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La Conquista dell'America: il problema dell'altro
Questo libro ha il merito di definire delle figure della conquista, ovvero di dare una forma e un linguaggio e gli strumenti per comprendere la forma della conquista, l'atteggiamento nei confronti dell'altro nutrito da coloro che hanno partecipato alla conquista. Todorov propone 4 grandi figure:
- la figura dello SCOPRIRE: Colombo;
- la figura del CONQUISTARE: Cortés;
- la figura dell'AMARE: Las Casas;
- la figura del CONOSCERE: Sahagùn.
La figura dello SCOPRIRE: Cristoforo Colombo.
Le motivazioni del viaggio di Colombo, secondo Todorov, sono più o meno 3:
- trovare oro per una seconda finalità, finanziare:
- una crociata in terra santa;
- scoprire, vedere, viaggiare, ed è questa motivazione più specifica del carattere di Colombo.
Colombo come uno scopritore in
senso puro, ma uno scopritore con tratti particolari. L'approccio alla conoscenza di Colombo è basato su fonti, non è empirico, ci dice Todorov: Colombo pratica una strategia "finalistica" dell'interpretazione, simile a quella di cui si servivano i Padri della Chiesa nell'interpretare la Bibbia. Il senso finale è dato subito di primo acchito; quel che si cerca è il percorso che collega il senso iniziale con quel senso ultimo. Colombo non ha nulla di comune con un moderno empirista: l'argomento decisivo è un argomento d'autorità, non di esperienza. Egli sa in anticipo cosa troverà; l'esperienza concreta non viene interrogata - secondo certe regole prestabilite - per la ricerca della verità, ma serve ad illustrare una verità che si possiede già prima. Colombo si basa sulle fonti, su ciò che sa per averlo letto, senza una dimostrazione. Quindi crea un filo tra quello che ha letto equello che vede e quello che vede gli serve per dimostrare quello che ha letto. Quindi è una scopritorema che ha già negli occhi quello che vuole vedere, è uno scopritore profondamente limitato dalla sua stessa conoscenza. Le 3 fonti sono:
- la sfera naturale, di ciò che lui sa del mondo naturale;
- la sfera divina, cioè i testi sacri;
- la sfera umana, cioè le testimonianze, quello che ha sentito dire, il senso comune, ma anche le conoscenze dei libri.
Se queste sono le sue fonti, il suo metodo finalistico lo porta a compiere alcune operazioni che gli servono a costruire una conoscenza:
- dimostrare cose di cui non è provato l'argomento iniziale:
E' interessante osservare il modo in cui le credenze di Colombo influenzano le sue interpretazioni. Egli non si preoccupa di capir meglio le parole di coloro che a lui si rivolgono, perché sa a priori che incontrerà ciclopi, uomini con la coda e amazzoni. Vede bene che
le«sirene» non sono delle belle donne (come si credeva che fossero). Ma anziché concludere perl’inesistenza delle sirene, preferisce correggere un pregiudizio con un altro pregiudizio: lesirene non sono belle come si pretende che siano.
Uno dei suoi corrispondenti, Jaurne Ferrer, gli aveva scritto nel 1495: «La maggior parte dellacose buone proviene dalle regioni molto calde, abitate da negri o da pappagalli….» I negri e ipappagalli sono dunque considerati i segni (le prove) dell’esistenza di un clima caldo, e questoè considerato come un indizio di ricchezza. Non vi è da stupire, dunque, se Colombo non mancamai di notare l’abbondanza di pappagalli, il colore nero della pelle degli indigeni e l’intensitàdel calore.
Screditare la tesi opposta, ciò che è difforme rispetto a ciò che lui sostiene: Gli indiani incontrati da
Colombo gli dicevano che quella terra (Cuba) era un'isola; poiché l'informazione non gli conveniva, Colombo metteva in dubbio la qualità dei suoi informatori. "E poiché sono uomini bestiali, i quali pensano che il mondo intero è un'isola e non sanno neppure cos'è la terraferma, e sono senza lettere e senza memorie del passato, e non trovano altro piacere che nel mangiare e nello star con le donne, dicevano che quella terra era un'isola..." (principio della delegittimazione dell'interlocutore; questo problema del giudizio sui soggetti che Colombo incontra è un problema continuo. Muta continuamente il giudizio di Colombo sui selvaggi, a seconda delle circostanze e a seconda dei suoi principi). Il suo interesse è per la natura non nei confronti degli uomini: gli esseri umani impongono una relazione, cosa che non fa la natura. Quindi imponendo un rapporto impone qualcosa anche alla propria.conoscenza. L'osservazione attenta della natura conduce dunque a tre diversi esiti: all'interpretazione puramente pragmatica ed efficace, quando si tratta di questioni di navigazione, di cui Colombo era esperto; all'interpretazione finalistica, allorché i segni confermano, in tutt'altra materia, le credenze e le speranze che già si possiedono; e a quel rifiuto di ogni interpretazione che è l'ammirazione intransitiva, la sottomissione assoluta alla bellezza, per cui si ama un albero perché è bello, perché è, non perché sarebbe possibile servirsene come albero di un'imbarcazione o perché la sua presenza promette delle ricchezze.
