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EMPIRISMO RAZIONALISMO
Metodo induttivo Metodo deduttivo
Senso Intelletto
A posteriori A priori
Giudizi sintetici a posteriori Giudizi analitici a priori(estensivi, non universali) (non estensivi, universali)
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KANT: giudizi sintetici a priori (estensivi della conoscenza, universali)
Kant scrive: «In tutti i giudizi, in cui è pensato il rapporto di un soggetto col predicato, questo rapporto è possibile in due modi. O il predicato B appartiene al soggetto A come qualcosa che è contenuto (implicitamente) in questo concetto A; o B è del tutto fuori del concetto A, sebbene in connessione con esso. Nel primo caso chiamo il giudizio analitico, nel secondo sintetico. I giudizi analitici sono a priori. Infatti sarebbe assurdo fondare sul’esperienza un giudizio analitico, poiché io non ho affatto bisogno di uscire dal mio concetto per formare il giudizio, e di ricorrere quindi ad alcuna testimonianza dell’esperienza. Che un corpo sia esteso,
è una proposizione che vale a priori, e non è un giudizio d'esperienza. Infatti, prima di rivolgermi all'esperienza, io ho tutte le condizioni del mio giudizio già nel concetto, dal quale posso trarre il predicato in virtù del principio di contraddizione, e acquistare nel tempo stesso coscienza della necessità del giudizio, che l'esperienza non potrebbe mai insegnarmi. Al contrario, nel concetto di corpo in generale io non includo il predicato della pesantezza: ma poiché quel concetto rappresenta pure un oggetto dell'esperienza mediante una parte di essa, io posso aggiungere a questa ancora altre parti della stessa esperienza, come appartenenti a quel concetto". Potrei dire cioè che il corpo è pesante, che il tavolo è verde, è rosso, è quadrato, rettangolare, ovale, è di marmo, è di legno, potrei aggiungere tantissimi predicati per via sintetica. "Posso primaConoscere il concetto di corpo analiticamente mediante le note dell'estensione, dell'impenetrabilità, della forma, ecc. [cioè le note, le caratteristiche intrinseche al concetto di corpo] che sono tutte pensate in questo concetto [sono già intrinseche]. Ma poi estendo la mia conoscenza, e rivolgendomi di nuovo all'esperienza, dalla quale ho tratto il concetto di corpo, trovo costantemente collegata con le note precedenti anche quella della pesantezza, e l'aggiungo quindi sinteticamente, come predicato, a quel concetto. Sull'esperienza dunque si fonda la possibilità della sintesi del predicato della pesantezza col concetto del corpo, perché i due concetti, sebbene l'uno non sia contenuto nell'altro, tuttavia, come parti di un medesimo tutto, cioè dell'esperienza, che è essa stessa una connessione sintetica d'intuizioni, convengono l'uno all'altro, benché solo in modo
accidentale ».Così Kant ha tratteggiato le caratteristiche del giudizio analitico dei razionalisti e del giudizio sintetico degli empiristi. Ora, la posizione specifica di Kant si comincia a delineare nell’analisi del concetto di esperienza: «Non c’è dubbio che ogni nostra conoscenza comincia con l’esperienza; da nient’altro infatti la nostra facoltà conoscitiva potrebbe esser stimolata al suo esercizio [l’esperienza è solo uno stimolo per la conoscenza], se ciò non avvenisse per mezzo degli oggetti che colpiscono i nostri sensi e che, per un lato, danno origine da se stessi a rappresentazioni, per l’altro muovono l’attività del nostro intelletto a paragonare queste rappresentazioni, a riunirle o separarle, e ad elaborare così la materia grezza delle impressioni sensibili per formarne quella conoscenza degli oggetti, che si chiama esperienza. Nel tempo, dunque, nessuna
conoscenzain noi precede l'esperienza, e tutte comincian con questa. - Ma sebbene ogni nostra conoscenza cominci con l'esperienza, non per questo essa deriva tutta dalla esperienza". Questo è il fatto decisivo, che distacca Kant dall'empirismo: la conoscenza inizia con l'esperienza, ma poi c'è l'apporto formale della ragione umana; la conoscenza quindi inizia con l'esperienza, ma non deriva tutta dall'esperienza: "Infatti la nostra conoscenza è un composto di ciò che noi riceviamo mediante le impressioni e di ciò che la nostra propria facoltà di conoscere trae da se stessa (non essendo che stimolata dalle impressioni sensibili)". Le impressioni sensibili sono semplicemente uno stimolo e non costituiscono l'essenza della conoscenza come negli empiristi. Quello che è importante è la forma che la nostra ragione dà a queste impressioni. Come fa Kant asostenere che esistono giudizi universali, necessari e insieme estensivi del sapere, cioè giudizi sintetici a priori? Per arrivare ad affermare questo, egli deve capovolgere le prospettive della conoscenza come erano state interpretate fino ai suoi tempi, deve dare luogo a quella che egli stesso ha definito "rivoluzione copernicana" della conoscenza. Di quale rivoluzione Copernico era stato portatore? Fino a lui si pensava che il movimento degli astri fosse oggettivo, dipendesse dagli astri stessi, invece Copernico afferma che il movimento degli astri non dipende dagli astri, dagli oggetti celesti, ma dal soggetto osservante: è il soggetto a muoversi e a proiettare nei cieli il movimento che è suo, sulla terra. Che cosa vuole dire questo paragone che Kant stesso istituisce con Copernico? Fino a Kant c'era stato un dogma – come Kant stesso dice – cioè una credenza non dimostrata: che il mondo fosse ordinato, che la natura, la realtà.Avesse leggi, ordine in se stessa. L'uomo va alla ricerca, alla scoperta di queste leggi; ci può andare col metodo induttivo degli empiristi o col metodo deduttivo dei razionalisti, ma in ogni caso il soggetto sta di fronte al mondo e deve cercare in qualche modo svelare quali sono le leggi del mondo. Con Kant, invece, la prospettiva è capovolta: il soggetto conoscente ha in sé meccanismi di funzionamento, leggi, forme, che proietta nell'oggetto conosciuto. Come, secondo il paragone, per Copernico l'uomo si muove con la terra e proietta questo movimento in un movimento che egli immagina sia degli astri, lo proietta all'esterno, nell'oggetto, negli astri, così per Kant l'uomo ha leggi nelle proprie facoltà conoscitive, leggi che egli poi proietta sulla realtà. È l'uomo il legislatore della natura, non è la natura ad avere in sé una legge che l'uomo deve andare a ricercare.
