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Radici europee della conflittualità del Medio Oriente
Nel tentativo di risolvere a proprio favore i problemi posti agli Stati occidentali dalla presenza ottomana nei Balcani, nell'Asia minore, nella Siria e nella Mesopotamia (Questione d'Oriente), Austria e Russia si scontrarono, interessate l'una alla conquista dei territori ottomani nei Balcani, l'altra alla ricerca di uno sbocco nel Mar Mediterraneo, mentre Inghilterra e Francia miravano invece a conservare l'Impero turco nella sua condizione ormai non più pericolosa, impedendone l'espansione delle altre due potenze.
Le radici dell'endemica conflittualità che ha trasformato il Medio Oriente in una delle regioni più instabili del mondo affondano nelle scelte operate dalle potenze coloniali europee alla fine del primo conflitto mondiale, da cui l'Impero Ottomano uscì distrutto. L'Inghilterra, che si era fatta paladina del nazionalismo arabo, considerato...
una patria per il popolo ebraico), portò a un aumento delle tensioni tra la popolazione ebraica e quella araba. Durante la seconda guerra mondiale, l'Olocausto e la persecuzione degli ebrei da parte dei nazisti in Europa fecero aumentare ulteriormente l'immigrazione ebraica in Palestina. Nel 1947, le Nazioni Unite approvarono un piano di spartizione che prevedeva la creazione di due stati, uno ebraico e uno arabo, in Palestina. La creazione dello stato di Israele nel 1948 portò a una guerra tra Israele e i paesi arabi confinanti, che si opposero alla creazione di uno stato ebraico in Palestina. La guerra si concluse con la vittoria di Israele e con l'espulsione di centinaia di migliaia di palestinesi dalle loro case, dando inizio al problema dei rifugiati palestinesi. Da allora, il conflitto tra israeliani e palestinesi ha continuato a causare tensioni e violenze nella regione. Numerosi tentativi di risolvere il conflitto sono stati fatti nel corso degli anni, ma finora nessuno è riuscito a raggiungere una soluzione duratura. Il conflitto si basa su questioni territoriali, religiose e politiche complesse, che coinvolgono anche altri attori internazionali. La questione della sovranità su Gerusalemme, città sacra per ebrei, cristiani e musulmani, è uno dei punti più controversi del conflitto. La situazione attuale nel Medio Oriente è ancora molto instabile e il conflitto israelo-palestinese continua a essere una delle principali fonti di tensione nella regione. La ricerca di una soluzione pacifica e duratura rimane una sfida complessa, ma fondamentale per la stabilità e la pace nella regione.Il nuovo Stato ebraico secondo il "programma di Basilea", fissato dal I Congresso mondiale del 1897), attizzò un nuovo focolaio di crisi. La corrente migratoria crebbe dopo laseconda guerra mondiale, alimentata da migliaia di Ebrei sopravvissuti allo sterminio nazista e guardata con favoredall'opinione pubblica occidentale, che considerava l'ipotesi sionista della creazione di uno Stato ebraico in Palestina unlegittimo risarcimento per un popolo passato attraverso la tremenda esperienza dell'Olocausto. Una delle primerisoluzioni di rilievo dell'ONU fu proprio il voto a favore della divisione della Palestina fra Ebrei e Arabi, preludio allafondazione dello Stato di Israele, proclamato nel 1948 non appena, terminato il loro mandato, gli Inglesi si ritirarono dallaPalestina. Espansione israeliana Radicalmente contrari a tale divisione, gli eserciti di Egitto, Siria, Giordania, Libano e Iraq (Lega Araba) attaccaronoIsraele, che, seppur nonDisponesse di un apparato militare ben organizzato e rifornito, riuscì non solo a neutralizzare gli avversari, ma anche a lanciare una controffensiva vincente che portò all'armistizio firmato con i Paesi arabi nel 1949. Per questi ultimi, il risultato di quella che sarà ricordata come la prima guerra arabo-israeliana fu disastroso, perché consegnò a Israele un territorio molto più vasto di quello che le era stato assegnato due anni prima dall'ONU. Iniziò da quel momento la diaspora del popolo palestinese che fuggì in Giordania e negli altri Stati vicini. Negli anni seguenti le tensioni riaffiorarono ciclicamente per sfociare in diversi conflitti fra Israele, sostenuto dagli Stati Uniti (in cui vi è una forte lobby ebraica), e le coalizioni di Paesi musulmani, appoggiati dall'Unione Sovietica, scesi in campo in appoggio ai palestinesi. Le guerre del 1956, del 1967 (guerra dei Sei giorni), del 1973 (guerra del Yom Kippur) e del 1982 (guerra del Libano) sono solo alcuni degli episodi più noti di questo lungo e complesso conflitto.
Kippur) si conclusero tutte con la vittoria degli Israeliani. Nel 1967 lo Stato di Israele espanse i propri confini con l'annessione del Sinai, della Cisgiordania, del Golan, di Gaza e della parte orientale di Gerusalemme (la parte occidentale era israeliana dal 1948).
Pan-arabismo e oro nero Parziali prospettive di pacificazione dell'area parvero aprirsi nel 1974-75, quando il governo israeliano consegnò una piccola parte dei territori strappati a Egitto e Siria e consentì la riapertura del canale di Suez, chiuso dal tempo della guerra dei Sei Giorni. In seguito, con le trattative tra Egitto e Israele favorite dalla mediazione del presidente americano Jimmy Carter (accordi di Camp David del 1978), fu avviata la restituzione del Sinai all'Egitto.
Ciononostante altri conflitti insanguinarono la regione negli anni Ottanta e nei primi anni Novanta. Essi videro gli interventi di Siria e Israele nel Libano che, già lacerato da una guerra civile a sfondo religioso,
finì per perdere la sua sovranità e divenire terra di conquista per Siriani, Israeliani e per le molteplici fazioni interne. Durante questo periodo, la dirompente rinascita del fondamentalismo islamico, avvenuta dopo la rivoluzione khomeinista in Iran, soffiò sul fuoco della questione mediorientale. Restava sempre vivo il problema di fondo del Medio Oriente, ossia come conciliare il bisogno di confini sicuri per lo Stato ebraico, circondato e minacciato dagli altri Stati arabi, con la necessità di ridare una patria al popolo palestinese, che viveva sotto occupazione straniera o profugo nei Paesi arabi. Atteggiamenti di netta intransigenza continuavano a caratterizzare le posizioni delle diverse parti in causa: lo Stato di Israele, i governi arabi e le forze militari e politiche della resistenza palestinese, perlopiù unite nell'OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) guidata da Yasser Arafat. Questa organizzazione, che dal 1969 avevacominciato a compiere operazioni militari contro Israele, godeva di un vasto consenso in Cisgiordania e nel resto del Medio Oriente.