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COMMENTATORI (XIV-XV
secolo)
Dalla Glossa al Commento
Accursio, con il suo apparato ordinario al Corpus Iuris
(Glossa Magna, G. Ordinaria, 1250 ca.), rappresenta il
culmine e anche il termine della tradizione dei Glossatori.
Accursio, esponente della quinta generazione, compila un
enorme apparato di glossae all’intero Corpus Iuris, ed
accoglie, nel suo apparato, più di 96.000 glossae.
L’apparato di Accursio è l’opera che consegna alla storia il
metodo giuridico dei glossatori.
L’intervento del giurista medievale sui testi giustinianei è
necessario a fornire la mediazione tra il testo e la sua
applicazione pratica. Dal momento in cui inizia ad apparire
la glossa accursiana, questo testo diventa di uso
imprescindibile nella prassi, tanto che è dimostrato da un
fenomeno che si inizia a manifestare dopo l’apparizione
della glossa accursiana: un fenomeno di sostituzione della
glossa al testo. Il giurista non fa riferimento al testo di
legge, ma direttamente alla glossa. Il testo passa in
secondo piano e nella prassi si applica quanto contenuto
nella glossa. Si tratta di un fenomeno di
giurisprudenzializzazione della glossa. Il diritto non è fatto
dal legislatore ma dai giuristi, tanto che si afferma: “tutto
ciò che non è riconosciuto dalla glossa, non è riconosciuto
dal tribunale”.
Quasi tutto ciò che è stato prodotto dai glossatori prima di
Accursio, e che non è entrato nella glossa, è destinato
inevitabilmente all’oblio. La glossa è quindi un punto di
arrivo: è la presa d’atto che la scienza giuridica dei
glossatori, con i propri metodi interpretativi, non sarebbe
riuscita ad andare più in là di quel punto nei testi
giustinianei .
Dall’apparizione della glossa accursiana alla fine del secolo
(XIII), a livello giuridico, si verificano due fenomeni diversi.
1) I post-accursiani
Fenomeno dei post-accursiani (o post-glossatori): essi si
approcciano al diritto secondo il metodo tipico dei
glossatori, ma cominciano progressivamente ad incentrare
la loro attenzione, non solo più ai testi giustinianei, ma
anche al diritto adoperato nella prassi.
Un carattere intrinseco del diritto comune è quello di essere
collocato all’interno di un ampio panorama di fonti del
diritto, il quale assomiglia un po’ al sistema odierno (leggi
dello Stato, leggi regionali, ordinamenti sovranazionali).
Caratteristica essenziale di questi giuristi è quella di
cambiare le fonti di riferimento, la loro attenzione si sposta
sulla normativa statutaria. I post-accursiani sono giuristi
che prestano una maggiore attenzione al fondale pratico e
alla normativa statutaria. Il più famoso tra i giuristi
post-glossatori è Alberto da Gandino, giurista di Crema che
elabora - nella seconda metà del secolo - un’opera
denominata Quaestiones statutorum, incentrata proprio
sulle quaestiones statutorum, questioni giuridiche risolte
attraverso strumenti dialettici e l’estensione agli statuti di
principi tratti dai testi giustinianei. Il Tractatus de maleficiis
è stato scritto sulla base dell’esperienza della prassi ed è il
primo trattato in cui vengono posti i fondamenti del diritto
penale inquisitorio. Un altro importante giurista
post-accursiano è Rolandino de’ Passeggeri, il quale scrive
una sorta di enorme formulario notarile (Summa totius artis
notariae), dove i contenuti (i contratti, i testamenti, etc.)
sono elaborati a partire dalle regole desunte dal Corpus
iuris giustinianeo. Non solo le formule sono redatte a partire
da questo diritto creato dai glossatori, ma accanto alla
formula vi è la spiegazione della glossa. Guglielmo Durante
è un giurista francese, civilista e canonista, che scrive
un’opera denominata Speculum iudiciale, di carattere
processuale civile e penale, riferendosi al modo in cui si
svolge il processo tra XIII e XIV secolo in tutta Europa. Egli
spesso approfitta del processo per fornire una ricostruzione
anche degli istituti giuridici sostanziali, civilistici e
canonistici. Proprio perché, attraverso il processo, vengono
ricostruiti gli istituti giuridici sostanziali, quest’opera verrà
poi chiamata Speculum iuris.
2) La Scuola di Orléans
Al di là delle Alpi, in Francia, presso l’università di Orléans,
a partire dalla seconda metà del XIII secolo
(contemporaneamente ai post-accursiani), è attivo un
gruppo di giuristi che affronterà lo studio del diritto
giustinianeo attraverso un metodo interpretativo originale,
diverso rispetto a quello impiegato dai giuristi bolognesi.
