propria a livello
delle sue parti. 66
I TRASCENDENTALI
GLI ATTRIBUTI DELL'ENTE IN QUANTO ENTE
L'ente, come tutti i concetti, possiede in quanto tale delle caratteristiche. Tommaso chiamava gli
attributi propri dell'ente in quanto ente trascendentali: Dio, in quanto puro essere che trasmette il
suo atto d'essere a tutte le creature, fa discendere sulle cose anche tutta una serie di proprietà che
tutto condivide in qualche misura.
Tutti i trascendentali si coimplicano l'un l'altro e sono in realtà la stessa cosa, solo che noi, dal
nostro punto di vista limitato, non possiamo che vederci delle differenze. Dio, nella sua semplicità,
possiede delle caratteristiche tutte convergenti e sono le stesse trasmesse con l'essere nella
creazione; il nostro intelletto, però, lavora per analisi e sintesi e attraverso diverse facoltà, quindi
noi non possiamo che percepire l'ente in quanto ente come il centro per una serie di aspetti.
I TRASCENDENTALI DELL'ESSERE
A meno della nostra imprecisione umana, ogni ente in quanto creato da Dio possiede:
Unità: la capacità di mantenere un'identità nel divenire che gli permette di conservare una
• certa identificazione delle sue proprietà. Solamente in Dio, dove essenza ed essere
coincidono, c'è unità perfetta,
Verità: la capacità di conservare un senso unitario che gli permette di essere descrivibile da
• una proposizione e correttamente intendibile da un intelletto. Solamente Dio, che è sommo
essere, ha il senso più prof