Storia dell'architettura contemporanea - Appunti
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IL MERCANTE, LA PAROLA E L’IMMAGINE l’arte al servizio del commercio
Da tradizione, il commercio ha sempre operato in sintonia con la parola: la
comunicazione è un agvolatore dello scambio, che a sua volta è un propagatore di
linguaggi. Tuttavia anche la merce parla e parla per sé stessa ( è auto-referente).
Storicamente la comunicaione commerciale lavora su due componenti: una visiva,
l’altra narrativa. “Farsi vedere” è compito della merce, raccontarne la storia, del
mercante; entrambi lavorano alla costruzione del valore di scambio.
Il bisogno di progettare lo spazio di vendita come un artefatto comunicativo sorge
quando la parola viene meno e deve essere sostituita da un altro sistema di segni: lo
spazio assume allora il doppio compito di mostrare la merce e rappresentarne il
valore. I passages e i magazzini di novità inaugurano il momento in cui il rapporto
con i nuovi prodotti diventa principalmente di tipo visivo.
PASSAGES: sorgono principalmente a Parigi (1830) e sono agglomerati di negozi,
all’interno di gallerie vetrate, che rappresentano una nuova forma di distribuzione
commerciale, e che anticipano la nascita del grande magazzino.
MAGAZZINI DI NOVITà (MAGASINS DE NOUVEAUTéS): resi possibili dalla libertà
del commercio, sono i primi negozi specializzati nel settore tessile, con prodotti
stagionali che cambiano velocemente con la moda, e dove il prezzo non viene
contrattato.
Nel passage e nel magasin de nouveauté , per la prima volta, arte e merce entrano
l’una al servizio dell’altra. L’Oggetto-merce acquisisce, nel passage, una delle sue
caratteristiche peculiari: quella di diventare una forma rappresentata. Nasce un
altro dei caratteri del commercio contemporaneo: il suo aspetto circense, che avrà la
sua massima espressione nel grande magazzino. Il passage è sequenza, spazio
continuo, dove le relazioni diventano solamente interazioni visive tra pubblico e
prodotti. I passages sono la nuova formula distributiva dell’età industriale. Ma dopo
il 1850, i passages declinano, e i grandi magazzini diventano il nuovo centro di
attrazione; è in questo luogo che, per la prima volta, “I consumatori cominciano a
sentirsi massa”. Con il grande magazzino, termina il “tempo libero”, che verrà
convogliato nella dimensione del consumo. A differenza del passage, che è sequenza
di diaframmi che catturano, il grande magazzino è rappresentazione centripeta del
mondo delle merci, colta attraerso “l’abbraccio di un unico sguardo)
ADOLF LOOS- moda, negozi e architettura nella Vienna della “gaia
apocalisse”
LA MODA MASCHILE
Adolf Loos nella sua Tesi sul moderno(1898), tratteggia gli estremi di una moda
maschile, sulla quale ritornerà cinque anni dopo sulle pagine del suo das andere. “il
non apparire”, il “non dare nell’occhio” è uno dei principi estetici della forma sociale
contemporanea (“essere ben vestiti che significa? Significa essere vestiti in modo
corretto”). Loos conclude che l’unica risposta alle forme ornamentali, è la pura,
semplice e nuda costruzione. La linea retta, gli spigoli ad angolo retto, sono
nell’architettura come nel lavoro dell’artigiano la scelta più naturale, derivata dalla
semplice interazione tra strumento e materiale.
In questa prospettiva, i progetti per gli spazi commerciali e locali pubblici
elborati nei primi dieci anni del XX sec., rappresentano la versione tridimensionale
della sua azione critica, lo svolgimento sulla teoria del progetto che egli andava
fissando nei concetti di riduzione formale, rinuncia alla
decorazione, principio del rivestimento e spazio
continuo.
1898-1899 “CAFé MUSEUM”, VIENNA: il locale non era
passato inosservato ai viennesi. Definito nichilistico, ma
attraente, logico e pratico. Con il Café museum inizia per
Loos la notorietà nel campo dell’architettura.
RAUMPLAN
1909-1911 LA SARTORIA GOLDMAN & SALATSCH NELLA CASA IN
MICHAELERPLATZ, VIENNA: il carattere principale
dell’edificio nasce dalla specifica volontà di differenziare la
presenza dell’attività commerciale( ai piani terra e
mezzanino) dalla residenza. Applicazione del principio del
rivestimento (intonaco bianco per le residenze, e marmo
cipollino verde per lo spazio commerciale) e lo spazio
continuo del Raumplan (l’idea di spazio continuo frutto
dell’intersezione di volumi ed altezze differenziate).
ARCHITETTURA, COMMERCIO, CITTà
Le esperenze europee degli anni 20 e 30
Nonostante la fabbrica e l’abitazione siano stati i temi centrali di verifica delle idee del
moderno, la consapevolezza che il commercio andasse coinvolto nel progetto di
trasformazione della società è uno dei punti che Walter Gropius tratta
approfonditamente nel programma del BAUHAUS.
A cavallo tra gli anni 20 e 30 le occasioni di sperimentazione sulla tipologia dell’edificio
per la grande distribuzione si moltiplicano.
