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I PRINCIPALI FONDAMENTI E LA CULTURA DEL SERVIZIO SOCIALE IN RAPPORTO ALLE ALTRE PROFESSIONI

APPUNTI STORICO FILOSOFICI SULLA PROFESSIONE

• «La storia dell’assistenza delinea le tappe

e gli strumenti messi in campo dall’uomo,

nelle più diverse condizioni sociali,

culturali, economiche e ambientali, per

rispondere appunto a questi bisogni»

(Canevini, in Dizionario di servizio sociale,

Carocci, 2011)

Dove nasce il servizio sociale

• l’Inghilterra è la nazione nativa del servizio sociale

con la nascita delle Charity Organization Society

nel 1869

• Queste attività si espansero presto negli Stati Uniti,

dove Mary Richmond, a partire dal 1915, elaborò

alcuni dei classici concetti del servizio sociale, tra i

quali il legame fra persona e contesto (1917, 1922)

Formazione

• I primi corsi di formazione, nati tra la fine

del XIX secolo e gli inizi del XX secolo, si

diffondono nel Nord Europa, Stati Uniti e

altri paesi e nel 1928, a Parigi, si tenne la

Prima Conferenza Internazionale di

Servizio Sociale, che dette spunto alla

nascita dei primi organismi associativi

Gli approcci

• Le prime vere e proprie scuole si fondano

su un approccio individuale, denominato

Casework

• Dopo la crisi del 1929 si sviluppano il

group work e il community work

Gli approcci

• Il group work si basa sul valore

dell’appartenenza, che facilita la costruzione di

processi evolutivi e di crescita soggettiva

• il community work si basa sull’importanza del

rapporto tra individuo e ambiente, ponendo

l’attenzione sulla comunità sociale e

sull’importanza di studiare l’area cittadina e i suoi

bisogni, valorizzando tutti gli attori sociali

Nascita del servizio sociale italiano

• L’effettiva nascita del servizio sociale italiano avviene nel

dopoguerra, sotto la spinta della riscossa dei principi

democratici e dell’impegno civile laico e cattolico

• Convegno di Tremezzo nel 1946: vengono posti i fondamenti

della professione

• Diversi approcci filosofici, politici e religiosi. Questo spiega la

nascita di diversi gruppi di scuole, quali

ENSISS,UNSASS,ONARMO

I docenti in Italia

• I docenti italiani si formano soprattutto tramite la

partecipazione a corsi di formazione europei e

statunitensi, che portano all’introduzione nel

paese dei tre metodi fondamentali del servizio

sociale: casework (1950), group work (1952-

1954), community work (1956). La ricerca sociale

viene introdotta nel 1958, mentre le teorie

dell’amministrazione e dell’organizzazione dei

servizi vengono introdotte nel 1969

i tre fuochi di attenzione e di intervento

del servizio sociale italiano

• il soggetto (persona e famiglia)

• la comunità (luogo delle relazioni e dotato

di significato)

• le istituzioni (intese in una accezione

ampia, come il complesso delle

organizzazioni e delle risorse impegnate

nel sociale) Anni ‘60

• La professione vive un decennio di profondo dibattito:

• sui metodi, principalmente sulla necessità di accentuare

l’importanza del rapporto individuo-contesto e di quanto

questo sia importante per la realizzazione della persona

• sul rapporto tra i principi della professione e il ruolo delle

istituzioni

• sul ruolo della professione rispetto alla programmazione

dei servizi Anni ‘70

• Gli assistenti sociali, prima «rinchiusi»

negli enti assistenziali, iniziano ad

approdare gradualmente negli enti

territoriali, dando avvio all’assistenza

territoriale

• Il D.P.R. 616 del 1977 sancisce il

decentramento ai comuni delle funzioni di

risposta ai bisogni della comunità

Periodo movimentista

• La professione, nell’ambito del clima generale

di contestazione diffuso nel paese, vive un

periodo di turbolenza movimentista

• Si passa ad una visone dinamica che rifiuta di

vedere l’utente come una parte

«disfunzionale» da ri-abilitare in favore di una

lettura del contesto a cui il problema

rappresentato dall’individuo va ricondotto.

Consolidamento dello status giuridico

• la professione ha proseguito il suo

consolidamento, raggiungendo traguardi

che l’hanno portata ad uno status giuridico

e formativo forse insperato al momento

della sua nascita

Ricnoscimento del titolo e albo

professionale

• D.P.R. 14/1987: riconoscimento giuridico

del titolo di Assistente sociale e

abilitazione del diploma rilasciato dalle

scuole dirette a fini speciali

• ordinamento della professione di

Assistente sociale e l’albo professionale

(1993)

Consiglio dell’Ordine e codice

deontologico

• Istituzione delle sedi regionali dell’Ordine e del

Consiglio nazionale degli Assistenti sociali

(1994)

• emanazione del codice deontologico degli

Assistenti sociali (1998)

• definitivo consolidamento accademico con

l’istituzione del Corsi di laurea di primo e di

secondo livello con istituzione di due sezioni

dell’albo professionale (2000)

