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Lezione del 19.10.2020 di Storia della giustizia e del processo penale Pag. 1
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vedere se applicare a quel fatto l’art. 166 c.p. oppure, che era considerato dagli interpreti come una norma di

specie, o l’art. 154 c.p. considerata norma di chiusura, di genere e che come norme di genere colpiva la

violenza privata, utilizzava le stesse due descrizioni: violenza e minaccia. Questi articoli mettono sullo stesso

piano le conseguenze penali per fatti commessi dai datori di lavoro tramite la serrata o ai lavoratori tramite lo

sciopero. La Cassazione pretende di capire se quelle azioni che avevano condotto a processo certe persone

erano state fatte per motivi economici e secondo comportamenti compatibili con richieste di carattere

puramente economico o se erano state fatte per motivi politici, questo secondo la Cassazione avrebbe alterato

completamente anche il significato di violenza e di minaccia e avrebbe fatto ricadere qualsiasi tipo di

l’organizzazione politica dello Stato:

comportamento che fosse ascrivibile alla volontà di protestare contro

posizione della Corte di legittimità. (vedi passi di Vincenzo Manzini). Zanardelli, dopo aver inserito questi

articoli, aveva introdotto anche l’art. 247 c.p. (quello del reato di apologia della lotta di classe). Zanardelli

era stato sì liberale ma con molte cautele. L’interpretazione, dal complesso di questa analisi della situazione

giuridica e giudiziaria, finisce per divaricarsi completamente a seconda che la si guardi dal punto di vista di

una concezione liberale o “autoritaria” perché dal punto di vista dei liberali l’art. 166 c.p. prevaleva sul 154

c.p. e riguardava, però, esclusivamente i lavoratori dell’industria e del commercio, non per l’artigianato, non

per i lavoratori delle campagne, non per i lavoratori delle miniere. Per i liberali, per questi ultimi esclusi, se

avessero organizzato astensioni dal lavoro, si sarebbe applicato il 154 c.p. sempre per loro. Dal punto di vista

dei conservatori, degli autoritari, che erano più vicini agli interessi degli imprenditori, non si poteva

presumere la liceità dell’organizzazione, dell’assembramento dei lavoratori e anche sui modi

dell’organizzazione si poteva intervenire. La Corte di Cassazione, nelle sentenze, dice che il legislatore

Zanardelli, nel fare quelle norme, aveva sicuramente escluso e inteso colpire i motivi di natura politica. I

processi, da questo punto di vista, furono numerosissimi, gli interventi della Cassazione molto forti ma

determinazione di questa politica italiana e dell’ordine pubblico è stato l’atteggiamento

decisiva nella

assunto dalla Corte di Cassazione con riguardo alle cause intentate per licenziamento dei lavoratori dopo le

tra un’apertura nei confronti dei liberatori nel Codice penale e l’assoluta

astensioni dal lavoro; scontro

legislazione civile (con l’art. 1570 c.c. la locazione delle opere è un contratto, una delle parti

continuità della

si obbliga a fare qualcosa dietro mercede, se quella parte che si è obbligata a fare una cosa non la fa, vuol

dire che ha violato il patto e quindi può essere tranquillamente licenziata). Tra il 1909 e il 1915 si ha un

crescendo di decisioni contrarie alla tutela dei lavoratori perché vediamo una prima sentenza del 1909 della

Corte di Cassazione che stabilisce che se in una fabbrica i lavoratori si sono astenuti dal lavoro anche per

motivi legittimi (tipo di carattere economico), anche se nessuno è stato arrestato, in assenza di violenza, dal

punto di vista civile non solo tutti i lavoratori astenuti ma TUTTI i lavoratori avrebbero potuto essere

licenziati. Così successe nel caso in esame, perché comunque lo sciopero aveva provocato un’interruzione

dell’attività. Questo non era fenomeno isolato, si erano verificati anche casi analoghi in precedenza. In questi

casi, solitamente, i datori di lavoro finivano per riassumere quasi tutti i lavoratori che erano stati impiegati

prima dello sciopero, ad esclusione di quelli che avevano scioperato. La Corte di Cassazione aveva detto che

il datore poteva fare questo salvo che il datore di lavoro, dopo aver licenziato tutti e rifatto il contratto di

lavoro, ai lavoratori che non avevano scioperato e che erano stati ugualmente licenziati, bisognava

corrispondere una minima indennità di licenziamento secondo equità, che avrebbe consentito al lavoratore

licenziato di sopravvivere fino a quando non avrebbe trovato un nuovo lavoro. Questa sentenza aveva

manifestato una certa apertura nella tutela dei lavoratori, aveva inventato un minimo strumento giuridico del

1124 c.c. che costituiva uno strumento fino a quel momento mai usato che un pochino avrebbe sopperito ad

esigenze dei lavoratori che il cc non prevedeva affatto. Questa sentenza viene ribaltata e completamente

affossata da due sentenze, sempre dalla Corte di Cassazione, del 1912 e del 1915 che considerano questo

atteggiamento nei confronti dei lavoratori come “romantico”, “non abbastanza avveduto ai fini della tutela

dell’ordine pubblico, della sicurezza dello Stato” e quindi verrà eliminata la indennità dovuta ai lavoratori

scioperato. Il motivo era l’errata interpretazione del 1124 c.c. e della nuova

licenziati anche se non avevano

organizzazione del lavoro che si stava rafforzando nella prassi senza alcuna previsione di carattere

Dettagli
A.A. 2020-2021
3 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/17 Diritto penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher lapiccolagio96 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della giustizia e del processo penale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Storti Claudia.