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Differenze tra la teoria ricardiana e marxista

1. Nell'analisi marxista non si fa accenno alla legge dei rendimenti decrescenti: non c'è distinzione fra rendita e profitti.

2. Nella teoria marxista i salari tendono, come nel modello ricardiano, a eguagliare un livello naturale, minimo di sussistenza. Anche se per Ricardo essi si situano a un livello di solito superiore a quello di sussistenza, questa distinzione non è

Rilevante in questo contesto. Tuttavia, secondo Marx, questo è dovuto al fatto che in ogni momento l'offerta di manodopera supera la domanda. I salari, in questo contesto, sono tenuti bassi da una riserva di lavoratori, ricreato periodicamente da innovazioni tecnologiche richiedenti sempre meno mano d'opera.

I meccanismi alla base dell'accumulazione del capitale non sono gli stessi per Ricardo e per Marx.

Per Ricardo: i capitalisti tendono ad accumulare capitale sperando di accrescere i loro profitti totali (almeno finché il saggio di profitto sia superiore a un minimo necessario per compensarli delle spese e dei rischi sostenuti nell'investire il capitale).

Per Marx: il processo d'accumulazione del capitale è la risultante non di una libera scelta dei capitalisti, ma di una necessità causata dalla competizione tra gli stessi capitalisti. Poiché per Marx esistono, in generale, economie di scala e non

rendimenti decrescenti come nel caso di Ricardo, ogni capitalista è costretto ad aumentare la capacità della propria industria, reinvestendovi la maggior parte dei profitti. Questa tendenza porterà al cosiddetto capitalismo monopolista. Alienazione del lavoratore (DOMANDA ESAME) Tre motivazioni:
  1. Il lavoratore non è proprietario dei suoi strumenti di lavoro, che sono invece di proprietà del capitalista;
  2. Il lavoratore non è proprietario del prodotto del proprio lavoro, che invece è di proprietà del capitalista, che ha anticipato mezzi di produzione e salari in cambio del diritto di disporre del prodotto;
  3. Il lavoratore non controlla l'organizzazione del processo produttivo, al cui interno ha un ruolo parziale e specifico.
Gli strumenti di lavoro, il prodotto e l'attività lavorativa si contrappongono al lavoratore come qualcosa di esterno a lui. Il lavoro risulta così per il lavoratore.lavoratore come un mezzo per un fine distinto - procurarsi il salario (imezzi di sussistenza), anziché come diretta auto realizzazione dell' individuo nella società. L'alienazione dal lavoro (DOMANDA ESAME) La classe proprietaria e la classe del proletariato presentano la stessa autoalienazione umana. Ma la prima classe, in questa autoalienazione, si sente a suo agio e confermata, sa che sua propria potenza parvenzal'alienazione è la e possiede in essa la di un'esistenza umana; la seconda classe, nell'alienazione, si sente annientata, vede in essa la sua impotenza e la realtà di un'esistenza inumana [...] Nella circolazione, il capitalista e l'operaio si fronteggiano soltantovenditori di mercicome ma, data la natura specificamente polare delle merci che si vendono l'unl'altro, l'operaio entra necessariamente nel processo di produzione come parte integrante delvalore d'uso, modo di esistere

dell’esistenza di valore del capitaledel e , anche se questoall’internorapporto si realizza solo del processo produttivo, e sebbene colui che, comevero e proprio capitalista,acquirente di forza-lavoro, è capitalista solo in potenza, diventi soloeventualiter lavoratore salariatoquando in tale processo l’operaio, trasformato in attraverso lavendita della propria capacità lavorativa, passa realmente sotto il comando del capitalista.(Marx, citato in Donaggio e Kammerer, 2007, pp. 155-6)

L’alienazione dal denaroLa confusione e il rovesciamento di tutte le qualità umane e naturali, la fusione delle cosedivina essenzaimpossibili – la forza – propria del denaro risiede nella sua in quanto è l’essenzadel genere dell’uomo estraniata, alienata, che si espropria. Il denaro è il potere alienatoinvertentedell’umanità [...] Sotto forma della potenza qui descritta il denaro si presenta poianche in

Opposizione all'individuo e ai vincoli sociali ecc che affermano di essere entità per sé stesse. Il denaro muta le fedeltà in infedeltà, l'amore in odio, l'odio in amore, la virtù in vizio, il servo in padrone, il padrone in servo, la stupidità in intelligenza, l'intelligenza in stupidità. Poiché il denaro, in quanto è il concetto esistente e in atto del valore, confonde e inverte ogni cosa, è la universale confusione e inversione di tutte le cose, e quindi il mondo rovesciato e l'inversione di tutte le qualità naturali e umane. (Marx, 1844a, pp. 154 e 156). Denaro come fine e non come mezzo, questo è il problema.

