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Milano c’era la compagnia Vicereale (Modena non ebbe rapporti con essa). La più longeva fu la
Compagnia Reale Sarda fondata nel 1821 fino al 1852. Quando poi si forma il regno d’Italia, il
regno di Sardegna sarà proprio Cavour a dire che il teatro non doveva essere un’arte
salvaguardata e protetta del stato ma obbedire alle regole del libero mercato. Quando nasce lo
stato italiano si immagina un teatro nazionale e Cavour non boccia la legge che auspicava la
formazione di teatri stabili.
- Allievi di Gustavo Modena: Ernesto Rossi, Adelaide Ristori e Tommaso Salvini (la triade italiana
CHIESTA SICURAMENTE ALL’ESAME). Lavorarono molto all’estero. 22/05/2019
Recitazione post romantica
- La recitazione si deve adattare ai canoni estetici dominanti. La recitazione romantica tendeva ad
esprimere la propria identità d’attore scegliendo il pathos, l’esasperazione, la passione. L’estetica
del romanticismo ama quella passione e quei sentimenti.
- Bisogna tener presente che nella recitazione romantica l’attore si mette davanti al personaggio,
adegua la struttura e la psicologia del personaggio alle proprie capacità personali e significa che
l’attore crea un modello ideale di personaggio. Quando l’attore si mette davanti al personaggio
per qualsiasi ruolo tende ad uniformarlo alle proprie capacità. Kean ha molte intuizione, ma il
suo Otello non era diverso dal suo Amleto, Re Lear ecc. es. Carlo Verdone che interpreta sempre
sé stesso in tutti i film
- Nella tradizione italiana resta sempre la vocazione di essere il mattatore (gigione, un po’ sempre
sopra le righe) es. Vittorio Gassman nel Mattatore per l’appunto. Diverso dalla scuola
hollywoodiana, dove il personaggio viene prima dell’attore es. il poliedrico Robert De Niro
- Il nuovo discorso sulla recitazione inizia col Naturalismo: inizia il teatro di regia (primo registra
Andrea Antoine in Francia, vuole partire da attori non professionisti perché quelli che lo sono
recitano e il pubblico lo percepisce, realizza il sogno di Diderot di innalzare la quarta parete che
rendeva il palco una scatola chiusa, faceva fare le prove in un camera chiusa per non far capire
dove fosse la parte del pubblico, per disorientarli dalla naturale predisposizione di rivolgersi al
pubblico).
- In Italia si sviluppa la tradizione del Grande Attore, che è una tradizione molto persistente.
Servillo esercita la sua arte in forme di spettacolo che non hanno diretto collegamento col teatro
(autore autoreferenziale). Ha 3 grandissimo nomi: Ernesto Rossi, Adelaide Ristori, Tommaso
Salvini, allievi di Gustavo Modena, fondatore della scuola italiana di recitazione ed è importante
perché grazie al suo lavoro e alla sua idea, il lavoro dell’attore diventa nobile, da intellettuali oltre
che da artisti. Tutti e 3 sono fortemente impegnati nelle battaglie risorgimentali (lavoro che va
verso una politica moderna e progressista). Il lavoro sul personaggio: in particolare una
caratteristica rivoluzionaria nel caso sia di Adelaide Ristori che di Tommaso Salvini, entrambi
hanno lasciato molti testi nei quali dimostrano il loro profondo ragionamento sul loro stile
recitativo, cercando di definire un metodo di recitazione, che arriveranno qualche decennio dopo
con Stanislavskij (inizio training specifico lavoro attoriale). Rossi e Salvini ricercavano di elaborare
un modo professionale e tecnico per appropriarsi del personaggio (niente passionalità e
intuitività). L’intuito è curato solo come punto di partenza per approfondire psicologicamente il
personaggio. Questi attori possono essere inseriti nei protoregisti, perché hanno controllo e cura
estrema di tutto il palcoscenico. Questo controllo e questa cura servono all’insieme dello
spettacolo e lo collega ai compagni in scena.
- La morte civile di Giacometti: scriveva per i grandi attori (es. Eleonora Duse). È una storia patetica
e melodrammatica (uomo che ha commesso un delitto e viene condannato all’ergastolo, viene
graziato, torna da moglie e figlia e si accorge che il suo ritorno è dannoso: è un uomo fuori dalla
società e muore per lasciare un futuro dignitoso a moglie e figlia). Tommaso Salvini lo interpretò,
lo portò in tournee in Russia, Stanislavskij vede Salvini e comprende come lui voleva
rappresentare tutta la tempesta interiore che vive il personaggio. Lo colpisce soprattutto la scena
della morte perché muore come morirebbe Amleto: è seduto su una poltrona, si accascia, emette
dei rantoli e scivola dalla scena rotolando fino al proscenio (e fa vedere un po’ la morte di
Gassman nell’Amleto di Kean). Questo era già simbolo di studio del personaggio. Salvini è
incuriosito da questa scena perché non è una scena detta. Salvini ci mette del suo e crea la scena
nella quale prevale il gusto del bello: lui interpreta il personaggio nella sua bellezza morale: è ben
vestito, ben pettinato. La bontà del suo carattere si vede all’esterno nel modo in cui si presenta.
- Ermete Zacconi polemizza violentemente con Salvini: è un grande attore naturalista che
interpreta il personaggio della morte civile in maniera completamente diversa rispetto a Salvini,
non lo rende bello e buono e decide di morire senza tutti quegli orpelli, ma di restituire
crudamente e veramente gli spasmi e la mimica di un uomo che ha appena bevuto veleno.
