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Il de prospectiva pingendi ci è noto d sette manoscritti più o meno frammentari del 4-500 sono
scritti in un volgare latineggiante e poi ne è stata fatta una tradizione latina per nobilitarla
ulteriormente. Fatta da Matteo di Piero Anghiari. Tre codici sono totalmente o parzialmente
autografi, uno è a Parma alla biblioteca palatina, uno alla biblioteca ambrosiana a Milano e a
Reggio Emilia alla biblioteca Panizzi, In questo trattato non c’è solo la teoria ma anche tanti
esercizi alla fine di ogni capitolo, alcuni eseguiti da lui come esempi e dai più semplici ai più
complicati. Qui non ci sono i temi da trattare come deve comportarsi il pittore non ha l’ampiezza di
orizzonti di ALberti, trattatopiù freddo non volto a formare la personalità dell’artista
1 libro punti linee e piani = fondamento della geometria e della pittura stessa
2 libro corpi stereometrici (volumi e solidi più o meno complessi
3 teste e strutture architettoniche
Nel prologo spiega questo programma Lap pittura contiene disegno, commensuratiom
(composizione) e colare, categorie sempre albertiane
egli dice che di tutte queste parti che compongono la pittura ne vuole trattare una sola, la
commensuratiom ovvero la prospettiva.
La prima trattazione è di tipo fisiologico dimostra di aver letto i trattati di medicina e ci dimostra
come funziona l’occhio che sporge dall’orbita oculare solo di un quarto e quindi l’angolo di visione
non può essere superiore di 90 gradi poi dice che la nostra immagine deriva dall’intersezione dei
nervi ottici. L’atto della rappresentazione prospettica parte dal vedere.
La rappresentazione prospettica si compone di cinque parti: 1il vedere (atto meccanico)
2 la forma attraverso la forma (atto cognitivo)
3 la distanza fra l’occhio e la cosa veduta, l’occhio sa calibrare le distanze
4 le linee che dalla visione vanno all’occhio i raggi visivi di Alberti
5 il limite il velo, la finestra su cui sono poste le cose.
egli dice che la distanza che percepiamo in un quadro dipende dalla distanza dell’occhio dal
quadro e della distanzadall’oggetto all’occhio. Egli dimostra che la proiezione dell’oggetto sul
quadro è proporzionata alla distanza fra l’occhio e l’oggetto e l’occhio e il quadro.
Spiega come proiettare un quadrato sia in piano sia in verticale ciò è un processo quantificabile,
guardando c’’ e B’’ posso poi risalire alle dimensioni originali anche se messe in prospettiva. In
questo modo posso trasportare qualunque punto mediante le proiezioni ortogonali e partendo dal
cubo giunge a trasporlo in composizioni molto più complesse come un pozzo. Volta a crociera con
molte somiglianze alla volta di Masaccio. Giunge a fare ciò con forme più complesse, come la
testa (vissta dall’alto e dal basso). Un pittore che lavora in questo modo impiega molto tempo.
Particolare soldato di San Sepolcro ci sono i buchi di compasso e le linee prospettiche gli stesso
dice che la prospettiva è strumento di conoscenza, il filtro con cui avvicinarsi alla realà egli guarda
ogni elemento della natura guardando alla struttura che c’è sotto, cerca l’essenza geometrica di
ogni elemento naturale, cerca il segreto che è sotteso alla realtà, la sua chiave interpretativa non è
sicuramente il patetismo. Una scena drammatica come la flagellazione di Cristo appare persino
immobile. Il significato delle sue opere va cercato nelle misure, nella prospettiva e non
nell’espressione dei sentimenti.
Flagellazione di Cristo
Tavola alta 58,4 cm misura del braccio fiorentino e ha ha fatto in modo che la larghezza della
tavola corrispondesse alla diagonale del quadrato costruito avendo come lato l’altezza. Già nello
scegliere le misure della tavola di legno ha utilizzato misure che derivano da Pitagora e da Euclide.