«L’io è il legislatore della natura», afferma Kant. Compito del filosofo sarà allora quello di indagare le strutture conoscitive umane, che Kant chiama nel loro insieme “ragione”, e che sono articolate in intuizione, intelletto e ragione propriamente detta. Kant, quindi, fa la critica, il bilancio critico della ragion pura, cioè della ragione nella sua purezza formale, a prescindere dai contenuti che essa conosce. Dei contenuti Kant non si interessa: egli indaga l’aspetto puramente formale della ragione. Va notato che Kant usa il termine “ragione” in senso lato per intendere le facoltà conoscitive dell’uomo nel loro complesso, in senso stretto per indicare la più alta facoltà conoscitiva umana. L’intuizione, grosso modo, equivale alla percezione negli altri filosofi; più in avanti vedremo quali differenze ci sono tra intelletto e ragione. Ora, prima di addentrarci in un’analisi
più minuziosa, parliamo della ragione semplicemente come dell'insieme delle facoltà conoscitive. L'insieme delle facoltà conoscitive umane, ovvero la ragione, per Kant è come una forma che si va astampigliare sui contenuti di conoscenza che il mondo ci offre. Non possiamo avere alcuna conoscenza delle cose quali sono in loro stesse, prescindendo dall'apporto formale, dall'aggiunta formale, che noi stessi diamo alla conoscenza. Non possiamo mai raggiungere la conoscenza delle cose nella loro oggettività, quali esse sono in loro stesse. Di conseguenza abbiamo una conoscenza soltanto fenomenica del mondo (dal verbo greco phainomai, apparire). L'uomo, come il re Mida della leggenda, trasforma tutto quello che tocca. Non può entrare in contatto con qualcosa rispettandola per quello che essa è, ma, inevitabilmente, nel toccarla la trasforma, o meglio, le dà forma con le proprie strutture conoscitive.Altri termini, nel conoscere non possiamo prescindere da come noi stessi siamo fatti. È come se inforcassimo lenti colorate che non ci possiamo togliere a piacimento: tutta la realtà esterna è filtrata attraverso queste lenti colorate, noi non possiamo percepirla quale essa è in se stessa, la percepiamo e la percepiremo sempre quale ci appare attraverso questo filtraggio, attraverso questo meccanismo che le dà una certa forma. Questo meccanismo dipende appunto dalle nostre facoltà conoscitive.
Intuizione - Ragione - Intelletto (in senso lato) - Ragione (in senso stretto)
Per Kant la conoscenza della cosa quale essa è in se stessa non è mai raggiungibile. Vediamo le cose soltanto quali appaiono a noi. A questo punto sembrerebbe che siamo ricaduti in una posizione ancora peggiore dello scetticismo di Hume. E invece non è così, perché Kant sostiene che è vero che trasformiamo ogni conoscenza del mondo esterno, ma ognuno
di noi opera una trasformazione analoga, identica a quella degli altri. Anche in questo senso Kant è fortemente illuminista: per gli illuministi la ragione è una struttura universale, è propria cioè di tutti gli uomini, è ciò che rende uguali tutti gli uomini. Questo è accettato pienamente da Kant: per Kant tutti gli uomini sono dotati di ragione, cioè tutti gli uomini posseggono la ragione, strutturata in intuizione, intelletto e ragione in senso stretto, quindi tutti gli uomini operano una deformazione della realtà esterna o, meglio, danno forma alla realtà, ma tutti lo fanno nella stessa maniera. Quello specchio deformante che è la nostra coscienza, che è la nostra ragione, opera in maniera identica in ogni uomo: è vero che si tratta di una deformazione della realtà esterna, ma questo nulla toglie all'universalità. Questa è una delle difficoltà che presenta lacomprensione della novità del pensiero kantiano. Fino a Kant ciò che è soggettivo è personale, è arbitrario, ecc., mentre ciò che è oggettivo è universale. In Kant invece si raggiunge l'universalità all'interno della soggettività: le strutture soggettive