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La prima guerra arabo-israeliana
Nel 1948 si assiste dunque al ritiro delle truppe britanniche, che ha conseguenze considerevoli nella regione, con lo scoppio del primo conflitto israelo-palestinese, che provoca l'esodo di centinaia di migliaia arabi-palestinesi in quella che viene chiamata "nakba" (la catastrofe).
Gli studiosi Benny Morris e Ilan Pappé, attraverso l'utilizzo di fonti segrete, giungono a considerazioni assai diverse in merito al fatto che quest'esodo sia stato voluto o meno:
Morris ritiene che l'esodo sia stato incentivato dalle violenze dei mesi di guerra, ma senza una volontà precisa.
Pappé sostiene invece la tesi di un obiettivo predeterminato che puntava a garantire una contiguità territoriale delle zone sotto controllo ebraico e l'espulsione della popolazione araba da quelle zone ritenute delicate, in cui la permanenza veniva concepita come un rischio dal punto di vista militare (questa tesi si interseca con la
tematica della responsabilità storica) L'effetto principale della nakba è la creazione di numerosi campi profughi, presi in gestione da un'agenzia specializzata delle Nazioni Unite, l'UNRWA. Oggigiorno, emerge il problema dei finanziamenti a questa agenzia, considerati i tagli effettuati da diverse amministrazioni statunitensi. Conseguenze della guerra: A seguito della nakba, non troviamo più le élite di natura fondiaria. Dopo il 1948, i comunisti mantengono una posizione internazionalista. La Striscia di Gaza viene messa sotto un'amministrazione mandataria egiziana. La Cisgiordania viene messa sotto controllo egiziano. La corrente panaraba, all'epoca maggioritaria, nega una specificità territoriale palestinese del conflitto arabo-israeliano, che viene visto come questione di tutti i paesi arabi giacché Israele è visto come prolungamento del colonialismo occidentale. Ciò scava ancora di più laDistinzione tra le correnti panarabe e la corrente arabamarxista, soprattutto a seguito dell'imprevisto sostegno che l'Unione Sovietica dà allarisoluzione 181 dell'ONU che sancisce la nascita dello Stato di Israele. Difatti, l'URSS nutriva la speranza di esercitare un'influenza politica all'interno dello stato israeliano. Perciò, secondo il punto di vista panarabo a favore della liberazione della Palestina, solo un'entità araba nazionalista, unificata, moderna può attuare la transizione dallo stadio agricolo a quello industriale, in modo da sviluppare le capacità militari (l'unità araba è vista come unico mezzo per la liberazione della Palestina, dunque è una questione che riguarda tutti gli arabi).
PATTO BAGHDAD ? Dal 1956, con la nascita del Movimento per la liberazione palestinese, si afferma un'organizzazione autonoma politica dei profughi, che rivendica la liberazione di tutti
iterritori sotto controllo israeliano e la necessità che il popolo palestinese prenda in mano le redini del suo destino senza aspettare i governi degli altri paesi arabi.
Molti oggetti legati alla civiltà rurale (il copricapo contadino noto come idabke), ricami e i tessuti geometrici, i diversi stili di ballo della sono diventati nella diaspora i simboli dell'identità palestinese. La figura del contadino viene assunta come archetipo per costruire l'immagine di una nazione unificata e dall'identità forte, sia in contrapposizione allo stato israeliano sia a fronte delle diversità interne.
L'insistenza sui simboli rurali serve anche a rafforzare il legame con la terra, il carattere autoctono e originario della popolazione palestinese, e di conseguenza la legittimità delle proprie rivendicazioni politiche.
Le narrative di continuità storica, che giustificano le proprie aspirazioni politiche attraverso
l’argomentazione di una presenza ininterrotta oppure nativa sul territorio, anche attraverso l’uso selettivo dei ritrovamenti e dei siti archeologici, costituiscono un elemento di primaria importanza.24 06.04.2022
Dopo la guerra del 1948, si creano diverse prospettive in merito alla questione israelo-palestinese: una nazionalista, una marxista ed una prospettiva di Islam politico.
Secondo il punto di vista baathista, le alleanze militare filoamericane nel Medio Oriente servivano alla pacificazione tra palestinesi e israeliani; soltanto uno stato arabo unificato poteva costituire una via d’uscita da questa situazione, per cui vi era bisogno di un cambiamento nelle strategie di governo dei paesi arabi.
Già negli anni ’50, vi è la proposta di una risposta islamista al problema palestinese; sul lungo periodo, si parla di una modifica delle abitudini sociali e politiche dei popoli, la maggior parte delle quali considerata troppo occidentalizzata; si tratta
dunque diuna prospettiva di riorganizzazione all'interno della stessa conformazione politica.
1956: primo congresso di rifugiati (o profughi) palestinesi; si tratta di un evento politico a cui prendono parte molti giovani, che rivendicano una conformazione politica palestinese autonoma concentrata su una dimensione territoriale.
1957: proposta di una soluzione possibile della Palestina nei suoi confini naturali storici come distaccamento dell'unione federale tra Egitto e Siria. Viene fondato inoltre il Movimento per la liberazione palestinese, nato dall'albero del nazionalismo panarabo.