Se dal punto di vista iconografico non è difficile comprendere il dipinto “Opus petri borgus sancti
sepolcri” Si firma sul podio di Ponzio Pilato, niente data oggi si pensa sia stata realizzata attorno al
1460. Ci si è chiesti perché questi tre personaggi siano in primo piano e la flagellazione in
secondo. E’ pur vero che la flagellazione è stata inserita nell’ambiente più ricco, con colonne
corinzie e con un pavimento elaborato. Tale tavola è stata studiata da matematici ed ingeneri che
hanno proiettato in piano ciò che Piero ha trasposto tridimensionalmente. Ci si è accorti che Cristo
ha i piedi esattamente al centro di un cerchio inscritto in un quadrato (elemento ricorrente nel
rinascimento). Riportando in piano ci si è resi conto che i disegni sul pavimento quadrettato non
erano casuali, stelle bianche e nere, persino le misure di questi triangolino e quadratini sono
calibrate, i lati dei quadrati maggiori costituiscono la diagonale di quelli più piccoli. Piero è partito
da un pavimento disegnato con queste proiezioni e l’ha ribaltato in prospettiva, le diagonali dei
quadratoi maggiori è uguale alle assi dei rombi. Ciò fa si che il loggiato sia caratterizzato da un
ambiente particolare, molto studiato, il cerchio dove c’è cristo da da unità di misura per il
pavimento della piazza in cotto e in materia più semplice. Piero costruisce la tavola partendo da un
quadrato costruito sull’altezza questo quadrato cade proprio dove c’è lo spigolo dell’edificio sullo
sfondo, prende l’altezza della tavola e la usa come diagonale di un quadrato più
piccolo(tratteggiato) che ha lo spigolo nel punto di fuga dunque prima avrà fatto le costruzioni
geometriche dei quadrati e poi lì avrà messo ciò che gli interessava ovvero il punto di fuga della
figura che trovo continuando le linee architettoniche. Traspone questo lato sulla diagonale e
individua in un quadrato più piccolo uno spigolo che finisce sopra alla testa di cristo. Provando a
proiettare il piano del loggiato all’altezza del dipinto con due semirette usando le rette prospettiche
(linee azzurrine nella slide) proiezione del piano del loggiato sulla base del dipinto è il doppio della
base del loggiato, aveva scelto la profondità del loggiato in base a come sarebbe venuta la
proiezione, sceglie il rapporto proporzionale 1:2. Anche la questione della luce in questo dipinto è
molto complessa. La luce viene dall’alto a sinistra, Piero ama la luce Zenitale, Cristo viene
illuminato a destra come se un raggio illuminasse Cristo e si proiettasse sul soffitto. Lal ce
chevillumina Cristo è abbagliante e sembra che solo lui l colga infatti si volta e guarda in quella
direzione. Dalla porta si vedono le scale illuminate quindi altra fonte di luce. Cristo è investito da
una luce sovrannaturale che è un elemento espressivo notevole che o pone in rilievo. Il broccato
del personaggio all’estrema destra è così fatto bene che sembra si possa toccare, può aver
appreso solo dai fiamminghi, l’idolo pagano che tiene in mano una sfera di vetro, in quella sfera è
rappresentato l’idolo stesso ribaltato, alri effetti di luce sulla porta sullo sfondo con bocciate
metalliche che rigflettono la luce nella direzione da cui proviene la luce. Il personaggio
rappresentato di spalle con un turbante ci si accorge che su questo turbante ci sono tantissimi fori
perché l’ha rappresentato in piano e poi ribaltato, il mazzocchio è il tipico copricapo fiorentino,
disegno di Piero della Francesca che ha reso l’essenza geometrica di Mazzocchio già ciò era stato
fatto da Paolo Uccello, anch’egli maniaco della prospettiva. Egli nei particolari dimostra di voler
possedere la realtà, nel mazzocchio sono stati rinvenuti i punti del compasso ci testimoniano una
proiezione Il soggetto principale che dà il titolo all’opera è sullo sfondo. Chi sono i 3 personaggi? il
quadro è sempre stato al palazzo si Urbino quindi la committenza è da ricercarsi o in Federico da
Montefeltro o è nell’ambito della sua corte. Gli studiosi hanno osservato che il Cristo e il giovane al
centro fai 3 in primo piano hanno la stessa posizione, braccio piegato, disposizione dei piedi, egli
sembra appartenere ad una dimensione altra rispetto ad altri personaggi, che hanno i calzari lui
no, il rosso è il simbolo del sangue. Questo ci fa comprendere che egli appartiene al mondo dei
morti d è morto di una morte violenta. Dietro al signore con la barba a sinistra e che ha un abito
che non è occidentale ci fanno pensare ad un umanista bizantino. Dietro di lui c’è un edificio
classicheggiante, dietro al giovane c’è un elemento naturale, un albero, il cielo, terzo personaggio
calvo di profilo indossa una ricca veste di Damasco c’è dietro una casa del tempo, il personaggio
di profilo è ben caratterizzato, è stempiato, hai capelli grigi ha il viso pingue. Si sono formate
ipotesi diverse su questo quadro, due ipotesi hanno identificato i personaggi in un certo modo e ha
dato certe datazioni. La prima ipotesi (non corretta ma pensata vincente) Il giovane si pensava
fossei l fratellastro di Federico da Montefeltro (Oddantonio) era stato il signore di Urbino ed era
morto in una congiura nel 1444 congiura ordita dai suoi consiglieri, Federico aveva sconfitto i
congiurati e si era preso il potere, si pensava che questo quadro fosse stato commissionato da
Federico per ricordare il fratello a cui doveva il trono (i signori ai lati si pensavano fossero i
consiglieri traditori) i critici avevano collocato il quadro attorno al 1450 quindi attribuendolo ad un
Piero ancora giovane, quest’ipotesi non regge per questioni anche stilistiche. Guardando alle
architetture, ai capitelli, al soffitto a cassettoni, le porte nella stanza della flagellazione, l’edificio
sullo sfondo… questi elementi denotano una conoscenza diretta di architetture romane che egli
non aveva in anni così precoci, egli andrà a Roma alla fine degli anni ’50. Tali architetture si
trovano dipinte nel ciclo delle storie della vera croce della chiesa di San Francesco ad Arezzo e
vennero fatte nella seconda metà degli anni ’50 a cavallo del viaggio romano, ciò stilisticamente fa
spostare la datazione più avanti, ciò che ha fatto cercare un’altra datazione sono le figure sotto il
porticatoo e una nuova lettura di questi volti, prima di riconoscere il ragazzo (figura abbastanza
ideale) Il dotto sulla sinistra corrisponde alle descrizioni del cardinal Bessarione (dotto proveniente
da Costantinopoli era in Italia per cercare attraverso la diplomazia di favorire la riunificazione fra la
chiesa d’oriente e d’occidente. Questa ricerca di unità fra le due chiese era un tormentone per
Piero. Bessarione era ospite alla corte di Montefeltro ed egli era p