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LA SVOLTA RINASCIMETALE
Nei primi decenni del Quattrocento, Firenze attraversa un esaltante momento di prosperità ,
dopo gli anni bui seguiti dalla peste del 1348, segnati da problemi economici e sociali.
In questo clima di esaltazione delle virtù civiche e di recupero delle radici antiche della città,
vede alla luce nei primi anni del Quattrocento – ad opera di Brunelleschi, Donatello e Masaccio
– il fenomeno radicalmente nuovo del Rinascimento. Rinascimento è l’imporsi di una nuova
mentalità, di un nuovo modo di concepire l’uomo e il mondo.
Episodio emblematico nella vicenda dell’affermazione degli ideali rinascimentali è
sicuramente quello del concorso del 1401 bandito dai canonici del Duomo di Firenze per
scegliere lo scultore a cui affidare l’esecuzione della seconda porta del Battistero di Firenze. Ai
partecipanti fu richiesto di realizzare la scena biblica del Sacrificio di Isacco su di una formella
polilobata . Delle diverse formelle realizzate dai partecipanti spiccano le due eseguite da
Lorenzo Ghiberti, che vinse il concorso per il suo gusto più tradizionale, e quella di Filippo
Brunelleschi.
• “SACRIFICIO DI ISACCO” LORENZO GHIBERTI (1401)
Un fiammeggiante sperone di roccia permette allo scultore di organizzare e unificare la
scena: sulla sinistra si trovano due eleganti servitori che discutono tra loto, sulla destra,
Abramo punta il coltello alla gola del figlio Isacco, che Ghiberti descrive con precisa
cura anatomica, in alto invece compare l’angelo inviato da Dio che fermerà la mano di
Abramo impedendo il sacrificio. A completare l’equilibrata composizione, l’artista
colloca sulla cima dello sperone, sulla sinistra l’ariete destinato al sacrificio. La modalità
di rappresentazione utilizzata da Ghiberti è più vicina al Gotico Internazionale , con
meno interesse prestato alle sequenze , ma gli elementi presenti sono accostati in
sommatoria, dove il primo piano si fonde con il secondo.
• “SACRIFICIO DI ISACCO” FILIPPO BRUNELLESCHI (1401)
Diversa è la concezione alla base delle formella di Brunelleschi, che organizza la scena
su due piani distinti. In primo piano compaiono le figure dei due servitori, in forte
aggetto, le cui pose sono riprese da famose statue antiche classiche (come lo Spinario
e la Venere che si allaccia il sandalo). Elemento importante è l’asino, che viene
sfruttato come puntello per dividere i due diversi piani della scena; più in profondità
rispetto lo spazio antistante dei servitori, è infatti collocata la scena del Sacrificio di
isacco, descritto con toni drammatici: Abramo, con irruenza, afferra la gola del figlio
che urla cerando di divincolarsi; l’angelo apparso nella destra afferra con forza il
braccio di Abramo il quale lo guarda sconcertato. Brunelleschi carica di umanità
l’episodio. La formella di Brunelleschi si propone come primo esempio di opera
rinascimentale.
Nonostante la forte novità espressa nella formella di Brunelleschi, vinse il concorso quella più
tradizionale di Ghiberti, caratterizzata da una lettura classica da sinistra verso destra (al
contrario della lettura prospettica di quella di Brunelleschi). Tuttavia secondo l’interpretazione
di Previati, è la formella di Brunelleschi ad essere considerata come opera che da il via alla
prima svolta rinascimentale.
L’INVENZIONE DELLA PROSPETTIVA
La rappresentazione dello spazio, viene ora vincolata a regole geometriche: nasce, ad opera
di Brunelleschi, la prospettiva centrale, ovvero un sistema che consente di rappresentare su
di un piano (bidimensionale) la tridimensionalità degli oggetti e la loro posizione nello spazio.
UN NUOVO APPROCCIO ALL’ANTICO
L’antico viene indagato dagli artisti rinascimentali con la volontà di ritrovarne lo spirito.
E’ ciò che si propone ad esempio il “SAN GIOVANNI” (1408-1415) di Donatello, scolpito per
l’antica facciata del Duomo di Firenze, oggi custodita al Museo dell’Opera del Duomo.
Donatello, nel suo evangelista reagì al manierismo tardogotico, riallacciandosi alla nobile
compostezza della statuaria antica. Il santo è rappresentato seduto, con il tipico attributo del
libro tenuto in piedi su una gamba dalla mano sinistra. Il panneggio, realistico, crea forti effetti
di chiaroscuro, con ampie pieghe che accrescono il senso del volume delle membra
sottostanti. Il volto del santo è truce, esemplato ai ritratti della scultura antica romana. Il San
Giovanni si presenta dunque come chiaro esempio di opera rinascimentale, per il forte
realismo e per l’interesse alle proporzioni più vicine alla realtà; in contrasto con il
contemporaneo “SAN MARCO” ad opera di Niccolò Lamberti, ancora legato allo stile
tardogotico, dove il panneggio, antinaturaliastico, diventa motivo di decoro.
FILIPPO BRUNELLESCHI (1377-1446)
E’ universalmente considerato il padre del Rinascimento italiano, a lui, si deve la scoperta
delle regole geometriche che sono alla base della prospettiva centrale. Artista proteiforme:
pittore e scultore ma soprattutto architetto, Brunelleschi fonda la sua arte sulle profonde
riflessioni che egli fa sull’antico, condotte ne corso di alcuni soggiorni romani, di cui uno
assieme all’amico Donatello nel 1404. Dall’osservazione delle antiche architetture romane,
Brunelleschi desume delle norme che guideranno tutta la sua attività: alla base della
progettazione degli edifici si trovano ragioni metriche, di armonia musicale. Metro
dell’architettura, come negli edifici antiche, è il modulo, ovvero un sistema di regole che
stabilisce sistemi di proporzione tra le varie parti della costruzione. La bellezza delle
costruzioni quindi, deriva dall’armonia delle proporzioni e dalla semplicità.
