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L’altare di Ratchis datato tra il 737-744 così chiamato dal nome del donatore il duca Ratchis dedicato

alla memoria del padre Pemmone. Eseguito in pietra d’Istria sulla fronte dell’altare ritroviamo

scolpita la scena della Maiestas Domini (maestà divina) e sui lati gli episodi evangelici della

Visitazione e dell’Adorazione dei Magi. Maiestas Domini al centro della scena ritroviamo Gesù in

mandorla contornato da angeli con grandi mani. L’altare scolpito può essere assimilato a un

manufatto di oreficeria riprodotto in pietra. Le figure sn bidimensionali nelle scene rappresentate si

nota il recupero classicista degli schemi iconografici di epoca paleocristiana reinterpretati secondo la

corrente della rinascenza liutprandea. L’anatomia delle figure è bidimensionale sono intagliate nella

lastra in modo semplice e schematico, anche i gesti hanno un valore espressivo come per gli angeli

che affiancano la Maestas Domini che hanno grandi mani e lunghe braccia. Forme astratte e

geometrizzate antinaturalistiche. Ma il bassorilievo della Maiestas Domini dell’Altare di Ratchis che

oggi ci appare così antinaturalistico, motivi ornamentali e figure così statiche e schematiche secondo

la tendenza decorativa barbarica dell’Horror Vacui in origine era decorata da paste vitree policrome

che lo ornavano. Lo stile rinascenza liutprandea recupero dell’iconografia classica e paleocristiana

reinterpretato in chiave astrattiva e antinaturalistica. Il pluteo di Sigwald (vedi pluteo su

Argan) realizzato nel quarto decennio dell’8° secolo chiamato così dal nome del vescovo Sigwald

22

(756-786) che lo donò alla chiesa della città. Anche questo in pietra d’Istria, iconografia

paleocristiana, figure schematizzate fino al limite della riconoscibilità come nel caso dei simboli dei

4 evangelisti ai lati di una croce racchiusi in dei tondi, ornamenti floreali e zoomorfi. Stile rinascenza

liutprandea e horror vacui. Il pluteo venne reimpiegato nel fonte battesimale donato alla chiesa dal

patriarca Callisto. Il Fonte battesimale di Callisto risalente anche esso al quarto decennio dell’8°

secolo è costituito da una vasca ottagona sormontata da 8 colonne con 8 capitelli pseudocorinzi che

reggono archivolti coperti da rilievi a soggetto simbolico, pavoni e grifi alla fonte, agnelli minacciati

da leoni, simboli allusivi al sacramento del battesimo e alla lotta tra il bene e il male. L’architettura e

i rilievi sono di chiara matrice antichizzante, alla sommità degli archivolti vi è un’iscrizione in latino.

Probabilmente anche il fonte era ornato da pitture policrome.

109. Altare di Ratchis, chi è questo Ratchis?

Ratchis era un duca che dedicò quest’opera alla memoria del padre Pemmone. Datato tra il 737-744

è la massima espressione dell’ultima corrente artistica dell’epoca longobarda ossia la rinascenza

liutprandea (estrema fase dell’arte longobarda prima metà dell’8° secolo). Questa corrente artistica

decorativa si sviluppa dopo l’età di Agilulfo 6° secolo dove assistiamo al recupero dell’icnografia

paleocristiana reinterpretato in chiave astrattiva e antinaturalistica dando origine a a un linguaggio

artistico originale non più classico né barbarico, una sorta di volgare figurativo che trova la sua

massima espressione nelle opere di Cividale del Friuli.

Tempietto di Santa Maria in Valle: eretto nella metà dell’8° secolo nasce come la cappella della

gastaldia ovvero la residenza del re longobardo e del suo rappresentante locale il gastaldo. E poi

adibito a chiesa di un convento di monache benedettine. Il tempietto è composto da una piccola aula

quadrata con sormontata da volte a crociera, collegata a un presbiterio tripartito coperto da volte a

botte. L’edificio all’esterno è caratterizzato da muratura a vista come ad esempio il mausoleo di

Galla Placidia a Ravenna e all’interno in origine era interamente decorato da dipinti murali, mosaici

e stucchi oggi in gran parte perduti. La decorazione della controfacciata interna è divisa in 2 registri.

In quello inferiore ritroviamo dipinti murali di stile bizantineggiante, al centro del registro vi è una

lunetta affrescata con l’immagine di Cristo tra gli arcangeli Michele e Gabriele circondata da una

ghiera in stucco decorata da tralci di vite e grappoli d’uva. Ai lati della lunetta vi sono dipinte figure

di santi. Nel registro superiore della decorazione ritroviamo al centro uno monofora contornata da

una ghiera a motivi fitoformi, ai lati della quale ritroviamo sempre in stucco a destra e sinistra della

monofora due gruppi di tre sante, Teoria di sante Vergini modellate in forme affusolate, le sante

vicino alla monofora coperte da lunghe tuniche e le altre due ai loro lati vestite più suntuosamente

recano in mano una croce e una corona simboli della conquista del paradiso. Gli stucchi

rappresentano la fusione tra lo stile dell’arte longobarda e dell’arte bizantina.

110. Qual’era la provenienza di queste maestranze?

Lo stile delle opere presenti a Cividale del Friuli fa presupporre che siano opera di maestranze

orientali e a conferma di questa teoria c è il fatto che nei secoli precedenti all’8° il centro friulano di

Cividale gravitava nell’orbita dei domini italianu dell’impero bizantino.

