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FASI STORICHE DEL PROCESSO DI INDUSTRIALIZZAZIONE SU SCALA INTERNAZIONALE:

1. L'età della Prima Rivoluzione industriale (1750-1850)

  • Il Decollo (1765-1790)
  • Crescita e consolidamento (1825-1848)

2. L'epoca della Seconda Rivoluzione Industriale (1870-1970)

  • Crescita sostenuta e Globalizzazione (1870-1913)
  • Disintegrazione e crisi (1914-1945)
  • L'età dell'oro (1950-1973)

3. Gli ultimi 30 anni: L'inizio di una Terza Rivoluzione Industriale

  • La rivoluzione elettronica ed informatica
  • Declino del modello fordista
  • Fine del primato americano?

Lo sviluppo economico moderno si manifesta, alla fine del 700, con la Rivoluzione Industriale inglese ed assegna all'industria un ruolo trainante nella crescita economica. Si parla di Prima, Seconda e Terza Rivoluzione Industriale che rappresentano momenti successivi di un fenomeno che si è innescato a partire dalla metà del 700. L'Italia inizia

La sua esperienza come Stato Unitario al culmine della Prima Rivoluzione Industriale, quando la Gran Bretagna è già un colosso ed ha distanziato gli altri Paesi. In particolare, l'Italia inizia il suo percorso di Stato Unitario durante quella fase chiamata Seconda Rivoluzione Industriale e vivrà i due momenti di maggiore sviluppo in corrispondenza delle sue stagioni migliori.

Il primo momento di sviluppo si verifica tra il 1896 e il 1913 ossia nella definita Fase di Crescita Sostenuta e Globalizzazione, con una crescita particolarmente vigorosa fino al 1907. È il momento che gli storici economici hanno definito la fase di decollo dell'economia italiana, un'economia che nei primi decenni aveva un po' ostentato ed era cresciuta in modo frammentato, ad un certo punto la crescita è vertiginosa e si mantiene sostenuta fino al I Conflitto Mondiale.

L'altro grande momento di sviluppo dell'economia Italiana è concentrato nell'

Età dell'oro (anni 50 e 60 del 900), in questa fase l'Italia conosce quello che è ricordato come "Miracolo economico Italiano". Dunque nell'arco di un secolo e mezzo l'Italia ha vissuto momenti di grande sviluppo che gli hanno dato la possibilità di irrobustirsi seguendo l'andamento generale dell'economia internazionale. Durante questi anni, l'economia italiana ha conosciuto anche due cadute in seguito alla partecipazione alle due guerre mondiale. Il 2005 rappresenta il punto di arrivo di una crescita economica, che se pure con qualche caduta, si è costantemente manifestata lungo il corso della storia italiana. Gli anni successivi ed in particolare l'ultimo anno rappresentano la ricaduta anche se attualmente non si dispone ancora di un quadro preciso. Nel 2005 l'Italia contribuiva per il 2,7% alla produzione; i 59 milioni di abitanti italiani rappresentano l'1% delle popolazione mondiale; per prodotto

pro-capite con 31,860 $, l'Italia si presenta nel ristretto club dei paesi più avanzati. La ricchezza italiana pro-capite è 1/3 inferiore rispetto agli USA (43,730 $ procapite); la Germania ha un pro-capite di 35,030 $, il Giappone 34,080 $. In compenso, nel 2005, è molto grande il divario con i Paesi emergenti (Cina e India). Rispetto al valore medio mondiale, il dato italiano è più che triplo. Per stimare la ricchezza degli italiani, la Banca d'Italia ha promosso una ricerca dalla quale è emerso che il patrimonio delle famiglie italiane, al 2005, era costituito per 2/3 da beni reali (terreni, fabbricati, immobili), per 1/3 da beni finanziari (moneta, crediti, titoli) e il 39% del patrimonio delle famiglie italiane corrispondeva a 10 volte il reddito disponibile al netto delle imposte. Dunque, le famiglie italiane sono fortemente patrimonializzate. Agli inizi degli anni '90, le Nazioni Unite hanno chiesto di rivedere i dati relativi alla ricchezza per allargare.

La ricerca ha cercato di capire in che modo la ricchezza incideva sulla vita delle persone. Hanno, quindi, promosso un nuovo indicatore per stimare la qualità della vita. Si è ritenuto, infatti, che il PIL non fosse un indicatore sufficiente ma che si dovesse affiancare ad esso qualcosa che tramuti la ricchezza in qualità della vita. Si è cominciato a guardare ad alcuni dati essenziali: INDICE DELLO SVILUPPO UMANO: Prendi in considerazione la vita media, l'accesso ai servizi sanitari, l'accesso ai livelli di istruzione. Questo indice è stato costantemente perfezionato. Secondo l'indice dello Sviluppo Umano, l'Italia si colloca al 20esimo posto, gli USA al 12esimo, la Svizzera al 7. Ciò vuol dire che gli italiani sono collocati tra i popoli più ricchi nel patrimonio, nel reddito e nelle altre manifestazioni del benessere. Ma nonostante questo, negli anni più recenti, la società italiana è stata attraversata

da insenso di precarietà. La parola declino (Declino economico/ Declino Industriale) negli ultimi anni è stata usata molto spesso, così si è cominciato a chiedere se il benessere che l'Italia aveva raggiunto fosse una condizione stabile o se si potesse tornare indietro. Da qui è nata l'esigenza di pensare al passato, dato che molte carenze ed insufficienze del nostro sviluppo hanno origini lontane. A questo fine ripercorreremo un secolo e mezzo di storia analizzando alcune categorie macroeconomiche: 1. Domanda e consumo; 2. Tecnologia; 3. Forme Finanziarie; 4. Ruolo dello Stato. DOMANDA E CONSUMO Per analizzare il tema bisogna fare riferimento alla distribuzione della popolazione attiva (vedi schema lez. 8) così come si è sviluppata dall'unificazione al 2005. Popolazione attiva Gran Bretagna Italia (1851) (1861) Agricoltura 22 69.7 Industria 43 18.1 Servizi 35 12.2 Dai censimenti della popolazione, si evidenzia una grande percentuale di addetti.

