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S. Firenze e piazza S. Croce. Nonostante i riferimenti diretti alle esperienze di Parigi e Vienna, le
proposte del piano si traducono in una soluzione diversa e assai distante dalla coerenza degli
esempi europei anche a causa della mancata previsione di qualsiasi criterio per la localizzazione
delle funzioni connesse alla capitale che non permette la formazione di un sistema organizzato. Le
funzioni della capitale trovano sede, infatti, nei palazzi antichi e nei conventi sdemenializzati,
riadattati in fretta. Parallelamente cresce di colpo la domanda di nuove residenze e si mette in
moto la speculazione edilizia privata che si concentra nei quartieri centrali con il riempimento dei
cortili vuoti e la suddivisione di vecchi stabili. Il conseguente rialzo degli affitti provoca l'espulsione
dal centro storico dei ceti popolari e l'aggravarsi delle condizioni d'uso delle abitazioni. Nel 1870
iniziano le demolizioni vicino a S. Lorenzo per la costruzione del Mercato centrale, su progetto di
Mengoni, e si da inizio alla sistemazioni dei lungarni con l'apertura di tratti stradali previsti. Le
incertezze di questi piani urbanistici riflettono i limiti della situazioni culturale ed economica
italiana; tuttavia, la storia della città italiana tocca con Firenze il punto di massimo avvicinamento
ai modelli europei. La sconfitta di Napoleone III a Sedan offre l'oppurtunità al governo italiano per
un'azione di forza su Roma che, con la Breccia di Porta Pia, viene annessa allo Stato. Con lo
spostamento del governo a Roma, restano a Firenze solo gli aspetti negativi della presenza della
capitale: il lievitare del prezzo dei suoli ed il processo di decentramento popolare. La modestia
delle iniziative economiche e l'abbandono del piano Poggi risparmiano a Firenze altre immotivate
distruzioni dopo quelle del Mercato Vecchio; mentre il rifacimento del tessuto antico si svolge per
sostituzione limitata di singole proprietà private.
- Roma: Deciso il trasferimento, il problema della natura e del tipo dello sviluppo nei confronti
dell'eredità storica e del papato resta ancora aperto nelle dimensioni del piano urbanistico di
Roma capitale. Sella è convinto della necessità di una capitale moderna giustapposta e non
sovrapposta ala città storica, così come era emerso dalla consulenza chiesta ad Haussmann. Il
confine della città è rappresentato dalle mura aureliane nella parte sinistra del Tevere mentre la
parte destra è racchiusa dalle mura medievali a nord e cinquecentesche a sud; la parte urbanizzata
rappresenta solo poco più di un terzo della superficie racchiusa dalle mura. Uno dei primi quartieri
nuovi nati è il quartiere Esquilino che sfrutta al massimo il terreno disponibile con una scacchiera
di case d'affitto interrotta da episodi come piazza Vittorio Emanuele in cui viene costruita nel 1863
la Stazione Termini. Questa espansione lungo le due direttrici parallele di via Nazionale e XX
Settembre conservano la propria logica anche nella nuova situazione poiché collegano la stazione
all'area del Quirinale. Il primo piano ufficiale del 1873 per la Terza Roma di Viviani sembra
interpretare queste tendenze attraverso un quartiere signorile al Gianicolo, un quartiere operaio e
industriale di ridotte dimensioni al Testaccio ed un'estensione al di fuori delle mura nell'area di
Prati; contemporaneamente appare la prima spregiudicata delibera di intervenire a fondo sulla
città antica con una serie di sventramenti con l'apertura di nuove arterie, tra le quali spicca la via
Vittorio Emanuele che passa attraverso il quartiere Rinascimento. Il successivo piano regolatore
del 1883, sempre di Viviani, ricalca le linee di quello precedente ma tenta una sistemazione
logistica per le attrezzature pubbliche oltre a prevedere ulteriori lottizzazioni a scacchiera del colle
dell'Aventino e nell'area tra il Tevere e la via Flaminia. Verso la fine degli anni '80, l'unico quartiere
popolare del Testaccio non è in grado di far fronte alla necessità della domanda da parte dei ceti
popolari che si sposteranno nelle zone marginali della città, negli spazi ancora liberi, in
baraccamenti di fortuna chiamati villaggi abissini separati nettamente rispetto alla città borghese
dalla fascia della zona archeologica. Le idee su Roma come capitale, in realtà, restano limitate dalla
scarsa chiarezza delle prospettive che, se a Firenze possono essere giustificate dalla provvisorietà
della situazione, a Roma si traducono in un problema strutturale. Resta come dato costante
l'esclusione delle industrie e l'esaltazione delle funzioni terziarie della città per evitare gli impeti
popolari che ne deriverebbero. Nel 1903 viene istituito l'ICP di Roma che da inizio al primo
progetto unitario di edilizia popolare con il quartiere di S. Saba. Nel 1907 Nathan propone per la
prima volta un programma amministrativo di ispirazione democratica concepito al di fuori di
interessi personali con interventi di edilizia popolare ed un efficace controllo sulla speculazione
delle aree. Negli anni '30 si edifica il quartiere popolare della Garbatella ricercando l'estetica del
pittoresco e della città giardino nel quale vengono alloggiati gli abitanti sfrattati per far posto a via
dei Fori Imperiali. L'altare della patria, nato come monumento a Vittorio Emanuele, venne eretto
sull'altura del Campidoglio sullo sfondo del Corso e trova il suo ruolo solo negli anni '30 con la
sepoltura di un milite ignoto. I successivi piani regolatori sono sanatorie a posteriori delle iniziative
spontanee dei privati mentre la forma della città si delinea confusamente attraverso la
realizzazione di una serie episodica di opere pubbliche, di attrezzature e monumenti. Una delle
poche esperienze positive del primo Dopoguerra è il grande programma di edilizia pubblica
promosso dall'INA casa. Gli sventramenti attuati nel periodo fascista provocano l'allontanamento
di migliaia di persone dal centro che andranno ad insediarsi nelle borgate periferiche che, non
essendo sufficientemente capienti vengono accompagnate da borghetti illegali che occupano le
terre di risulta nel tessuto già urbanizzato con case unifamiliari abusive, generalmente a due piani.
