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Federico da Montefeltro e la cultura a Urbino

Federico da Montefeltro diviene Principe di Urbino nel 1444 e mira fin da subito a fare della sua corte il centro più vivace della cultura contemporanea. Urbino diverrà così un centro di confluenza e di irradiazione di diverse esperienze, tutte sovrastate dall'opera di Piero della Francesca che favorisce l'insorgere di quella cultura originale che sarà la premessa indispensabile su cui Bramante e Raffaello - entrambi di Urbino - fonderanno l'universalismo storico del classicismo romano del primo '500. (fig. 147)

Il significato della Flagellazione, dipinta da Piero della Francesca per Urbino, non è ancora chiaro: sembrerebbe un'allegoria delle sofferenze patite dalla Chiesa orientale caduta sotto il controllo degli Infedeli e, nel gruppo di destra, il costituirsi di un'alleanza anti-turca. Al di là dell'interpretazione dubbia, è chiaro invece che una prospettiva rigorosissima mette in

relatore è rappresentata con le braccia aperte, come a voler abbracciare il mondo, mentre il Cristo è raffigurato con le braccia aperte sulla croce, simbolo del suo sacrificio per l'umanità. Queste analogie formali creano un forte legame tra le due scene, nonostante siano distanti nel tempo e nello spazio. La scelta di utilizzare la prospettiva e le analogie formali evidenzia l'intento simbolico e ideologico del dipinto di Piero, che vuole trasmettere un messaggio universale di redenzione e speranza.

Oddantonio è uguale, ma opposta, a quella del personaggio con turbante che ordina la flagellazione. La luce stessa, in un dipinto luminoso, si concentra maggiormente sulle due figure principali: Cristo e Oddantonio. Insomma, Piero si propone dunque di dimostrare l'identità di forma tra due episodi storicamente distanti ma di identico valore.

Con la Pala di Brera, Piero della Francesca dimostra che non esistono grandezze incommensurabili, poiché tra minimo e massimo (il piccolo uomo e la grande cavità architettonica) esiste una media (la testa della Vergine); con la Madonna di Senigallia, estende l'enunciato alla qualità delle cose e della luce; con la Flagellazione dimostra che, essendo lo spazio uno, episodi diversi non possono non entrare in rapporto tra loro; nella Madonna di Willimastown, una delle sue ultime opere, abolisce quasi del tutto l'architettura e posiziona le figure in uno spazio formato dall'incontro di due.

superfici rette.3.21 – Il Palazzo Ducale di Urbino

A Pienza, Rossellino concepisce la città come un solo insieme monumentale; a Urbino, Federico da Monte-feltro concepisce il Palazzo Ducale a scala urbanistica: una città in forma di Palazzo, secondo la definizione di Baldassarre Castiglione. L’edificio, infatti, modifica l’orientamento stesso di Urbino, spostandone il bari-centro dalla direzione verso Rimini e la valle Padana a quella verso Roma. (fig. 148)

La facciata verso la valle è concepita come facciata dell’intera città, come segno urbano immedia-tamente riconoscibile per chi giunge da fuori; e, al tempo stesso, come ingresso monumentale derivato dagli archi di trionfo romani. E’ un’architettura militare che si trasforma in civile, alludendo contemporaneamente alle virtù guerriere e al pacifico governo del Signore. Scarpata, torricini e cortina sono tipici elementi di fortifi-cazione, quasi un’armatura; la

successione verticale delle logge compensa con i vuoti prospettici le massecilindriche dei torricini. E l'alternarsi dei vuoti e dei pieni corrisponde alla funzione di filtro che la facciatasvolge, mettendo in rapporto l'estensione infinita del paesaggio con lo spazio urbano. Nel cortile l'elemento militare scompare e lo spazio è un grande spazio aperto, pieno d'aria e di luce. I 4 lati sono concepiti come altrettante facciate, ognuna bloccata alle estremità da una lesena che – come nella facciata dell'Ospedale degli Innocenti – si sovrappone al medaglione tondo. La citazione brunelleschiana, la funzione è quella di far sì che lo spigolo impedisca al succedersi delle arcate di darsi come ritmo ininterrotto che percorre l'intero cortile. Il piano diviene così superficie luminosa: si tratta di una concezione che poi verrà sviluppata da Bramante nei cortili romani, di Santa Maria della Pace e del

Vaticano. Nella facciata verso la città, il valore urbanistico è preminente: rifiutando la soluzione fiorentina del Palazzo Medici o Rucellai, a Urbino la facciata si articola in due ali che costruiscono una piazza o cortile esterno, il cui terzo lato sarà formato, qualche anno dopo, dal fianco della cattedrale. Come per il cortile, anche la piazza è concepita con due ali che sono piani distinti l'uno dall'altro: lo stesso alternarsi di piani pieni e vuoti (finestre e portali) è diverso nel prospetto orientale e in quello settentrionale. (fig. 149) Lo studio di Federico da Montefeltro è un ambiente irregolare e dalla pianta asimmetrica. Si tratta di uno spazio privato ed artificiale: il soffitto di legno copre la volta e abbassa l'eccessiva altezza; gli ottagoni correggono le irregolarità planimetriche. Lungo le pareti corre uno zoccolo di legno intarsiato, che lascia posto alle due porte verso la sala udienze e verso il guardaroba.

ma nasconde la porta che si affaccia sull'alloggia: evita così lo scontro tra spazio naturale della vallata e spazio artificiale dell'interno. (fig. 150)

In alto erano collocati una serie di personaggi illustri dipinti, presumibilmente, da un grande pittore fiammingo, Gus di Gand: 28 riquadri raggruppati in 7 pannelli, collegati tra loro da una rigorosa prospettiva architettonica. La tenda alle spalle dei personaggi illustri, di colore complementare a quella che domina i dipinti, serve a 'staccare' gli uomini dal fondo architettonico, spingendoli in avanti, in primo piano. Nello studio abbiamo l'accostamento, ma non la fusione, di due culture: spazio italiano e ambiente fiammingo.

