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vedere se applicare a quel fatto l’art. 166 c.p. oppure, che era considerato dagli interpreti come una norma di
specie, o l’art. 154 c.p. considerata norma di chiusura, di genere e che come norme di genere colpiva la
violenza privata, utilizzava le stesse due descrizioni: violenza e minaccia. Questi articoli mettono sullo stesso
piano le conseguenze penali per fatti commessi dai datori di lavoro tramite la serrata o ai lavoratori tramite lo
sciopero. La Cassazione pretende di capire se quelle azioni che avevano condotto a processo certe persone
erano state fatte per motivi economici e secondo comportamenti compatibili con richieste di carattere
puramente economico o se erano state fatte per motivi politici, questo secondo la Cassazione avrebbe alterato
completamente anche il significato di violenza e di minaccia e avrebbe fatto ricadere qualsiasi tipo di
l’organizzazione politica dello Stato:
comportamento che fosse ascrivibile alla volontà di protestare contro
posizione della Corte di legittimità. (vedi passi di Vincenzo Manzini). Zanardelli, dopo aver inserito questi
articoli, aveva introdotto anche l’art. 247 c.p. (quello del reato di apologia della lotta di classe). Zanardelli
era stato sì liberale ma con molte cautele. L’interpretazione, dal complesso di questa analisi della situazione
giuridica e giudiziaria, finisce per divaricarsi completamente a seconda che la si guardi dal punto di vista di
una concezione liberale o “autoritaria” perché dal punto di vista dei liberali l’art. 166 c.p. prevaleva sul 154
c.p. e riguardava, però, esclusivamente i lavoratori dell’industria e del commercio, non per l’artigianato, non
per i lavoratori delle campagne, non per i lavoratori delle miniere. Per i liberali, per questi ultimi esclusi, se
avessero organizzato astensioni dal lavoro, si sarebbe applicato il 154 c.p. sempre per loro. Dal punto di vista
dei conservatori, degli autoritari, che erano più vicini agli interessi degli imprenditori, non si poteva
presumere la liceità dell’organizzazione, dell’assembramento dei lavoratori e anche sui modi
dell’organizzazione si poteva intervenire. La Corte di Cassazione, nelle sentenze, dice che il legislatore
Zanardelli, nel fare quelle norme, aveva sicuramente escluso e inteso colpire i motivi di natura politica. I
processi, da questo punto di vista, furono numerosissimi, gli interventi della Cassazione molto forti ma
determinazione di questa politica italiana e dell’ordine pubblico è stato l’atteggiamento
decisiva nella
assunto dalla Corte di Cassazione con riguardo alle cause intentate per licenziamento dei lavoratori dopo le
tra un’apertura nei confronti dei liberatori nel Codice penale e l’assoluta
astensioni dal lavoro; scontro
legislazione civile (con l’art. 1570 c.c. la locazione delle opere è un contratto, una delle parti
continuità della
si obbliga a fare qualcosa dietro mercede, se quella parte che si è obbligata a fare una cosa non la fa, vuol
dire che ha violato il patto e quindi può essere tranquillamente licenziata). Tra il 1909 e il 1915 si ha un
crescendo di decisioni contrarie alla tutela dei lavoratori perché vediamo una prima sentenza del 1909 della
Corte di Cassazione che stabilisce che se in una fabbrica i lavoratori si sono astenuti dal lavoro anche per
motivi legittimi (tipo di carattere economico), anche se nessuno è stato arrestato, in assenza di violenza, dal
punto di vista civile non solo tutti i lavoratori astenuti ma TUTTI i lavoratori avrebbero potuto essere
licenziati. Così successe nel caso in esame, perché comunque lo sciopero aveva provocato un’interruzione
dell’attività. Questo non era fenomeno isolato, si erano verificati anche casi analoghi in precedenza. In questi
casi, solitamente, i datori di lavoro finivano per riassumere quasi tutti i lavoratori che erano stati impiegati
prima dello sciopero, ad esclusione di quelli che avevano scioperato. La Corte di Cassazione aveva detto che
il datore poteva fare questo salvo che il datore di lavoro, dopo aver licenziato tutti e rifatto il contratto di
lavoro, ai lavoratori che non avevano scioperato e che erano stati ugualmente licenziati, bisognava
corrispondere una minima indennità di licenziamento secondo equità, che avrebbe consentito al lavoratore
licenziato di sopravvivere fino a quando non avrebbe trovato un nuovo lavoro. Questa sentenza aveva
manifestato una certa apertura nella tutela dei lavoratori, aveva inventato un minimo strumento giuridico del
1124 c.c. che costituiva uno strumento fino a quel momento mai usato che un pochino avrebbe sopperito ad
esigenze dei lavoratori che il cc non prevedeva affatto. Questa sentenza viene ribaltata e completamente
affossata da due sentenze, sempre dalla Corte di Cassazione, del 1912 e del 1915 che considerano questo
atteggiamento nei confronti dei lavoratori come “romantico”, “non abbastanza avveduto ai fini della tutela
dell’ordine pubblico, della sicurezza dello Stato” e quindi verrà eliminata la indennità dovuta ai lavoratori
scioperato. Il motivo era l’errata interpretazione del 1124 c.c. e della nuova
licenziati anche se non avevano
organizzazione del lavoro che si stava rafforzando nella prassi senza alcuna previsione di carattere