Come mai il diritto romano non si studia a Parigi? Nel 1219,
con un’apposita bolla, la bolla Super Speculam, papa Onorio
III, aveva formalmente proibito l’insegnamento del diritto
romano nell’università di Parigi. Una spiegazione data sulla
decisione papale è di carattere esclusivamente teologico:
l’università di Parigi nasce come un’Università di teologi e
filosofi e il 200 è un’epoca di eresia, il Papa ritiene dunque
che non sia il caso di disperdere l’occupazione degli studi
occupandosi anche di diritto romano, ma fare sì, piuttosto,
che i filosofi e i teologi si concentrino nello studio per
riuscire a risolvere il problema ereticale. Una spiegazione
politica vorrebbe che a sollecitare l’intervento del pontefice
teso a vietare l’insegnamento del diritto romano a Parigi
fosse stato il Re di Francia. Già agli inizi del 200 c’è in atto
una manovra della monarchia tesa ad accentrare nelle mani
del sovrano il potere politico. Il re di Francia, dunque, può
non vedere di buon occhio la vigenza di un diritto
sovranazionale, espressione di una realtà politica
sovraordinata a quella della monarchia nazionale. Se si
forma precocemente una monarchia nazionale, e se questa
tende a svincolarsi dall’Impero, essa tenderà anche a
svincolarsi dal diritto comune. Il diritto romano rientrerà a
Parigi solo grazie al Re Sole (1639-1715): dal 1219 a questa
data rimane in vigore il divieto di insegnare il diritto romano
a Parigi.
Orléans nasce anch’essa come Università ecclesiastica, ma
nel 1235 Papa Gregorio IX autorizza l’insegnamento del
diritto romano ed Orléans diventerà un centro di eccellenza
L’Università di Orléans sarà il centro propulsore dal quale si
svilupperà un nuovo metodo di approccio ai testi
giustinianei, in parte diverso da quello dei glossatori. I
giuristi che vanno ad insegnare il diritto romano ad Orléans
derivano spesso dalle fiere dei glossatori. I glossatori che
incominciano a trasferirsi in Francia non appartengono al
filone principale che da Irnerio arriva ad Accursio, ma
appartengono a correnti della glossa rimaste un po’ in
disparte: sono allievi di Odofredo e di Iacopo Baldoini. Il
primo e più famoso dei giuristi, attivo intorno al 1960, è
Jacques de Revigny. Egli, oltre ad essere un maestro
nell’insegnamento del diritto romano, è un ecclesiastico e
quindi è un giurista che non si è formato solo sul diritto
romano, ma anche sul diritto canonico (celebre è la sua
Lectura Codicis). I post-accursiani utilizzano in modo più
libero ed originale le tecniche interpretative della Glossa,
grazie ad un uso più consapevole degli argomenti dialettici,
coadiuvato anche dalla riscoperta dell’opera maggiore della
Logica di Aristotele. Le opere della logica aristotelica,
conosciute sin dall’Alto Medioevo, ma in forma
compendiata, vengono tradotte dal greco e dall’arabo in
latino nella metà del 200.
I giuristi di Orléans, dunque, a parità di strumenti, riescono
ad escogitare soluzioni nuove e diverse a problemi già
dibattuti nelle scuole dei glossatori.
Jacques de Revigny si pone una questio: poiché nel Corpus
iuris c’ è una norma che impone al marito di mantenere la
moglie che abbia portato beni in dote, egli si chiede che
cosa succeda se la moglie non sia dotata. I glossatori,
attraverso lo strumento dell’analogia, avevano risolto la
questio (vd. norma sui liberti). Jacques de Revigny non è
soddisfatto dell’argomentazione offerta dai glossatori e ne
propone un’altra, che si fonda su una norma che trova nel
Corpus Iuris in tema di sepolture. Questa norma impone al
marito di seppellire a proprie spese la moglie defunta. La
ratio che Jacques de Revigny trae dalla norma è quella per
cui il marito deve prendersi cura della moglie defunta.
Argomentando attraverso l’argomento a minori ad maius,
Jacques de Revigny afferma che, se il marito deve prendersi
cura della moglie morta, a maggior ragione è obbligato a
mantenere la moglie (viva). Questa soluzione è preferibile
rispetto a quella escogitata dai glossatori poiché l’obbligo di
mantenere la moglie non si basa sul fatto che la moglie sia
messa a servizio del marito (se la moglie non è in grado di
svolgere servizi al marito, non deve più essere mantenuta?).
Attraverso la soluzione di Jacques de Revigny il marito è
incondizionatamente tenuto a mantenere la moglie.
I giuristi di Orléans sono ancora più creativi quando
utilizzano un metodo diverso. Le norme di legge si danno
per conosciute e forse per superflue: ci si comincia a
staccare da testo giustinianeo e dalla tecnica di redazione a
mosaico. L’opera di Jacques de Revigny è un’opera di
interpretazione del testo svolta facendo riferimento anche a
concetti diversi da quelli contenuti nel Corpus iuris. I
concetti sono presi anche dall’ambito del diritto canonico: si
interpreta il Corpus iuris attraverso fonti che si trovano
all’esterno del Corpus stesso, e talvolta da interpretazioni
del testo stesso, ossia dalla glossa. Si può affermare,
dunque, che, con i giuristi di Orléans vi sia una maggiore
libertà rispetto al testo giustinianeo: viene abbandonata la
tecnica a mosaico e si fa riferimento alle elaborazioni della
scienza canonistica. L’interesse verso il diritto praticato non
verrà più meno nel corso della storia giuridica occidentale.
Uno dei grandi limiti incontrati dai glossatori in riferimento
al problema dell’intento, era quello se il delitto tentato
dovesse essere punito. Jacques de Revigny afferma che o si
è arrivati vicini all’actus proximus, e allora si punisce con la
stessa pena, o non si è arrivati all’actus proximus e allora
non si deve punire con la stessa pena