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Il cammino dell'Europa I: dall'egemonia mondiale ottocentesca alla crisi dell'eurocentrismo di inizio Novecento

L'impatto dell'espansione europea sul resto del mondo

Nel XV e XVI secolo, l'affermarsi in Europa di un nuovo ideale di vita e la straordinaria fioritura degli studi e delle arti (nonché degli armamenti), noti col termine "Rinascimento" e non riscontrabili nelle civiltà degli altri continenti, furono il preludio del futuro dominio dell'Europa sul resto del mondo.

Nel corso del Settecento la costante crescita degli scambi commerciali dell'Europa costituì un'economia transcontinentale, in cui le risorse prelevate dai domini coloniali in Asia, America e Africa vennero immesse in un circuito di produzione e distribuzione di dimensioni planetarie. Era solo un ricordo quel piccolo mondo mediterraneo, con le sue diramazioni verso il Medio Oriente, la Scandinavia e le pianure russe, entro i cui limiti era

È stata confinata l'economia fino al XVI secolo. Il XIX secolo vide una nuova fase di espansione coloniale europea, per evidenziare la quale fu coniato il termine "imperialismo", intendendo rimarcare la travolgente annessione di economie extraeuropee alla ricerca di mercati protetti. Si può dunque parlare di "eurocentrismo" o di egemonia mondiale dell'Europa nel XIX secolo poiché in America Latina gli Europei non ebbero concorrenti, giacché le civiltà indigene vennero distrutte o emarginate, mentre gli Stati Uniti erano impegnati nel consolidamento della loro giovane esistenza; in Africa misero velocemente in piedi uno sfruttamento intenso come in America, una volta intraviste le risorse di quelle terre e non più scoraggiati dalla presenza dell'impero ottomano; in Asia le 3 grandi realtà statali (Cina, Giappone e Persia), ad eccezione dell'India che venne sottoposta al controllo inglese ed olandese, di fatto.

resistettero al controllo europeo, ma chiuse a riccio in sé stesse e senza certocompetere con l'Europa per l'egemonia mondiale; l'Oceania è stata da poco scoperta e colonizzata, ma non riveste unruolo di interesse primario. Rivoluzioni e controrivoluzioni Non si può non restar colpiti dalla successione rapida delle rivoluzioni tra il 1773 (assalto di Boston) e il 1848 (motirivoluzionari). Le nuove idee bandite dagli illuministi, lo squilibrio delle strutture sociali, la congiuntura economica (rialzodei prezzi), la continua crescita della popolazione (rivoluzione demografica) furono tra le ragioni che determinaronoqueste rivoluzioni politiche a catena. La società andava trasformandosi e crescendo notevolmente: a bilanciare questimutamenti erano necessari assestamenti politici che si adeguassero alla realtà in evoluzione, costituita di nuovi poli dipotere economico e di masse operaie progressivamente coscienti della loro forza.

Europa i primi segnali del prossimo tracollo dell'Antico Regime si avvertirono negli anni Settanta e Ottanta, nelle ribellioni nobiliari e contadine in Ungheria e in Transilvania, così come nella grande rivolta del russo Pugacev (1773-74), e nelle insurrezioni che serpeggiavano per tutta l'Europa. L'insofferenza borghese per la propria esclusione dalla scena politica e per i privilegi nobiliari, una grave crisi economica e la conseguente carestia, e l'esempio proveniente dalla lotta di indipendenza dell'America, catalizzarono in Francia le tante e spesso confuse aspirazioni della società europea, in quegli eventi rivoluzionari che vanno sotto il nome di "Rivoluzione Francese", la quale aprì la strada ai progetti espansionistici di Napoleone. Messosi in luce nelle fortunate campagne militari della Francia rivoluzionaria, Napoleone si presentò come l'uomo che poteva riportare l'ordine in Francia, ma dopo il colpo

Di stato del 18 brumaio (9 novembre 1799), e la simbolica auto-incoronazione a imperatore nel 1804, assunse il comando della Francia imperiale, dominando la scena e la carta politica europea, fino all'esito disastroso della campagna di Russia del 1812, che segnò l'inizio del declino della sua fulminante comparsa.

