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LA CONOSCENZA DELL'ARTIGIANO
Secondo Vico, è possibile conoscere solo ciò che si è fatto, che si è prodotto: qualcosa di osservato
dall'esterno non può essere colto davvero a pieno. Solamente l'artigiano o l'artista ha una
percezione totale della sostanza che genera – non a caso Dio, che ha fatto il mondo, è l'unico in
grado di poterlo conoscere davvero e perfettamente. Da qui, il filosofo scrisse la famosa frase Il
vero e il fatto coincidono (Verum et factum convertuntur ).
16
Il sapere speculativo e tramandato, insomma, è di ordine inferiore poiché è incompleto: se uno
sgabello è studiato nelle sue caratteristiche da uno scienziato, la sua conoscenza sarà quella di
qualcun altro assimilata da un secondo individuo; il vero sapere in questo caso potrebbe
appartenere davvero solamente all'artigiano che là costruito. Per questo motivo il sapere del
poeta, scriverà Vico più avanti, è più fondamentale ed originario di quello dello scienziato.
LE TRE ETÀ DELLA STORIA
La narrazione del mito è quel tipo di sapienza che spinge gli uomini ad aggregarsi e a fondare una
cultura comune. Infatti, la verità mitopoietica si serve tipicamente di un linguaggio di immagini che
si susseguono nella storia, che dipendono dall'umanità di una certa epoca.
Vico basa la sua storia ideale ed eterna non sugli eventi storici veri e propri, ma sui mondi che
l'uomo attraversò nei secoli, sui contesti e sugli immaginari che si avvicendarono. In particolare,
secondo il filosofo furono tre le età dell'umanità nella sua storia:
Età degli dei: l'uomo era dominato dai sensi e l'unico tipo di astrazione riguardava un
• linguaggio che si esprimeva in modo immediato, immaginando gli dei e altre figure
mitologiche. La vita dell'uomo era assorbita dal divino, era un animale con potenzialità.
Età degli eroi: la sapienza era totalmente quella poetica e vi era un grande uso della
• fantasia per fissare le conoscenze. È la sede della sapienza originaria e più vera, perché è
vissuta dagli uomini che fondarono per primi le nazioni e le umane cose: essendone i
fautori, sono coloro che le possono conoscere davvero fino in fondo.
Età degli uomini: la pulsione di tramandare la sapienza s'è ridotta alla razionalizzazione
• concettuale e ha perso la sua potenzialità metaforica.
Secondo Vico, quando una civiltà giunge ad un'età di razionalizzazione, è destinata inevitabilmente
a declinare per poi rinascere e riscoprirsi in una nuova sapienza poetica, ricominciando con un
analogo dell'età degli dei.
16 - Significativamente, l'intuizione giunse a Vico dalle sue ricerche sulla lingua latina, in cui le parole verum e factum coincidevano effettivamente in
molti contesti. Il chiodo fisso del filosofo era quello di costruire una filosofia che partisse dagli stessi capisaldi delle culture più antiche, perché sono
le più vicine all'antica età degli dei in cui la superiore sapienza poetica era la portatrice dei messaggi più genuini. 22
LA COMPLESSA CONOSCENZA UMANA
Tutti i linguaggi della storia vera – l'oggetto della scienza nuova – hanno in comune di essere un
prodotto della fantasia, come facoltà di concepire e creare dei mondi da trattare di per sé stessi. La
fantasia lavora determinando nei secoli degli universali fantastici, cioè dei simboli che attraversino
le epoche per guidare la costruzione consapevole dei miti . Per farne un esempio, l'universale
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scientifico del coraggio viene ben rappresentato dall'universale fantastico di Ulisse.
L'uomo insomma possiede due facoltà: una analitica e una sintetico-poietica. È sano che le due
vengano usate in maniera equilibrata e non conflittuale, e soprattutto che la prima non tenda a
sovrastare la seconda. Che senso ha allora fare filosofia? Il ruolo del filosofo è semplicemente
quello di spiegare come fare correttamente mitopoiesi e di capire il modo in cui purificare la
propria ricerca da un predominio assoluto della sola analisi.
17 - Qualcosa di simile a ciò che Jung chiamerà più avanti archetipi. 23
BAUMGARTEN
DISTINZIONE E CONFUSIONE
Baumgarten, l'iniziatore dell'estetica in quanto materia, fu una sorta di controparte di Vico dalla
parte della filosofia scolastica del Settecento. Tenendo buone le due vie conoscitive individuate da
Leibniz, la distinzione e la confusione, la scienza fornisce una conoscenza che fa uso della prima e
l'arte completa, approfondendo i concetti con la seconda.
LA FANTASIA
La facoltà attraverso cui l'uomo può fare tanto è la fantasia, come capacità di generare e
manipolare concetti fantastici detti fantasmi. Questi sono composti da più idee basilari, i figmenti,
che possono essere di tre tipi:
Veri;
• Utopici;
• Eterocosmici.
•
L'ARTE COMPLETA LA VISIONE DI UN OGGETTO
Il mondo non si risolve secondo Baumgarten semplicemente a ciò che c'è, alla somma delle sue
parti. Dal punto di vista conoscitivo vale la pena di valutare anche l'impressione generale di un
tutto, che può essere colto nella sua completezza solo aprendo la propria ricerca all'integrazione
dell'esistente con i fantasmi, letteralmente con le fantasie a riguardo. La così definita impressione
generale può essere dunque descritta in base a quelli che il filosofo chiama nessi significativi.