111. In che fase siamo dell’invasione longobarda?ultima

Siamo nell’ultima fase di dominio da parte dei Longobardi nella Langobardia Maior che gli verrà

sottratta nel 774 da Carlo Magno. Nell’ultima fase di dominazione longobarda si sviluppa un

linguaggio artistico denominato rinascenza liutprandea caratterizzata da un ritorno all’arte classica

bizantina ed in particolare il riutilizzo d soggetti iconografici classici reinterpretati secondo lo stile

astrattivo e antinaturalistico che aveva caratterizzato la produzione artistica longobarda fino ad

allora.

112. A cividale in che epoca siamo?cosa succede nella fase tarda? 23

Età di Liutprando schemi iconografici derivati da modelli paleocristiani reinterpretati secondo l’arte

longobarda in chiave astrattiva e antinaturalistica.

113. Cividale del Friuli in che epoca siamo?

I primi quattro decenni dell’8° secolo durante il regno di Liutprando..

114. Oreficeria barbarica 29

Nel sistema della metallo tecnica, l’oreficeria assume un ruolo di tecnica guida. Sviluppa numerose e

complesse pratiche di lavorazione come la fusione, sbalzo, stampigliatura, filigrana, punzonatura,

niellatura e placcatura. Nel 4° secolo si sviluppa lo stile policromo che consiste nell’inserimento su

lamina d’oro di pietre come granati e almandini. Nel 5° secolo alle pietre su lamine vengono

associati smalti e paste vitree, inseriti in celette ad alveolo (cloisonné) e disposti secondo un disegno

geometrico. Nel 7° secolo periodo della rinascenza liutprandea l’influsso dell’arte tardo antica e

bizantina in quella longobarda ha prodotto una seri di manufatti complessi con forme stile inediti e

innovativi che poi hanno influenzato quella che sarà l’arte medievale. Figura uno pag.29 Fibula a

disco del 7° secolo in oro e smalti cloisonnès dove il disegno degli alveoli è ispirato al repertorio

animalistico barbarico. Figura 2 Crocetta aurea detta di Gisulfo crocetta in lamina d’oro del 7°

secolo appartenente a un corredo funerario, ideata per essere cucita sui sudari dei defunti.

Decorazione 2° stile animalistico con oro sbalzato e pietre. La crocetta di Gisulfo apparteneva al

corredo funerario del primo duca longobardo del Friuli, è ornata da gemme incastonate, una al centro

e le altre sui bracci della croce affiancate dal tema iconografico dell’Imago Christi il volto di un

uomo con la barba lunga raffigurato in modo stilizzato, si rioete x ben otto volte. La tradizione delle

crocette in lamina d’oro è conseguente all’invasione longobarda nella penisola italiana. Tra le

crocette in lamina d’oro vanno ricordate quelle ritrovate a Cividale del Friuli caratterizzate da

iconografia tardo antica e bizantina reinterpretata dall’arte longobarda. Opere di riferimento tardo

antico come la croce gemmata costantiniana e la figura del Cristo crocifisso. Figura 3 Ornamento

centrale di sella 6°-7° secolo in oro sbalzato ritrovato in una tomba a Castel Trosino decorato con

forme stilizzate di animali come draghi, leoni o grifi e da complessi intrecci nastriformi. Figura 4

Fibula a forma d’aquila fine del 5° inizio del 6° secolo figura 5 Fibula dell’imperatrice Gisella

appartengono entrambe al corredo funebre dell’imperatrice Gisella moglie dell’imperatore Corrado

2° tipo di fibula a forma di aquila una forma molto in voga nell’arte longobarda relizzate in oro e

smalti presentano chiari riferimenti all’arte tardo antica e bizantina sia x il soggetto iconografico

l’aquila trionfale simbolo dell’impero romano e bizantino ma nche simbolo di san Giovanni

Evangelista significato religioso.

115. L'elmo di Agilulfo, chi è e perchè è importante?

Agilulfo è il secondo marito della regina Teodolinda, durante il regno di Agilulfo nella Langobardia

maior la regina si farà promotrice presso Aglilfo e il suo popolo della conversione al cattolicesimo.

In ambito artistico solo all’età del regno di Agilulfo si assisterà un riavvicinamento dell’arte

longobarda al linguaggio artistico romano, tardo antico e bizantino che si tradurrà poi nello stile

della rinascenza liutprandea.

Figura 6 pag. 29 Frontale d’elmo con Trionfo d’Agilulfo bronzo dorato inizio 7° secolo lavorata a

sbalzo raffigura il Trionfo di Agilulfo il re seduto in trono al centro della scena tra soldati e Vittorie

alate. Raffigurazione posta sul frontale di un elmo da parata in bronzo dorato rinvenuto in una tomba

in Valdinievole. Stile come iconografia imperiale tardo romana anche se le figure rappresentate sono

rudi quasi caricaturali e non perfette come quelle di epoca classica. Il fontale dell’elmo è un opera di

artigiani longobardi che cercavano di reinterpretare il gusto e l’iconografia classica. Rappresenta una

delle prime opere del riavvicinamento della cultura e dell’arte longobarda alla cultura e all’arte

24

classica tardo antica e romana. Infatti proprio durante il regno di Agilulfo i longobardi si

convertiranno al cristianesimo e si apriranno verso la cultura romana e imperiale.

116. Il rimpiego dei materiali nella lamina di Agilulfo?

117. Qual’è la sorte di questi influssi classici?

L’opera è prodotta da artigiani longobardi ma nell’epoca in cui l’arte longobarda incominciava a

riavvicinarsi all’arte classica questo è facilmente riscontrabile nell’iconografia imperiale tardo

romana della scena di chiaro signif

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Publisher
A.A. 2014-2015
59 pagine
1 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/01 Storia dell'arte medievale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher sewigi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dell'arte medievale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma Tor Vergata o del prof Angelelli Walter.