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MANTEGNA
Storie di S. Giacomo
Storie di S. Cristoforo
puntualità con cui è ricreata la ambientazione classica
costruzione prospettica è impeccabile
proporzioni rapportate all'arco di trionfo che fa da filtro al paesaggio
retrostante
ricerca antiquaria ad ampio raggio poiché i dettagli antichi sono funzionali a
una ricostruzione storica dei fatti
tanto precisa da puntare al recupero della monumentalità, gestualità del mondo
romano
San Cristoforo saettato e il trasporto del corpo decapitato del Santo 1455
rigore
potenza illusionistica, che caratterizzerà tutta la sua produzione successiva.
- colonna ionica in primo piano:
separa le scene
mette in comunicazione lo spazio reale con quello dipinto ? così convincente
prolungamento del primo
- tra i due episodi non vi è cesura
- composizione più ariosa
- personaggi tratti dalla vita contemporanea
- psicologicamente individuati
- edifici solo in parte esemplati su modelli antichi
- ammorbidirsi delle forme
testimoniano un mutamento in atto, dovuto con ogni probabilità con Giovanni
Bellini, del quale Mantegna aveva sposato la sorella nel
1454.
qui già temi di tutta la sua futura carriera:
illusionismo spaziale
interesse antichità
gusto per ricostruzione dei costumi e delle iscrizioni.
1457-59 - Pala di S. Zeno
Lo spazio dipinto confluisce in quello reale
Gregorio Correr, abate del convento e raffinato intellettuale, veneziano di
nascita e educato da Vittorino da Feltro nella Ca' Zoiosa di Mantova.
Autentico punto di svolta nelle Pale d'altare: vera risposta pittorica
all'altare del Santo di Donatello.
Loggia aperta vista dal basso
monumentale predella con 3 episodi della Passione
ricorrere di alcuni elementi paesistici ? stessa vicenda in momenti diversi
luce usata per esaltare l'imitazione della consistenza materica: diversa
lucentezza marmi o lampada sospesa sopra la Madonna
Registri usati si arricchiscono nella predella
scene immerse nel paesaggio
da un punto di vista ribassato che dà ruolo di protagonista al cielo
l'orazione nell'Orto:
in un'alba luminosa e trasparente che esalta per contrasto la solitudine di
Cristo
ogni dettaglio ha significato
tentativo virtuosistico, ma non fine a set stesso, di rendere i rumori della
campagna sul fare del giorno a evidenziare la pena solitaria del Redentore
Pittura coltivata e impegnata che Mantegna porterà a Mantova
1455 – Ludovico Gonzaga, marchese lo invita a stabilirsi.
1460 – si stabilisce a Mantova e vi rimane fino alla morte. Pittore ufficiale
della corte ducale. Sotto i membri della famiglia:
Ludovico (1444-78)
Federico (1478-84)
Francesco (1484-1519)
due brevi permanenze a Firenze e a Roma.
Non poteva lavorare per altri committenti, tutt'al più donare i frutti del suo
ingegno. Ebbe da ridire su salario non pagato e commissioni non adeguate a lui.
Ebbe maggior consonanza intellettuale con Ludovico dal quale ottenne commissioni
che gli procurarono gloria. I Gonzaga promuovevano fama artista perchè si
riverberava su di loro.
Il padre di Ludovico
Gianfrancesco (1407-44), fatto marchese dall'imperatore di Lussemburgo,
Sigismondo
aveva richiesto lavoro a Pisanello e Brunelleschi e finanziato la Ca' Zoiosa di
Vittorino da Feltre, chiamato nel 1423 come precettore dei suoi figli.
Da queste radici umanistiche:
contatti di Ludovico con Donatello
ricorso ad artisti toscani quali Antonio Manetti e Luca Fancelli
Alberti e Mantegna, chiamati quasi in contemporanea
innalzarono la città a capitale del rinascimento.
Primi lavori di Mantegna
naturalezza
intenti celebrativi
Cappella del Cestello
perduta di cui rimangono alcune tavole, ora disperse tra vari musei.
1461 - Morte della Vergine
rigore prospettico, le figure accompagnano il succedersi in profondità dei piani
con gesti naturali, monumentali
colori luminosi
passaggi chiaroscurali più morbidi che sottolineano l'interpretazione quotidiana
del tema
scelta iconografica rara: vera officiatura funebre in una stanza
che si apre non su una natura, ma sui laghi mantovani
Nobile naturalezza mai più abbandonata dal pittore, anche in opere di
destinazione pubblica.
1465-74 - Camera degli Sposi – CAMERA PICTA
piano nobile torre nord del Castello di S. Giorgio che il pittore decorò dal
1465 al 1474 → nella targa dedicatoria a Ludovico e Barbara di Brandeburgo.
Era una sala di rappresentanza, i soggetti dovevano essere aulici e celebrativi.
Lunette e vele triangolari del soffitto dipinse emblemi di casa Gonzaga e
monocromi di soggetto mitologico che alludono al prevalere della poesia
(impersonata da Arione) e della musica (Orfeo) sull'ignoranza e della civiltà
(Ercole) sulla bestialità dei mostri.
Nella Copertura finge stucchi e ritratti di imperatori romani tratti da modelli
antichi, per celebrare il valore militare dei Gonzaga.
Sulle 4 pareti immagina un finto loggiato scandito da pilastri su un basamento
policromo. Intera struttura è protetta da finti tendaggi di cuoio dorato che
sono spostati per mostrare la Corte.
Scambi tra spazio reale e dipinto, in coerenza con le precedenti ricerche
illusionistiche, culmine nell'invenzione del finto Oculo → punto di partenza per
le decorazione cinquecentesche e seicentesche.
Oculi
• lacunari popolati da busti di imperatori romani
• decorazioni marmoree da sfondo ai Gonzaga colti in atteggiamenti naturali
•
- mira a fare della Camera un'aula antica, nella quale la vita di corte e la sua
storia contemporanea rivendicano la stessa nobiltà del passato classico.
Anni successivi di appagamento.
In questi anni
1475 ca - S. Sebastiano
Louvre.
La figura del Santo domina, grazie a un punto di vista leggermente ribassato, un
paesaggio vasto, ben scandito in profondità.
L'attenzione si concentra sul corpo atletico di S. Sebastiano che in origine
aveva tonalità tenere e luminose → a rappresentare l'eroe saldo fisicamente e
moralmente che trionfa sulla violenza degli aguzzini rugosi e sdentati.
Senso etico profondo
•
acquista un timbro più intimo per le numerose annotazioni “vere”
rigore prospettico e formale
•
che si ritrova nel
1480 ca - Cristo Morto
che parte della critica vuole realizzata in questi anni.
Spettacolare scorcio prospettico. Uso privato, date anche le modeste dimensioni
(68x81 cm).
In origine una tavolozza più limpida.
Su tela con tempera non verniciata. Questa tecnica
che non prevedeva strato riflettente verniciatura finale comporta una
• netta definizione dei dettagli, descrizione nitida che ben si adatta
all'inquadratura insolita prescelta
il campo pittorico è dominato da Cristo. Pietra dell'Unzione, venerata a
• Costantinopoli, ma nel 1482-83 un suo frammento venne portato a Mantova.
Riferimento il vaso di unguenti alla destra della Vergine piangente.
Inquadratura estremamente ravvicinata rende protagonista la pietra e
• taglia i volti dei tre dolenti
attenzione sulle piaghe del Redentore, accuratamente descritte
•