1959: proposta di creazione di una repubblica palestinese indipendente tra Cisgiordania e Striscia di Gaza. Questa proposta incontra l'opposizione sia della Cisgiordania, allineata con la Gran Bretagna, sia dell'Egitto, che controllava la Striscia di Gaza. Nello stesso anno, nasce la rivista "Nostra Palestina", manifesto politico che rivendica di voler essere la voce del
popolo della Palestina, invitando i profughi a mobilitarsi politicamente. Il popolo palestinese non può aspettare le élite del mondo arabo, ma deve prendere le redini del proprio destino politico. I punti sostenuti sono due: La creazione di un soggetto politico palestinese rivoluzionario e indipendente da qualsiasi altro soggetto esterno. Non lasciar perdere il concetto specifico locale di azione.
Nel corso degli anni '60 vi è un sempre più massivo isolamento delle correnti marxiste e comuniste. Nel 1964 si svolge il primo Consiglio Nazionale Palestinese, che porta poi alla nascita dell'Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP). Si affermano diversi dibattiti nel campo di una campagna di liberazione nazionale; ad esempio, come porsi nei confronti delle élite precedenti, se privilegiare o meno l'alleanza con la borghesia (cosa che spacca molto la sinistra). Dal Consiglio, ne esce uno Statuto nazionale che sottolinea:
- La Palestina
1) Descritta come una nazione araba unita da vincoli panarabi alle altre nazioni arabe
2) Unità araba e liberazione della Palestina procedono pari passo, non sono distaccabili (il destino della grande nazione araba dipende dal destino palestinese)
3) Se questa lotta per la liberazione dovesse essere condotta per via armata o diplomatica
L'OLP diventa dunque ente rappresentante dell'intero popolo palestinese, il cui pensiero teorico e strategico si concretizza a partire dal 1967. È il cosiddetto periodo della rivoluzione palestinese, soprattutto all'interno dei campi profughi in Libano.
A partire dal 1965 si afferma, soprattutto all'interno dei campi profughi, l'idea di una soluzione militare basata sulle esperienze rivoluzionarie cinese e cubana (la cosiddetta "guerra di popolo"). La rivoluzione popolare è vista come la via per la liberazione nazionale, che a sua volta costruisce l'unità araba - che non può
avvenire attraverso una fusione a freddo decisa dai governi o attraverso il conflitto tra partiti, ma solo al termine del conflitto e della liberazione della Palestina. L'Organizzazione per la liberazione della Palestina viene vista come il crogiuolo di un'azione "nazionale palestinese nei presupposti, araba nella dimensione, panaraba negli obiettivi". Beirut diventa il luogo dove si spostano i capitali palestinesi dopo il 1948, e molte banche iniziano a sostenere il movimento palestinese. È inoltre luogo di scambi intellettuali dove emerge questo pensiero politico, ovvero la volontà di organizzare un'avanguardia politica militare e rivoluzionaria, ritenuta l'unica via per liberare la Palestina e liquidare "l'entità sionista". Parliamo dunque di una rivoluzione nazionale palestinese nei presupposti, panaraba negli obiettivi. All'interno dell'OLP, il movimento dominante è Fatha.che si richiama espressamente al contesto rivoluzionario cubano e cinese. Non a caso, si fa riferimento al concetto di "guerra di popolo", l'idea cioè che non sia una guerra di eserciti governativi, ma una cosiddetta "guerra dal basso" (emerge la figura dei fidayun, i guerriglieri), un sollevamento armato di tutto il popolo palestinese. 5. IL CONFLITTO DEL 1967 La guerra del 1967 vede la sconfitta degli stati arabi. Nascono diversi gruppi rivoluzionari di sinistra che accentuano ancor più la critica nei confronti delle borghesie arabe, accusate di non aver sostenuto adeguatamente gli sforzi bellici, oltre che il carattere rivoluzionario del movimento nazionalista arabo, che dà vita nel 1968 al Fronte Popolare per la liberazione della Palestina (FPLP), ovvero un confluire di elementi del nazionalismo arabo e di elementi del marxismo calati nel contesto palestinese. Il Fronte popolare postula la priorità della lotta armata sulla basedell'ideologia del proletariato rivoluzionario. Il 1968 rivoluzionario europeo viene assorbito anche da queste narrazioni e strategie politiche. Slogan coniato in questo periodo dal Fronte popolare è "Più di un Vietnam sulla superfice dei tre continenti" (qui assistiamo all'utilizzo dell'ideologia rivoluzionaria scientifica). Il Fronte Popolare si rifà infatti a due ideologie: 1. Naksa: la disfatta del 1967 è dovuta al fatto che nei paesi arabi e nel movimento palestinese i posti di comando sono ancora occupati dalla piccola borghesia. 2. In relazione al pensiero e modello di Mao in Vietnam, rimarca la priorità della lotta armata sulla lotta politica. Tutto ciò rappresenta la causa della guerra civile libanese del 1975, così anche del settembre nero Giordano del 1970. Ciò conduce, tutt'al più, alla nascita del Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina, collocato ancora più a sinistra.delFron