“OSPEDALE DEGLI INNOCENTI” (1419-1444)
Il primo edificio rinascimentale ad opera di Brunelleschi è un orfanotrofio, commissionato
dall’Arte della Seta. Il porticato è alto e profondo, presenta colonne con capitello di ordine
corinzio con archi a tutto sesto, in una sequenza perfettamente armonica. Le campate sono
concepite a padiglione e nel muro del portico il costolone si chiude con un peduccio (elemento
di sostegno). Sui pennacchi sono presenti dei clipei policromi, ad opera di Andrea della
Robbia, i quali rappresentano dei bambini neonati, simbolo della funzione dell’edificio.
Nell’attico si aprono finestre ad edicola, sottostanti il tetto, aggettante con funzione di
protezione. Brunelleschi per la realizzazione dell’edificio usa la pietra serena per gli elementi
di sostegno e intonaco bianco per le pareti.
“CHIESA DI SAN LORENZO” (1419-1422)
La chiesa è si presenta a pianta a croce latina con abside quadrata, suddivisa in tre navate,
con cappelle lungo i lati del transetto. All'incrocio dei bracci è presente la cupola. La chiesa di
san Lorenzo è dunque il primo edificio sacro rinascimentale che ricorda una basilica
paleocristiana ma rinnovata; commissionata dalla famiglia dei medici. Nel transetto sinistro si
trova la sagrestia vecchia. Le tre navate sono separate tra loro da colonne con archi a tutto
sesto, nelle quali c'è uno spezzone di trabeazione tra l'echino e l'abaco; la serie di colonnati
sembra richiamare il Portico degli Innocenti. Il soffitto è a cassettoni, mentre le navate
laterali, dove sono le cappelle, presentano quello a padiglione. L’intera chiesa è concepita con
una grammatica classica dove prevale un senso di armonia e misurabilità, grazie all’utilizzo
del modulo.
“CHIESA DI SANTO SPIRITO” (1428 c.)
L’interno è uno splendido esempio di equilibrio architettonico tipicamente brunelleschiano; un
armonioso concatenarsi di spazi scanditi dalla regolarità del colonnato. La pianta della chiesa
Santo Spirito è a croce latina con tre navate, scandite da una serie di colonne a capitello
corinzio, che proseguono nel transetto e nella tribuna. Le cappelle che si trovano lungo tutto il
perimetro della chiesa sono a forma di nicchia scandite da semi colonne. Rispetto a San
Lorenzo è più ricca e complessa, in armonia con una nuova rappresentazione della classicità
di cui si vogliono riproporre i metodi l’imponenza e la monumentalità. La navata centrale è
illuminata da finestroni, mentre le navate laterali sono immerse nella penombra.
“CUPOLA DELLA BASILICA DI SANTA MARIA DEL FIORE” (1420-1436)
La cupola di Brunelleschi costituisce la copertura della crociera del Duomo di Firenze e fu la
più grande cupola mai costruita prima di allora. Il tamburo di forma ottagonale misurava 43
metri di diametro, dimensioni notevolmente maggiori di quelle previste all’inizio da Arnolfo di
Cambio. Brunelleschi, che vinse il concorso pubblico del 1418, trovò la soluzione per voltarla:
ideò una cupola autoportante a doppia calotta: con due cupole quindi, una dentro l’altra,
quella interna costituita da una griglia autoportante e quella esterna, con lo scopo di
proteggere la costruzione dall’umido e di rendere più “magnifica” e “gonfiata la cupola, che
scarica il peso su quella interna. Per alleggerire la cupola l’architetto ricorse all’utilizzo di
mattoni disposti a “spina di pesce” . Essa ha forma ogivale a sesto acuto. Esternamente è
suddivisa in otto costoloni (elementi ancora tipici tardogotici), di marmo bianco che la
dividono in otto vele. Anche la costruzione della lanterna ad opera di Brunelleschi avvenne
tramite concorso.
I CROCIFISSI DI BRUNELLESCHI E DONATELLO A CONFRONTO
• “CROCIFISSO” Filippo Brunelleschi (1410-1415)
Secondo la testimonianza del Vasari quest'opera venne scolpita in risposta al Crocifisso
"contadino" di Donatello, verso il quale il Brunelleschi aveva manifestato critiche per
l'esasperato naturalismo. Sfidato da Donatello a fare di meglio, scolpì quest'opera, alla
vista della quale l'amico fu colto da stupore e meraviglia, tanto da far cadere in terra le
uova che teneva in grembo. Non sappiamo se questo aneddoto del Vasari sia
attendibile o meno, ma certamente il Brunelleschi non realizzò il suo crocifisso su
precisa commissione. Il Crocifisso restò nella sua casa o bottega fino ad un anno prima
della sua morte, quando decise di donarlo ai frati domenicani di Santa Maria Novella.
Brunelleschi rielaborò il modella de Cristo piegato sulla croce, di Giotto, nella croce
sagomata, sempre in Santa Maria Novella. L'opera è caratterizzata da un attento studio
dell'anatomia e delle proporzioni, con un risultato all'insegna dell'essenziale (ispirata
all'antico), che esalta la dignità e l'armonia dell'opera. Rispetto all'op