Il ruolo del poeta è precisamente quello di costruire questi nessi significativi per fornire gli
elementi di una visione totale dell'oggetto della sua arte. 24
KANT
INTRODUZIONE
INTRODUZIONE
Kant nacque nel 1724 a Königsberg nella Prussia Orientale e morì nel 1804, vivendo come filosofo
simbolo dell'Illuminismo nel suo culmine e tramonto. Egli si espresse notoriamente nel campo
dell'estetica, quando ormai essa era già da circa mezzo secolo una materia vera e propria, nella sua
Critica della facoltà del giudizio. Fu un uomo colto e informatissimo su tutta la filosofia europea del
suo tempo, quindi la sua speculazione fu ricca e ragionata secondo molte influenze e punti di vista
– nel contesto dell'estetica come in altri.
LE ORIGINI DELL'INTERESSE IN ESTETICA
Nel 1764 Kant aveva già scritto un saggio intitolato Considerazioni sul sentimento del bello e del
sublime, in cui ebbe già le prime intuizioni che furono fondamentali nella sua opera più estesa.
Queste posizioni embrionali sul tema vennero tuttavia superate con la terza Critica – l'opera era
forse ancora troppo influenzata dai pensatori francesi suoi contemporanei.
Nel periodo in cui insegnava all'università, poco più avanti (nel 1765), il filosofo tenne un
importante discorso introduttivo ad un suo corso che esaminava i rapporti tra logica ed estetica. La
sua bibliografia era in ogni modo classica: l'opera di Baumgarten era il manuale adottato di canone.
Dal punto di vista del filosofo, tuttavia, egli fu solo uno dei tanti pensatori che scrisse in quel
periodo a riguardo del senso del gusto senza saper giungere ad una conclusione definitiva.
Baumgarten infatti, insieme a Hume , fu uno di quelli che tentò di rendere critica del gusto una
18
vera scienza (filosofica), ma Kant non era ancora d'accordo che ciò fosse possibile: su tali
argomenti non è facile infatti trovare delle premesse a priori da cui far partire una logica, poiché il
gusto per definizione trae le sue conclusioni a posteriori. In altre parole, non sembrava che la
materia sarebbe mai arrivata a formulare giudizi universali e necessari, unici fondamenti della vera
scienza secondo Kant.
LE INTUIZIONI NELLA CRITICA DELLA RAGION PURA
Dopo essere diventato professore di ruolo nel 1770 ed aver scritto il De mundi sensibilis atque
intelligibilis forma et principiis, non produsse niente per dieci anni prima di uscirsene nel 1781 con
la Critica della ragion pura. Una parte dell'opera si intitola significativamente Estetica
trascendentale, poiché riguarda le condizioni di possibilità dell'esperienza sensibile per quanto
questa è possibile a priori: si determina finalmente che un'estetica scientifica è fattibile grazie alle
due intuizioni pure di spazio e tempo. Insomma, per Kant l'estetica è una ricerca sullo spazio e sul
tempo.
Per quanto concerne il contenuto dell'estetica, tuttavia, egli rimane fedele a sé stesso nel
discredito della materia così come l'aveva intesa Baumgarten: i suoi giudizi di gusto – si ricorda in
nota nel testo originale – non possono avere un contenuto a priori, non sottoposto all'arbitrio
dell'esperienza, proprio perché le fonti da cui derivano sono empiriche, a posteriori. Nella seconda
edizione dell'opera (1786), Kant modificherà la stessa nota scrivendo che le principali fonti dei
giudizi di gusto sono empiriche.
18 - Il filosofo è citato perché fu colui che coniò la definizione critica del gusto per l'estetica, che sarà tanto cara a Kant. 25
LA SCOPERTA DEL SENTIMENTO
Questa apertura verso una possibile trattazione più approfondita e meno pregiudiziale dell'estetica
portò più avanti il filosofo a fare una grande scoperta: in realtà esiste una fonte intrisa nella natura
umana che predispone i giudizi di gusto, ovvero il sentimento. In accordo con le tesi psicologiche
del suo tempo, nella Critica del giudizio si teorizzerà infatti l'esistenza di una terza facoltà umana,
quella di provare piacere e dolore, chiamata sentimento. Dal punto di vista conoscitivo, essa dona
all'uomo la capacità di conferire anche un senso qualitativo e soggettivo alle esperienze: la così
detta facoltà di giudizio. 26
LE PREMESSE DELL'ESTETICA
IL PROBLEMA DELLA CRITICA DELLA RAGION PRATICA
Nella Critica della ragion pratica si lascia intendere che il nostro agire può essere basato su almeno
una parte della struttura noumenica del mondo: noi stessi, in quanto siamo cose in sé come
qualsiasi noumeno. Capendo dunque che l'uomo è qualcosa di distinto all'interno del mondo
perché è ciò che ha libertà, allora è possibile anche definire una legge morale propria per il suo
comportamento.
Nel lessico di Kant, la libertà in sé è la ragione d'essere della legge morale, la quale è la ragione di
conoscenza della libertà – se la libertà fosse propria anche del mondo, non avrebbe senso che
esistano delle leggi naturali necessarie. La libertà stessa, nelle sue limitazioni deterministiche, è ciò