L’estremo realismo è un’offesa per il pubblico dice Salvini, il brutto deve essere mostrato nel suo
aspetto nobilitante.
- Morte della Signora della Camelie (1852, Parigi, figlio di Dumas): la prostituta si nobilita nella
morte per salvare il suo fidanzato. È nobile nell’animo seppure cortigiana. È molto patetico e
amato da tutte. La morte di Margherita è rabbiosa (ha lasciato Parigi per vivere in campagna con
lui, lui viene rinnegato dalla famiglia perché vive con una prostituta, per mantenerla dilapida le
sue ricchezze e cerca di accumulare altro denaro a Parigi per proseguire la vita insieme). La sorella
di Armand stava per sposare un fanciullo bello e puro e si sacrifica e abbandona Armand senza
dare spiegazioni, va a Parigi e lo tradisce con un altro lì e viene mantenuta da lui. Arriva una
lettera di Armand. che ha sfidato a duello il barone che la manteneva e il padre lo mette a
corrente del grande sacrificio che Margherita ha fatto per lui. Lei è tisica, ha una grave forma di
tubercolosi. Lui ora vuole sposarla dopo le spiegazioni del padre, ma arriva troppo tardi e lei
muore. L’attore nella morte realizza al meglio le proprie capacità espressive. Primo modello è
quello che più si avvicina a Salvini (Sarah Bernàr) che interpretava la morte di Margherita
idealizzando il personaggio (camicia da notte splendida con merletti, capelli sciolti, molto
elegante), la tisi aveva la reputazione di malattia che rende più belli, intensi i malati (aspetto
febbrile: occhi lucidi, guance arrossate) e pensavano che la prospettiva della morte rendesse più
sensuali (simbologia del sangue: espettoravano sangue dalle bocche quando tossivano),
sublimava i malati e li rendeva più poetici. Le muore tra le braccia di Armand (morte stile Liberty,
corrente legata all’onda, al fluido, alla linea serpentina) e quindi si lasciava scivolare tra le sue
braccia. La Duse invece sta semplicemente seduta sul letto quando riceve la lettera di Armand, è
accasciata in una posizione molto elegante (gambe aperte, non vuole creare un’immagine ideale,
è una donna malata, stanca, sta per morire e che la sua promessa di felicità non verrà realizzata
in tempo), gira semplicemente la testa dall’altra parte e muore (morte più realistica nella quale
Duse si sforza di trasmettere uno stato d’animo, non ha più speranza e semplicemente si spegne).
- Gli esempi descritti segnano il passaggio dall’estetica dell’attore nobile a quella dell’attore
naturalista, che culmina col lavoro di Stanislavskij. Con la messa in scena del Gabbiano di Cechov
(scena costruita, attori che si muovono attraverso oggetti reali, corredo sonoro ovvero musica di
sorgente quindi rumori di cucchiaino che urta la porcellana, tazzina, campana, martello. L’esordio
della regia nel teatro europeo corrisponde alla trasformazione del lavoro dell’attore: per
Stanislavskij la quarta parete era ineludibile e quando si apre il sipario in realtà si chiude la parete
e in quel momento l’attore deve chiudere la propria prospettiva ed immaginare uno spazio senza
via d’uscita. Stanislavskij parte con la sua carriera molto giovane e recita con sorelle, genitori, e
ha la possibilità di finanziare i suoi primi spettacoli. Si accorge di voler diventare attore, ma non
si sente pronto a recitare, si sente inautentico e il suo primo tentativo di raggiungere una
professionalità, di imparare a recitare somiglia al lavoro degli attori Ottocenteschi,
Settecenteschi (dall’esterno verso l’interno, il costume imponeva una gestualità, un movimento
che costringevano al legame col personaggio). Stanislavskij fa lo stesso: va a vivere come i
mendicanti per interpretare un mendicante, si abbruttisce, vive per strada, va a dormire negli
ostelli dei poveri, non mangia, non si lava e spera di percepire dall’esterno le caratteristiche del
suo personaggio, lo costruisce dall’esterno ma non riesce a raggiungere il centro, la psicologia. Si
accorge che non si può procedere dall’esterno verso l’interno e si accorge che deve trovare
dentro di sé la verità del personaggio attraverso un lunghissimo lavoro di preparazione (indicato
oggi come metodo Stanislavskij nonostante lui non volesse perché è cambiato molte volte nel
corso della sua vita, non ha mai smesso di studiare il ruolo dell’attore e apportava modifiche), la
fase finale dello studio sono le “Azioni fisiche”, quindi su gesti e arrivando molto tardi al testo.
Parte dallo studio interno psicologico del personaggio al quale l’attore deve dare vita: l’attore si
nasconde nel personaggio, presta le proprie emozioni ad esso, ma è il personaggio che viene
prima dell’attore. Come fa a dare vita al personaggio? “Il lavoro dell’attore su sé stesso” e “il
lavoro dell’attore sul personaggio”, sembrano romanzi: un ragazzo racconta in un diario ciò che
hanno fatto col maestro di recitazione, non sono trattati di recitazione e si entra nel vivo
dell’esperienza recitativa. Il maestro insegna a raggiungere la profondità di sé stessi e degli altri.
L’attore deve prima di tutto imparare a conoscere sé stesso e ad accedere alla propria vita
interiore, a scavare nel proprio passato, a riportare alla memoria tutte le esperienze vissute e che
possono diventare per lui uno scrigno da cui attingere di volta in volta l’emozione da dare al
pe