Valori, filosofia e identità

• Il sistema dei valori cui ancora oggi fa riferimento il

servizio sociale italiano si fonda sui primi scritti

giunti in Italia dagli Stati Uniti e dal mondo

anglosassone. Il sistema dei valori è stato

progressivamente coniugato con la realtà socio-

culturale e istituzionale italiana. Caratteristica

peculiare del servizio sociale italiano è la sua

prospettiva«trifocale», che mette in relazione i tre

elementi persona-comunità-istituzioni

Valori tradizionali

• I valori tradizionali del servizio sociale sono stati

individuati da Padre Biestek agli albori della

professione

• Rappresentano la visione umanistica che ispira il

s.s. e lo direziona verso la considerazione

dell’uomo come soggetto «unico e irripetibile»,

da valorizzare in quanto persona e, in questo

senso, è possibile parlare di transnazionalità e

universalità dei valori del servizio sociale

Valori del servizio sociale

• individualizzazione

• importanza dell’espressione dei sentimenti

• controllo del coinvolgimento emotivo

• accettazione

• atteggiamento non giudicante

• autodeterminazione dell’utente

• riservatezza

Alcune principali teorie di riferimento

• Turner (in Dal Pra Ponticelli, 1985) «quando

l’assistente sociale prende in considerazione la

teoria il suo scopo è sviluppare, perfezionare

una struttura intellettuale per mezzo della quale

comprendere e maneggiare la complessa

schiera dei fatti incontrati nel corso della sua

azione in modo tale che si possa dedurne la

natura dell’intervento e se ne possa prevedere

gli effetti» Anni ‘50 e ‘60

• Prevalevano approcci teorici fondati su

una visione dell’utente come soggetto dis-

agiato, da ri-abilitare nell’ambito di un

welfare residuale

• Il processo metodologico si basava sul

modello medico studio-diagnosi-

trattamento

Problem Solving Process

• iniziano a diffondersi teorie attente al fattore rappresentato dal

contesto ambientale

• (Problem Solving Process) di H.Perlman, incentrato sulla

relazione tra assistente sociale e utente, influenzato dalle teorie

freudiane. Pur collocato nell’ambito del servizio sociale individuale

questo modello ha il merito di veder l’utente attore principale del

proprio cambiamento e di considerare quale elemento

fondamentale del processo di aiuto il luogo dove questo avviene.

Agente di cambiamento

• Tra la fine degli anni sessanta e l’inizio

degli anni settanta, insieme ad approcci

anti-istituzionali, si sono diffusi modelli più

coerenti con l’interpretazione

dell’assistente sociale quale agente di

cambiamento

Alcuni modelli teorici

• approccio psicosociale (F.Hollis), anch’esso freudiano, ma

ispirato anche alla sociologia di comunità e alle teorie dei

sistemi, che vedono la persona all’interno del suo ambiente

di riferimento, anche questo oggetto dell’intervento di aiuto

• modello centrato sul compito (W.Reid, ‘72), ispirato al

modello del problem solving, basato sull’attivazione di un

processo educativo teso all’apprendimento da parte

dell’utente mediante l’assegnazione di compiti

Modello esistenziale

• modello esistenziale (Gordon 1969, poi

Germain 1979), che attribuisce importanza

al ciclo di vita della persona e a

concettualizzazioni ecologiche quali le

transazioni persona/ambiente e le reti

sociali e relazionali

Teorie dell’apprendimento

• teorie dell’apprendimento (J.B. Watson) e

del comportamentismo (Ivan Pavlov, B.F.

Skinner). Qualsiasi tipo di comportamento,

anche quello problematico, è appreso

secondo lo schema stimolo/risposta. Si

mira alla modificazione degli stimoli

rinforzando e connotando positivamente i

comportamenti adeguati dell’utente

Approccio unitario

• approccio unitario (Goldstein, 1973). Si

rifà alle teorie ecologico sistemiche – pur

muovendosi nella cornice metodologica

del problem solving - ed ha il merito di

superare la divisione tra servizio sociale

individuale, di gruppo e di comunità

Modello integrato

• modello integrato (Pincus e Mihanan,

1973, in Dal Pra Ponticelli 1985 ), che dà

importanza all’interazione tra le persone e

il loro ambiente sociale e la definitiva

affermazione della teoria generale dei

sistemi e delle teorie sulla comunicazione

della Scuola di Palo Alto (Watzlawick,

Beavin, Jackson, 1971).

Anni ‘80

• Il modello sistemico relazionale supera

la divisione delle scienze ed orienta

l’operatore verso una visione olistica

della realtà sociale.

• Si afferma il concetto di complessità

che, appunto, come dice E.Morin (1983,

1996) si riferisce alla globalità e al

funzionamento della globalità

La complessità si basa su tre teorie

• La teoria dell’informazione permette di

entrare in un universo dove coesistono

l’ordine (ridondanza) e il disordine

(rumore) e di estrarne del nuovo, cioè

l’informazione stessa, che allora diviene

organizzatrice (programmatrice)…

La complessità

• … La teoria cibernetica … che utilizzando l’idea

di retroazione rompe il principio di causalità

introducendo quello di curva causale. La causa

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Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
48 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/07 Sociologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Ornela.N di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Principi e metodi del servizio sociale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Bini Laura.