Erich Mendelsohn
Seteria Weichman, Glewitz, 1922: il progetto nasce da un
vincolo spaziale in un preciso contesto urbano. Edificio a volumi
sovrapposti, che accentua la propria visibilità attraverso
un’estensione orizzontale delle linee del cornicione in rilievo e il
contrasto tra le masse piene e le parti di volume traforato.
Attenzione per l’illuminazione, visibilità, percorsi che denota
un’attenzione critica al rapporto tra architettura e comunicazione.
Pellicceria C.A. Herpich & Sohne, Berlino, 1924-1929: dare
continuità alla facciata nella direzione orizzontale della strada e del
passeggio.
Grande magazzino Schocken, Stoccarda, 1927-1928Lo sviluppo orizzontale del
disegno a nastri di finestre, la serie di bow-window
aggettanti, il piano terreno completamente vetrato.
Robert Mallet-Stevens: negozi, moda e nuova
architettura a Parigi
• Garage e show room Alfa Romeo, Parigi, 1925
• Negozi Bally (calzature) a Parigi
Standard e variante sul tipo: Le Corbusier e il progetto
per i negozi Bat’a, 1936
La formula dei negozi Bat’a è una tipologia di vendita rapida,
non c’è lo spazio, qui, né tempo, per la conversazione e la
sosta piacevole. Massima visibilità e rapidità di servizio. Il
progetto dei negozi Bat’a viene assunto da Le Corbusier come
un’eserictazione sullo standard, dove il primo passo consiste
nell’individuazione del modulo base che sarà la scatola da
scarpe. ITALIA ANNI 30-40
Il negozio come forma espositiva contemporanea
Edoardo Persico, i negozi nella città che si rinnova
Edoardo Persico, nelle sue cronache milanesi dei primi anni trenta, raccoglie i segnali
di un mutamento nell’architettura che egli rinviene, nel nuovi negozi e locali pubblici.
Secondo Persico, l’architettura contemporanea educa al gusto l’uomo della strada e
allestisce un nuovo contesto, dove non è più possibile il riprodursi della cultura
umbertiniana.
Edoardo Persico, Marcello Nizzoli: i negozi Parker, Milano, 1934-35
Nei negozi Parker il problema è l’inconsistenza formale dell’oggetto esposto, la penna
stilografica, che suggerisce di amplificare l’idea bidimensionale della scrittura sullo
spazio tridimensionale del negozio. I due negozi sviluppano un approccio originale:
non mimetizzano con rivestimenti o finte pareti, il piccolo spazio viene assunto come
dato oggettivo: una scatola vuota con un lato aperto sulla strada. Assicurata la
massima visibilità a questo volume bianco, scavato nell’edificio, attraverso una vetrine
a tutta luce impostata sul filo esterno, lo spazio viene riempito con una serie di
tracciati di linee ortogonali.
Franco Albini: piccoli allestimenti urbani: la pellicceria Zanini e la libreria
Baldini e Castoldi, Milano 1945
I NEGOZI OLIVETTI
Progetto d’identità e autonomie espressive
Negozio Olivetti, Torino, Xanti Schawinsky (allievo del
Bauhaus), 1935: Schawinsky non affronta il negozio come un
problema di architettura o di arredamento, ma come
problema di visual design. Egli accosta l’esposizione
commerciale alla comunicazione visiva. L’azienda otterrà il
primato nel campo del design integrato e della
comunicazione pubblicitaria. Ciò avverrà principalmente a
opera degli artisti e architetti, coinvolti nel progetto di identità aziendale, che avranno
la capacità di creare un collegamento tra i principi del disegno industriale e le
esperienze delle avanguardie artistiche. Nel capostipite dei concept-store Olivetti, che
Xanti disegna per il punto vendita di Torino, nel 1935, il tema della presenza
dell’oggetto(prodotto) e la sua identificazione passa in secondo piano rispetto
all’esigenza di comunicare il progetto d’impresa.
L’iterazione dell’oggetto è alla base anche del suggestivo punto vendita Olivetti di
Napoli, che Piero Bottoni progetta nel 1937. In questo caso, la grande innovazione è
legata all’approccio architettonico allo spazio del negozio. Una grande vetrata
continua, impostata sul filo esterno dell’edificio, contiene, ritagliata al suo interno, la
porta d’ingresso. Due esili colonne circolari, poste dietro la superficie del vetro,
sorreggono l’ampia luce del portale; visibilità totale dello spazio interno, profondo solo
pochi metri. La trasparenza è totale, tanto che l’insegna Olivetti è collocata sulla
balaustra della passerella che, attraversando longitudinalmente il negozio, collega i
due soppalchi.
Nei negozi Olivetti, l’architettura non è più foderata, rivestita, arredata, ma un puro
vuoto che accoglie il prodotto; Ed è a questo punto che lo spazio del negozio, rimasto
libero, verrà utilizzato per parlare d’altro, e più precisamente per parlare d’arte.
Collocare l’arte moderna all’interno di una nuova architettura era in quegli anni un atto
d’avanguardia.
Ugo Sissa: il negozio Olivetti in via del Tritone, Roma, 1943
Sul piano tipologico, esiste una differenza tra il negozio base, che
verrà più volte ridisegnato nel corso degli anni, e il cui tipo
standard è rappresentato dal progetto di Gian Antonio Bernasconi,
sviluppato nel 1941, e i negozi che vengono aperti nelle città più
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