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LIBRO SECONDO
Il Libro Secondo è il Nel parlano dell'incostanza
libro sulla fortuna. capitolo 1-3 della fortuna.
Legato a questo concetto tipicamente stoico è la cioè tutto quello che
“fortuna da prestito”,
l'uomo ha lo riceve in prestito e per il quale non si può lamentare se lo perde.
Altro tema è quello dei (dignità, potere, ricchezze, ricerca della gloria ecc.) alla
falsi beni
causa dei quali l'uomo perde la sua dignità.
Si comincia a delineare meglio in ma nel terzo capitolo sarà solo
concetto di felicità suprema,
abbozzato perché sarà meglio chiarito nel successivo capitolo.
PROSA PRIMA
[2] La fortuna per Boezio è cambiata, ma la filosofia gli lascia intendere che tutto quello
che può sembrargli un dure colpo del fato è solamente una sua illusione. É qui che entra in
gioco il tema che non ci si può lamentare della fortuna, in quanto essa di natura e
scostante.
[8] La retorica è valida solo se è sottomessa alla filosofia. È quel tipo di musica che anche
Platone ammetteva nel piano filosofico , in quanto utile per instillare negli animi dell'uomo
i giusti atteggiamenti e i convenienti sentimenti, non la musica che serve solo al diletto
momentaneo. Musica che indaga le leggi dell'universo e il mondo umano.
[9] C'è una grande prolificazione verbi come credere, apparire, stimare, a indicare che ciò
che si dive non sono dati di fatto, dati certi.
[10] La fortuna per natura è scostante. I latini distinguono la buona fortuna dalla cattiva
fortuna. In passato Boezio conosceva la buona fortuna e adesso conosce la stessa cosa,
ma cattiva. Questa entità è una ruota che gira sempre ed è costante per natura. Non
sarebbe fortuna se non mutasse. “ti illudeva” “ ti illudevi”. Avendo voltato le spalle a
Boezio ha preservato al sua natura, cioè l'essere scostante.
[12] La fortuna non può essere trattenuta quando è buona e non può essere scacciata
quando è cattiva. Indizio che la fortuna non può che arrecarci danno, anche adesso siamo
fortunati. Idea stoica che le cose sono indifferenti, cioè tutto ciò che non dipende dalla
nostra volontà sono indifferenti e la fortuna non sta al nostro volere, quindi ne siamo
indifferenti.
[16] Se accetti di essere guidato dalla fortuna devi sottostare al suo gioco e non te ne puoi
rammaricare se ti va male. È l'unico modo per vivere bene. Chi vuole fermare la sorte è
stolto e avido. 24/02/2015
Le prime tre prose del secondo libro e si tratta di prose in cui Boezio
Incostanza della fortuna;
riporta giustificazioni stoiche. Questi motivi circolano nell'epoca e quindi questa sezione
non è estremamente originale, anche se vi sono man man, per esempio nella quarta e
nella quinti, degli elementi molto interessanti. Nelle prime tre la filosofia comincia a
somministrare i primi medicamenti, abbastanza leggeri, onde evitare la incostanza della
fortuna. Il concetto fondamentale dove gira la seconda strofa è che all'uomo non
appartiene nulla che la fortuna da.
[4] All'uomo non appartiene nulla. L'uomo nasce solo e nudo.
[5] Quello che è dato all'uomo è dato in prestito; Nel nel punto 11, dice
Manuale di Epiteto,
“Non dire mai di una cosa l'ho perduta, ma l'ho restituito. Tuo figlio è morto, è stato restituito. Tua moglie è
morta, è stata restituita. Il tuo campo ti è stato sottratto, anch'esso è stato restituito. Di tutti questi beni non
curartene come se fossero tuoi, ma curatene come i viaggiatori in una locanda” .
[8] Nel momento in cui gli uomini si lamentano, questi lamenti sono di vittime, ma di
“rapaci” cioè di uomini che non si accontentano, quindi delle figure negative.
La nostra volontà non può possederla o fermarla;
[10] L'uomo ha la libertà di salire nel gioco della fortuna ed egli ha la possibilità di
goderne, a patto che esso non si lamenti. L'uomo allora collabora e si accorda con la
fortuna e non è completamente in balia. Il punto fondamentale di Boezio è che la volontà
umana non può far proseguire o fermare la fortuna. Il saggio e il sapiente si adegua al
corso della fortuna e della natura.
[14] La mutevolezza della fortuna può essere anche la speranza, in quanto la ruota può
ritornare dalla parte di Boezio, ma può essere anche un motivo di discordia, in quanto
potrebbe al contrario peggiorare la sua situazione. La felicità vera non è la felicità dei beni
e della fortuna, ma è una felicità che presiede l'animo umano. Punto 16 “Quando vedi
qualcuno versale lacrime perché il proprio figlio viene espatriato o perché i suoi beni vengano ad egli sottratto.
Ad affliggere quest'uomo non è quello che accade, infatti altri non si affliggerebbero per certe cose, ma ciò che
affligge quest'uomo è il giudizio di tali cose. Pertanto non esitare a partecipare dei suoi gemiti, ma tu fa
Il punto focale è non confondere l'evento con il giudizio
attenzione a non gemere interiormente.”
dell'evento.