3.22 - Francesco di Giorgio Martini e Giuliano da Sangallo

La progettazione del palazzo ducale di Urbino non è frutto di un'unica mente, anzi è frutto di una intensa collaborazione. La direzione dei lavori è di Federico da Montefeltro, architetto.

Dell'intero progetto. Al di là della fondatezza di queste fonti, è lui che sceglie gli artisti ed è lui ad impostare il programma della ricerca. Accanto a lui, e sotto la consulenza di Leon Battista Alberti e Piero della Francesca, i principali artefici della costruzione furono Luciano Laurana e, più tardi, Francesco di Giorgio Martini. La critica assegna quasi tutta la costruzione al Laurana, ma di lui poco sappiamo: sappiamo che era vicino a Piero, e che gli si attribuiscono il cortile, la facciata ad ali e forse anche la facciata dei torricini. Francesco di Giorgio Martini si è formato col Vecchietta, il più progressivo degli artisti senesi. Il suo esordio lo fece come pittore e scultore. La pala dell'incoronazione (1472) non è un capolavoro ma reca in sé tracce specifiche dell'irrequietezza dell'artista. Alcuni rilievi, come la Formella, dimostrano come, nella scultura, l'artista abbia portato un

acuto senso critico; in essi, Francesco viole realizzare una sintesi: ma di cosa? Eglisente che le due grandi concezioni in contrasto sono il mondo come pura forma di Piero della Francesca e ilmondo come puro evento, quindi senza forma, di Donatello. Anche se non giunge a soluzioni concrete, que-sta riflesisone mette in evidenza come Francesco avesse individuato i due poli del dilemma dell'arte italianadel '400.

Ad Urbino, nel 1477, ha inizio la sua attività di architetto: Francesco è studioso di rovine e lettore di Vitruvio,dunque per le sue opere di fortificazione - volute dal duca Federico - individua dei precedenti nell'antico.(fig. 152) Nella Rocca di Sassocorvaro, per esempio, l'artista trova la forma della testuggine per, che alludealla testudo romana, ma che esprime anche, nelle compattezza delle forme, l'impenetrabilità della fortezza.

Gli apparati difensivi costituiscono un elemento fondamentale nella

determinazione della forma urbana: Francesco sente che il problema dell'architettura è inseparabile dal più vasto problema urbanistico, e lo prova il suo trattato sull'architettura, il più importante dopo quello dell'Alberti. Porti, ponti e tracciati urbani, chiese e palazzi vengono tutti teorizzati con lo scopo di fissare una tipologia architettonica in diretta relazione con la regolarità urbanistica. Con Il Palazzo della Signoria a Iesi si preoccupa di fissare in edificio concreto questa tipologia.

La ricerca si sposta anche sull'architettura sacra: non si tratta, però, in questo caso, di fondare una nuova tipologia, bensì di studiare il rapporto che esiste tra le due tipologie civile e sacro. Il problema aveva già diviso l'Alberti ed il Brubelelschi: quest'ultimo negava differenze strutturali e spaziali; l'Alberti ribatteva che, essendo tipologie desunte dalla storia, non si può negare.

Formattazione del testo

Che ogni forma storicamente determinata corrisponda ad un altrettanto determinato significato concettuale. (fig. 153) Francesco di Giorgio Martini progetta la chiesa di Santa Maria delle grazie al Calcinaio proprio mentre il fiorentino Giuliano da Sangallo ha appena iniziato a costruire a Prato, su ordine di Lorenzo de' Medici, la chiesa di Santa Maria della Carceri. Il confronto fra i due edifici chiarisce le divergenze che esistono, in questo periodo (1485), fra la cultura fiorentina e quella sviluppatasi ad Urbino ed estesasi ad altre città italiane. Giuliano da Sangallo è il maggior erede del Brunelleschi, pur sviluppando un lavoro più vicino alla cerchianeo-platonica medicea. (fig. 154) La sua Villa Medicea è un puro volume geometrico portato in alto, nella luce aperta, dal basamento porticato; e la mancanza di semplicità rustica chiarisce la volontà di eleganza attraverso l'inserito inatteso del timpano classico. 23 La chiesa di

Prato è un geometrico incastro di volumi matematicamente definiti dalla pianta a croce greca: 4 bracci lunghi in modo eguale si congiungono in uno spazio centrale fondato sulle due figure elementari del quadrato e del circolo. Nell'interno, le membrature in pietra si stagliano sull'intonaco.

Dettagli
Publisher
A.A. 2010-2011
33 pagine
1 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/02 Storia dell'arte moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher melody_gio di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dell'arte moderna e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pavia o del prof Giordano Luisa.