Quindi tre esiti del suo atteggiamento verso la natura:
- un'interpretazione pragmatica per quanto riguarda la navigazione;
- un'interpretazione finalistica a conferma delle cose;
- rifiuto di ogni interpretazione che è l'ammirazione intransitiva.
Nomi: nominare è una forma di colonialismo, è una forma di conquista, dare dei nomi propri è una forma di conquista. Cambiare il nome delle cose è una forma di sovrapposizione, di conquista.
Altro elemento: è rivelatore che la prima caratteristica che colpisce Colombo sia la mancanza di abiti che per lui sono un simbolo di cultura e di civiltà. Tutti, inoltre, si somigliano tra di loro e tutta questa gente è affine a quella già menzionata: "Tutta questa gente è affine a quella già menzionata. Sono dello stesso tipo, egualmente nudi e della medesima statura". "Vennero molti di questi abitanti, che sono simili a quelli delle altre isole, nello stesso modo nudi e dipinti". "Questa gente, dice l'Ammiraglio, ha gli stessi caratteri e gli stessi costumi di quella incontrata prima". "Costoro sono simili agli altri che aveo trovato, dice l'ammiraglio, e credono anch'essi che.
noi siamo venuti dal cielo». Gli indiani siassomigliano perché sono tutti nudi, privi di caratteri distintivi.Le loro qualità vengono sostanzializzate (la sostanzializzazione è un punto fondamentale di questo discorso), cioèl'attribuire a qualcuno un determinato comportamento considerandolo un elemento intrinseco, portante, unelemento fondamentale: gli indios sono buoni oppure gli indios sono cattivi.Sono brava gente, dichiara di primo acchito Colombo, senza preoccuparsi di giustificare la suaaffermazione. «Sono il miglior popolo del mondo e soprattutto più dolce». «Assicuro le VostreAltezze che al mondo non c'è gente o terra migliori di queste». Quando conoscerà un po' megliogli indiani, egli cadrà nell'estremo opposto, senza per questo fornire informazioni più degne difede: naufrago in Giamaica, si vede «circondato da un milione di selvaggi crudelissimi e anoiostili».A seconda delle circostanze, a seconda di quello che vive, Colombo li unifica, li rende tutti uguali e lisostanzializza: sono buoni, sono cattivi, sono ignoranti, sono furbi. Queste sono le forme con cui si colonizza ilmondo, afferrando gli altri attraverso una nostra semplificazione. Tuttavia è impossibile sottrarsi a questo, è unastruttura del nostro linguaggio, è una cosa che facciamo continuamente, ma cercare di smontarle è un buonapproccio alla relazione. Colombo invece non ha tempo, non gli interessa (anche Las Casas, che dice di amarli, faqualcosa del genere perché li considera tutti pronti all'evangelizzazione, quindi tutti buoni).Secondo Todorov, Colombo vede poco, è molto miope, cerca conferma a quello che già sa: una struttura dipensiero che lui cerca di applicare al nuovo mondo. Colombo tende poi sempre a sostanzializzare le cose, a fissarele cose sulla base di semplificazioni che sono finalizzate non
solo a comprendere ma anche ad organizzare mentalmente quello che vede o crede di vedere. Colombo fissa così due atteggiamenti, che sono due atteggiamenti classici del modo di porsi rispetto ad un altro e così li definisce Todorov in due passi diversi:L'atteggiamento di Colombo verso gli indiani si fonda sulla percezione che egli ne ha. Si potrebbero distinguere due componenti, che si ritroveranno nel secolo seguente e, praticamente, fino ai giorni nostri in ogni colonizzatore rispetto al colonizzato; questi due atteggiamenti li avevamo già osservati in germe nel rapporto fra Colombo e la lingua dell'altro. O egli pensa agli indiani (senza peraltro usare questo termine) come a degli esseri umani completi, con gli stessi diritti che spettano a lui; ma in tal caso non li vede come eguali, bensì come identici, e questo tipo di comportamento sbocca nell'assimilazionismo, nella proiezione dei propri valori sugli altri. Oppure parte dalla differenza; ma
questa viene immediatamente tradotta in termini di superiorità (nel suo caso, è ovvio, sono gli indiani ad essere considerati inferiori): si nega l'esistenza di una