Nel 1962 viene redatto un nuovo piano regolatore per Roma che ha l'obiettivo di dare ordine allo
sviluppo urbano concentrandolo prevalentemente verso est; inoltre vengono sanate 44 borgate
abusive portando le infrastrutture primarie ed i mezzi pubblici.
- Le città di Fondazione: in Italia, nel ventennio fascista, si sviluppano interventi urbani
riconoscibili perché spesso realizzati in scala monumentale, declinando elementi classici in stile
moderno, comunemente noto come stile littorio. Vengono realizzate numerose città sia in
Sardegna (Carbonia) che nell'Agro Pontino, a sud di Roma. La costruzione di così tante città nuove
in Itali è un caso unico in Europa a cui si interessano anche i maestri dell'architettura
contemporanea, tra cui Le Corbusier e Wright. Littoria (1932-36): oggi Latina, a differenza delle
altre città di fondazione in cui sono ben riconoscibili i quattro assi perpendicolari, la struttura
urbana è delineata da sei assi radiali principali. L'opera nazionale combattenti aveva sede nel
cuore civico della città, mentre la chiesa e gli altri edifici religiosi sono rilegati in piazze minori. Le
residenze previste erano in linea o unifamiliari tutte con un piccolo appezzamento di terreno per
favorire l'aspetto agricolo, non vi erano, invece, i condomini. Il municipio è caratterizzato dall'alta
torre che conferisce all'edificio un aspetto dominante sulla piazza. Sabaudia (19833-34): nel
tessuto urbano sono ben riconoscibili il cardo ed il decumano. La striscia di terra che divide il mare
al lago non è sottoposta a bonifica per salvaguardare l'attività agricola, ma, nel secondo
Dopoguerra, viene occupata da villini di vacanza. L'accesso alla città avviene attraverso una strada
lineare che attraversa un boschetto e si nota subito la torre civica. La chiesa riprende tipologie
antiche ma è chiaramente contemporanea, mentre l'ufficio postale, opera di Mazzoni, è uno degli
edifici più eccentrici e riprende l'architettura navale. Quartiere EUR: doveva essere finito per la
fiera universale del '42, in occasione del ventesimo anniversario della marcia su Roma. Anche qui
sono ben visibili il cardo ed il decumano.
- Milano: la situazione urbana alla fine degli anni '50, è strutturalmente simile a quella ereditata
dall'età napoleonica; emerge l'accentuata compattezza dell'abitato entro il giro dei Navigli e la più
aperta stesura dell'anello tra i Navigli e le mura spagnole. Verso nord-ovest spicca l'ariosa
sistemazione del Castello, della piazza d'Armi e della via del Sempione; mente la ferrovia passa a
nord della città attraverso il Lazzaretto, ormai in disuso. La ristrutturazione dell'isolato fra la piazza
del Duomo e piazza della Scala è affidata a Mengoni che realizza la Galleria coperta cruciforme, il
cui braccio maggiore assicura il collegamento tra le due piazze. Una vasta demolizione è prevista
per gli edifici di fronte al Duomo, lo spazio così sarà definito ai lati da porticati continui. La
costruzione del complesso della galleria introduce il centro della città un nodo di intensa vita
commerciale. La prima grossa operazione messa a segno dal capitale fondiario è la lottizzazione
del Lazzaretto, che occupa brutalmente un quadro già urbanizzato delineando chiaramente il
rapporto di soggezione della autorità pubblica ed anticipando quanto sarà poi realizzato dal piano
Beruto. A Milano tuttavia non esiste un piano regolatore per cercare deliberatamente di non
ostacolare l'attività privata; è solo quando la società fondiaria intende sfruttare in chiave
residenziale l'area di piazza d' Armi che si pone il problema della necessità di uno strumento
urbanistico generale. Il piano Beruto del 1885 è un piano di ampliamento che propone un
inquadramento delle prevedibili tendenze di espansione su tutto l'arco periferico addossato al
perimetro antico. Gli isolati di 200 metri di lato sono facilmente divisibili in lotti minori, nel piano
manca qualsiasi connessione organica con il territorio oltre alla previsione di aree attrezzate o di
zone funzionanti manca anche una previsione di parchi urbani e regolamenti precisi di supporto
per l'attuazione del piano. Agli inizi del '900 inizia il processo di terziarizzazione del centro storico,
cui si contrappone l'espansione periferica sollecitata dal rafforzamento della base industriale della
città. I complessi produttivi e la periferia residenziale operaia si addossano ancora alla fitta
articolazione dei borghi, saldandolo e saturandoli progressivamente. Questa evolu