La legge della caduta tendenziale del saggio del profitto. La necessità di possedere maggior capitale, associata alla concorrenza e al progresso tecnico, macchinari richiedenti sempre meno induce i capitalisti a investire, attingendo al sovrappiù, in mano d'opera.

composizione organica del capitale capitaleIn tal modo la , vale a dire la parte delfisso tende a crescerenel capitale totale, con il passare del tempo. Questo processo, visto esolo il capitale non fisso produce sovrappiù diminuzione delconsiderato che , comporta unasaggio di profitto, supponendo che il saggio di sfruttamento rimanga costante . Come giàindicato, Marx sostiene che in un contesto concorrenziale un livello ridotto di profitto è lapremessa per la creazione di grossi monopoli. In questo vi sarebbe una crescente erosione deiesercito di riserva.salari reali della classe lavoratrice, accompagnata da un forte aumento dell’Sempre secondo Marx, i conflitti di classe diventerebbero più acuti, fino a sfociare nella dittaturadel proletariato.

2.Il concetto di dittatura del proletariato: ‘Tra la società capitalistica e la società comunista vi è ilperiodo della trasformazione rivoluzionaria dell'una nell'altra. Ad

Esso corrisponde anche un periodo politico transitorio, il cui Stato non può essere altro che la dittatura rivoluzionaria del proletariato (1875)3.

Rifiuto di Marx, a fare appello a qualsiasi morale, proprio per far divenire la sua teoria, il socialismo scientifico (ennesima dimostrazione dell'allontanamento dall'etica e della ricerca di scientificità)4.

Marx cerca di dimostrare con proposizioni scientifiche l'esistenza dello sfruttamento (attraverso la teoria del valore-lavoro) e predire la fine del capitalismo (con la legge della caduta tendenziale del saggio di profitto) egli fa trasparire in tutta la sua opera un risentimento morale4.

È forse proprio questa tensione tra scienza da una parte e morale dall'altra che affascina gli studiosi e non solo?

Teoria classica e Teoria marginalista

Le tre opere che avrebbero rivoluzionato la teoria economica nel XX secolo furono in principio snobbate: The Theory of Political Economy (1871)

JevonsGrundsätze der Volkwirtschaftslehre- (1871) – MengerEléments d'économie politique pure- (1871-72) WalrasLa teoria marginalistaCaratteristiche della teoria marginalista interessanti nel nostro contesto:- Attenzione esclusiva all'allocazione di risorse scarse- Approccio di tipo utilitaristico- Comportamento umano: calcolo razionale teso alla massimizzazione dell'utilità- Analisi individualeeliminazione delle relazioni sociali nello studio dell'economia e dei valoricollettivi (fini di gruppi o classi sociali)Differenze tra teoria classica e marginalista (LE CHIEDE)Differenze fondamentali:1. La definizione del problema economico2. Il valore3. L'equilibrio4. Il ruolo dei prezzi5. La teoria della distribuzione.1. La definizione del problema economicoPer i classici: il problema economico è concepito come analisi delle condizioni che garantiscono ilcontinuo funzionamento di un sistema economico basato sulla divisionedel lavoro (analisi dellaproduzione, distribuzione, accumulazione e circolazione del prodotto). Per i marginalisti: il problema economico è quello dell'utilizzo ottimale delle risorse scarse per soddisfare i bisogni e i desideri dei soggetti economici. => Il problema si riduce a studiare secondo quali rapporti gli individui dovrebbero redistribuirsi, mediante lo scambio, i beni e i servizi produttivi di cui dispongono inizialmente, allo scopo di ottenere la situazione finale più vantaggiosa, date le loro preferenze. 2. Il valore Per i classici: concezione oggettiva, basata sulla difficoltà di produzione; Per i marginalisti: concezione soggettiva, basata sulla valutazione dell'utilità dei beni da parte dei consumatori. 3. L'equilibrio assume per i marginalisti un ruolo centrale Il concetto di equilibrio che non aveva per i classici: l'equilibrio corrisponde a condizioni di utilizzo ottimale delle risorse scarse disponibili, ed èQuindi, identificato da un insieme di valori per tutte le variabili economiche implicate, prezzi e quantità simultaneamente. 4. Il ruolo dei prezzi Per i classici: i prezzi hanno il significato di indicatori della difficoltà relativa alla produzione; Per i marginalisti: indicatori di scarsità relativamente ai desideri dei consumatori. 5. La teoria della distribuzione. Per i marginalisti: la distribuzione del reddito non è altro che un caso particolare della teoria dei prezzi nel contesto (dove riguarda, appunto, i prezzi dei 'fattori di produzione') Per i classici: è un problema con caratteristiche autonome, relativo ai ruoli delle diverse classi sociali e ai rapporti di forza tra esse per i classici. Caratteristiche I marginalisti lasciano da parte il fenomeno produttivo, per studiare il comportamento del consumatore e del produttore, vale a dire i fenomeni della mic
Dettagli
A.A. 2022-2023
42 pagine
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/04 Storia del pensiero economico

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher quirinodamelio di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del pensiero economico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Mirante Amalia.