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figg.1 - Mileto (Asia Minore)

fig.1.2 - Olinto

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figg.1.3 - Rodi

fig.2 - Priene (Asia Minore)

Il metodo urbano Ippodameo per certi versi fu adottato anche per plasmare le colonie romane,

quindi i plateai e stenopoi diverranno cardi e decumani, i Romani infatti furono per

antonomasia i maestri nell’urbanizzare le città ed i rispettivi territori conquistati, anche quelli

rurali da sud a nord dell’Italia.

L’arte di urbanizzare il territorio assoggettato è stato il fattore più importante, per tenerlo saldo e

soprattutto renderlo funzionale, atto a garantire le esigenze di un grande impero.

In primis iniziavano a edificare gli accampamenti militari su un’area pianeggiane, tracciavano due

croci per impostare il castrum e si eseguiva tutt’intorno al perimetro un fossato e infine

innalzavano palizzate in legno per difenderlo. Molte volte l’accampamento o castrum dopo diverso

tempo diveniva una colonia al centro di un punto strategico (controllo di vie di comunicazione e di

passaggi importanti, in un territorio ricco di risorse, ecc.), quindi iniziarono a pianificare anche il

territorio intorno, così costruirono strade, ponti, acquedotti, fondavano altre colonie, bonificavano

aree paludose, ecc., tutto questo era indispensabile per accattivarsi i popoli autoctoni e dare un

sistema viario di collegamento veloce per la Capitale, ma anche per spostare con velocità merci e

legioni militari da un territorio all’altro dove ce ne era bisogno.

A questo punto vi era anche il territorio agricolo disponibile dopo la conquista militare veniva

suddiviso in CENTURIAE, lotti quadrati di 50 ettari (200 jugeri) di superficie che venivano

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assegnati ai coloni , i lotti erano delimitati dai decumani, paralleli alla dimensione maggiore del

territorio o alla strada principale, e dai cardines, perpendicolari ad essi. L’operazione di

suddivisione dei terreni era eseguita con la groma o gnomon da tecnici specializzati (agrimensores

o gromatici), che provvedevano a realizzare due piante in bronzo del sito di cui una rimaneva nella

colonia e l’altra era inviata a Roma.

Se i Greci aprirono la strada alla razionalizzazione dell’area da urbanizzare, sono i Romani a

perfezionare l’urbanistica a tutto tondo, ovvero pavimentavano le strade, incanalavano le acque

meteoretiche e creavano fognature.

Un personaggio importante nel campo urbano fu Vitruvio, scrittore, ingegnere e architetto

romano del I secolo a.C., autore del trattato “De Architectura”, in cui teorizza la città organizzata su

una griglia ortogonale contraddistinta da due assi principali, ortogonali tra loro, Cardo Massimo

orientato a Sud-Nord, Decumano Massimo orientato a Ovest-Est. Queste strade principali dividono

la spazio urbano in quattro grandi parti, a loro volta suddivise in quadrati o rettangoli minori, dalle

strade secondarie tutte parallele al Cardo e al Decumano. Particolare attenzione veniva posta

all’aspetto monumentale e al foro, spazio commerciale e politico, luogo di incontro dell'intera

comunità. fig.3 - schema planimetrico Vitruviano

Uno degli esempi formidabili di organizzazione regolare di una planimetria è la colonia abruzzese

di Alba Fucens (III secolo a.C.), nel tessuto urbano si leggono chiaramente gli isolati rettangolari

(fig.2). Alba Fucens

I più importanti tessuti urbani romani ancora visibili nelle città attuali sono: Torino, Pavia, Verona

e Lucca (per citarne alcune). 4

Torino

Pavia

Lucca

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Dettagli
Publisher
A.A. 2007-2008
6 pagine
SSD Ingegneria civile e Architettura ICAR/18 Storia dell'architettura

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Peppepoppi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della città in evo antico, medievale e moderno e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi Mediterranea di Reggio Calabria o del prof Martorano Francesca.