impiegati nel settore primario e una % modesta di addetti impiegati nel settore terziario e secondario. Non sono dati molto precisi, in quanto il servizio statistico nazionale, negli anni '60, era ancora da costruire, le strutture di indagine e i mezzi erano carenti. Tuttavia i dati dicono molto, soprattutto se si paragonano i dati del '51 della Gran Bretagna con quelli del '61 dell'Italia.

La situazione dei due Paesi è molto diversa; l'anno riferito alla Gran Bretagna è l'anno in cui essa celebra il suo avanzamento industriale ed economico e l'Italia impiegherà un secolo per raggiungere la situazione in cui la % di popolazione attiva impiegata nel settore industriale è maggiore di quella impiegata nell'agricoltura.

Per analizzare il tema della popolazione attiva, che è un indicatore significativo dello sviluppo economico moderno, è opportuno fare riferimento alla Legge dei 3 Settori e la Legge di Engel che

la legge di Engel, al crescere del reddito di una popolazione, la quota di spesa destinata ai beni di prima necessità diminuisce, mentre aumenta la quota destinata ai beni di consumo non essenziali e ai servizi. Questo comporta un aumento della domanda di beni e servizi del settore terziario, che a sua volta porta ad un aumento dell'occupazione in questo settore. In sintesi, la Legge dei tre Settori e la Legge di Engel spiegano il motivo per cui la popolazione si sposta da un settore all'altro: il progresso economico porta ad un aumento del reddito e ad un cambiamento delle abitudini di consumo, che a loro volta determinano un cambiamento nella struttura dell'occupazione.

Tale legge, al crescere del Reddito vi sarebbe un mutamento nell'elasticità relativa delle grandi categorie di consumi: i consumi alimentari crescerebbero meno rapidamente degli altri. Al crescere del reddito la cifra destinata all'alimentazione non cresce proporzionalmente ma cresce meno. Ciò vuol dire che c'è una quota di reddito crescente da destinare ad altri consumi, consumi che sono soddisfatti dal settore secondario e terziario. Pertanto, essendo i consumi alimentari soddisfatti essenzialmente dalla produzione agricola, la crescita del Reddito complessivo di una collettività comporterebbe un maggior incremento delle produzioni extra-agricole e quindi dell'occupazione al di fuori del settore primario. Questo era alla base dello sviluppo economico moderno anche perché le popolazioni pre-industriali non avevano opportunità sotto questo punto di vista, essendo costrette a destinare quel poco di cui disponevano esclusivamente alla sopravvivenza.

mangiare evestire. Nelle campagne si consumava solo ciò che si produceva e questa condizione non si modifica per circa due secoli. Per coloro non impiegati nel settore agricolo la spesa alimentare assorbe 3/4 del reddito disponibile, questo spiega perché la domanda dei beni provenienti dal settore secondario e terziario era piuttosto scarsa. Tenendo presente lo schema della Ripartizione della popolazione attiva, nel 1961 il 69.7% della popolazione attiva opera nel settore primario e questa quota nel tempo decresce gradualmente. Cinquant'anni dopo c'è una diminuzione di circa il 10% della popolazione attiva impiegata nell'agricoltura, anche se è ancora una % prevalente e per vedere prevalere gli addetti nel settore industriale rispetto agli addetti del settore agricolo bisogna arrivare al 1951. Il passaggio della popolazione attiva da un settore all'altro è stato molto graduale ed ha causato delle conseguenze sul nostro.sviluppo. L'agricoltura italiana è caratterizzata da una forte eterogeneità, fatto già evidenziato a fine 800 di fronte al manifestarsi della crisi agraria provocata dall'arrivo sui mercati europei dei cereali americani a basso costo. Infatti, in questi anni il governo italiano promuove una grande inchiesta per cercare di conoscere meglio l'agricoltura italiana da cui emerge che non esiste un Italia agricola ma più "Italie agricole" molto diverse tra loro, come è per l'appunto riportato dal presidente della Commissione inchiesta Agraria Stefano Iacini. Si tratta di zone diverse dal punto di vista del paesaggio agrario (ossia l'Italia padana è diversa da quella meridionale e peninsulare) di zone con colture diverse e con contratti agrari diversi. Nelle valli padane ad un certo punto comincia ad affermarsi un'agricoltura più moderna che fa ampio ricorso al lavoro salariato, bracciantato, che impiega macchinari e Tecn

tecn

Dettagli
A.A. 2012-2013
154 pagine
2 download
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/12 Storia economica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher valeriadeltreste di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Governo e direzione d'impresa e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Lucarelli Stefano.