Secondo Carme → Non è mai ricco chi si lamenta, perché egli si lamenta di non avere bene
materiali, e questi non sono i veri beni, e quindi sarà sempre alla ricerca di beni i quali non
lo soddisfaranno mai, ma egli gli sarà subordinato perdendo la sua identità di uomo,
diventando un “rapace”.
Prosa → Insiste sul concetto di “incostanza”: aggiunge il concetto di morte.
La filosofia elenca i beni principali rimasti a Boezio.
CARME II →
▪
PROSA TERZA
[10] In un bilancio tra fortuna e sfortuna, Boezio sarebbe ancora in credito con la fortuna.
[11] Tutto passa, sia le cose fortunate, sia le cose sfortunate.
[12] Noi abbiamo un ruolo nel dramma della vita, come attori. Alla fine tutto scompare.
[14]Esistenzialista → c'è una fine a tutto con la morte. La filosofia risponde a
anti litteram
Boezio con il tema del cioè la morte fa scomparire tutto. Anche Boezio che è in
Tempo fugit,
carcere e prossimo alla condanna è soggetto alla morte, anche se la condanna non ci fosse
stata la morte prima o poi lo avrebbe preso.
CARME III
▪
PROSA QUARTA
Tentativo di questa seconda parte è fare da cerniera in quanto in questa prosa si dice che
la felicità consista nell'interiorità. È un concetto che non viene ben sviluppato, ma solo
abbozzato. Il luogo dove questa sarà ben approfondita è il terzo libro. In questa prima
parte Boezio dichiara quali siano i veri beni e quali invece non lo siano.
[1] Siamo ancora in un ambito etico e non teoretico.
[2] Letteratura moralistica che riflette sui costumi e sui pensieri egli uomini in ambito
morale, cioè che una persona è più infelice quanto ha sperimentato la felicità prima ed è
caduta tragicamente i disgrazia.
[3] È la terza volta che si dice a Boezio quali e quanti beni egli ancora possiede.
[8] Sei vivo e in vita hai ancora tua moglie, tuo figlio, tuo suocero e quindi non ti puoi
affatto lamentare.
[12] Credi che esista una persona dotata di felicità completa? No. È un altro elemento
consolatorio. Anche se ci fosse esiste l'ansietà di perderli e quindi non può essere felice.
Non si può avere tutti i beni completamente ed essi non durano per sempre. In seguito
degli esempi classici della letteratura consolatoria stoica.
[15] C'è sempre qualcosa che ci porta ad lamentarci della propria situazione. Quando non
li si ha ci si lamenta e quando si arriva la si detesta. Sono tutti degli argomenti ancora
abbastanza leggeri.
Il fortunato non ha carattere, perché non ha provato le avversità.
[16] La sede della felicità è il luogo dell'anima.
[18] Quand'anche la felicità fosse piena, c'è sempre un elemento che non la rende piena,
l'elemento di ansietà.
[21] Si parla di felicità suprema, cioè l'essere padroni di sé.
[25] Entità che vive secondo ragione e a tale entità non può essere sottratto nulla, in
quanto non è fortuna, ma il sommo bene.
[28] La felicità vera è il sommo bene, cioè una mente che vive secondo ragione.
[29] La felicità che si ricerca con la morte è ovviamente immortale, in quanto la felicità
non la si può scoprire su questa terra, ma si deve ricercare nell'aldilà. Felicità → Sommo
Bene → Dio → Essere non terreno → la Felicità non è terrena. Boezio sa che l'uomo è un
essere razionale e mortale, ma anche che la mente dell'uomo è immortale.
→ Ricerca dei falsi beni
▪ CARME IV
PROSA QUINTA
[3] La ricchezza non è in sé nel denaro, ma nel suo utilizzo, quindi accumulare non serve a
nulla. Il denaro diventa prezioso nella misura in cui lo si da agli altri.
[7] I beni degli uomini: denaro, gioielli. Non sono gli uomini a fare le gemme e infatti
essere sono inferiori all'anima umana, in quanto non belle per natura. Le cose per gli stoici
possono essere due, le cose proprie virtù e vizzi e le cose estranee che sono indifferenti.
Le gemme, le opere della natura sono indifferenti, e quindi sono inferiori all'animo umano.
[9] Si ammira anche l'artificiosità dell'artefice. Una cosa è ciò che crea l'artefice e un'altra
ciò che mi appartiene. L'artificiosità dell'artefice non mi appartiene e quindi non è di
considerazione.
[18] Nemmeno l'onesta degli schiavi è di mia proprietà.
[19] Non sei tu a dare valore morale a questi beni, quindi non riguardano la tua decisione
morale, quindi non hai motivo di dolerti se le perdi.
[22] Gli uomini non eliminano la povertà, ma la incrementano. Se voi aveste il bene vostro
non cerchereste beni esterni. Chi cerca questi beni rinnega la propria identità divina e si
sottomette a questi beni. È grazie alla dimensione razionale che noi cadiamo soggiogati
dalle cose esterne. Offendendo la ragione voi offendete anche il vostro creatore mediante
la ragione. L'uomo esercita male non solo la conoscenza, ma anche la sua autocoscienza.
Anche l'animale conosce attraverso l'istinto, ma ciò che distinta l'anima dall'uomo è
l'autocoscienza.
CARME V
▪ 25/02/2015
PROSA SESTA
Altri due falsi beni: gli incarichi (politici o di altri uffici), cioè tutto ciò che da potere e
autorità e il potere stesso.