Naturalmente l'Europa dei sovrani assoluti si opponeva alla dilatazione della Francia, né si curvò immediatamente alle nuove pretese, tentando di bloccare il contagio rivoluzionario con un complesso gioco diplomatico durante il Congresso di Vienna (1814-15), che ridisegnerà l'Europa dell'800 nel segno dell'equilibrio e di una Restaurazione che riconsegnasse il diritto di governare al monarca. Il nuovo assetto raggiunto, antiliberale e antinazionale, certamente non tenne conto delle nascenti aspirazioni dei popoli, ma ebbe di mira l'equilibrio tra le grandi potenze (Austria, Gran Bretagna, Russia, Prussia) ed

impedì con successo che l'una prevalesse sull'altra. La maggiore distensione tra le potenze e le reciproche alleanze, permisero di concentrare le forze contro le ripetute esplosioni di rivolte che rivendicavano indipendenza, libertà e il nascente concetto di nazionalismo. Nella seconda metà dell'800 la grande novità che si produsse sulla scena europea fu la formazione degli Stati nazionali: quello tedesco venne unificato ad opera della Prussia con un'azione politica e militare di cui fu il regista il cancelliere Otto von Bismarck. Quando il processo di unificazione tedesca giunse al termine con la solenne proclamazione del II Reich nel 1871 (il I Reich, il Sacro Romano Impero, era scomparso nel 1806), si può affermare che l'Europa disegnata al Congresso di Vienna fosse definitivamente scomparsa. L'Italia riuscì ad approfittare dei mutati equilibri europei, per raggiungere anch'essa l'unificazione e.trasformazione senza precedenti. L'industrializzazione portò alla nascita di nuovi parametri di potere, che andarono a sostituire quelli tradizionali basati sulla nobiltà e sul clero. In questo contesto, la borghesia industriale divenne la classe dominante, grazie alla sua ricchezza e al suo potere economico. I nuovi capitalisti, grazie agli investimenti nell'industria e al controllo dei mezzi di produzione, accumularono enormi fortune e acquisirono un'influenza politica sempre maggiore. Parallelamente, si assistette alla nascita del proletariato industriale, la classe operaia che lavorava nelle fabbriche. Questi lavoratori, spesso sfruttati e costretti a vivere in condizioni di estrema povertà, iniziarono a organizzarsi in sindacati e movimenti politici per difendere i propri diritti e migliorare le proprie condizioni di vita e di lavoro. L'industrializzazione portò anche a un rapido sviluppo delle città, con la nascita di nuovi quartieri industriali e l'espansione delle aree urbane. Questo fenomeno, noto come urbanizzazione, comportò una serie di problemi sociali, come la sovrappopolazione, la mancanza di servizi pubblici e le condizioni igieniche precarie. Inoltre, l'industrializzazione portò a una profonda trasformazione dei rapporti sociali e delle strutture familiari. La famiglia borghese, basata sul modello patriarcale, divenne sempre più nucleare, con il padre che lavorava fuori casa e la madre che si occupava della gestione domestica. Al contrario, nelle famiglie operaie, entrambi i genitori erano costretti a lavorare per sostenere la famiglia. In conclusione, l'industrializzazione del XIX secolo portò a profondi cambiamenti sociali, economici e politici. Nuovi parametri di potere emersero, con la borghesia industriale che divenne la classe dominante. Allo stesso tempo, il proletariato industriale si organizzò per difendere i propri diritti. L'urbanizzazione e la trasformazione delle strutture familiari furono altri importanti effetti dell'industrializzazione.
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Publisher
A.A. 2012-2013
2 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher niobe di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dell'Europa occidentale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pavia o del prof Majocchi Luigi Vittorio.