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FASI COMUNALI:

-periodo consolare (fine XI secolo)

-periodo podestarile (prima metà XII secolo)

-Signorie (seconda metà del XIII secolo).

-principati LA REDAZIONE DEGLI STATUTA COMUNALI

che rapporto esiste fra le consuetudini locali e gli Statuta comunali? Le consuetudini sono, come

risaputo, di trasmissione orale. È l'autorità pubblica comunale a richiedere la stesura scritta delle

consuetudini, a causa delle esigenze pratiche, e contribuiscono a farlo i Doctores, ovvero gli esperti del

diritto; il comune usufruisce quindi della scienza giuridica e della competenza tecnica delle quali essi

sono portatori. XII secolo: il comune si da norme di organizzazione interna; base della stabilità sociale è

la coesione degli associati, basata ancora sul giuramento; consoli e poi podestà presentando il

programma delle norme (breve) doveva giurare sullo stesso. Dal programma, le norme vincolanti ivi

contenute sono dette BREVIA. Le quali norme, col tempo, avevano assunto un carattere abbastanza

rigido e vincolante, pur potendo comunque essere modificate. L'assemblea del comune, organo

rappresentativo della volontà degli associati, ha il compito di approvare le deliberazioni dei rettori del

comune; viene poi sostituita dall'Assemblea dei Rappresentanti che si pone il problema di fare adeguata

pubblicità delle deliberazioni assunte (importanza della scrittura).

Lo STATUTO COMUNALE è quindi fondato su tre elementi:

-I BREVIA

-la REDAZIONE SCRITTA DELLE CONSUETUDINI LOCALI

-le NUOVE NORME FORMULATE DALL'ASSEMBLEA che possono essere anche contrastanti col

diritto comune e con le norme consuetudinarie e hanno carattere generale e astratto (di legge).

Se il comune voleva adottare norme diverse da quelle previste dallo Ius Commune, doveva solo

includere tali norme nello Statuta Comunale; se invece certe norme del diritto comune gli fossero

sembrate consone, non doveva inserirle nello Statuta; valevano quelle esplicitate nello Ius Commune.

I motivi che spingono alla realizzazione degli Statuta sono sia il bisogno di certezza nel diritto, che

motivi politici. Il ruolo dei giuristi, sia locali che di altre città -che abbiamo visto, sono largamente

inclusi nel processo di formazione degli Statuta- è differente a seconda che si tratti di:

-Giuristi della Commissione degli STATUTARII (coloro che redigono lo Statuta)

-Giuristi della comissione dei REFORMATORES (coloro che sono incaricati di modificare/eliminare

norme dello Statuta). GLI STATUTA DELLE CORPORAZIONI

diverso è il regime degli Statuta delle Corporazioni (differenti e distinti dagli Statuta comunali!!!). Essi

disciplinano le norme interne alla corporazione; esse hanno anche una magistratura interna e autonoma

(giudici corporativi) che non solo giudicano i propri membri, ma hanno giurisdizione anche in caso di

lite fra un proprio membro e un cittadino qualsiasi. Uno Statuta delle corporazioni fondamentale è

quello che formerà lo Ius Mercathorum.

I giuristi tenevano un comportamento differente nei confronti del Comune: alcuni erano attivi nella vita

comunale, altri (specialmente i Doctores delle università) mantengono un atteggiamento ostile. La

spaccatura si accentua a cavallo fra la fine del XII secolo e l'inizio del XIII, contemporaneamente

all'inizio del contrasto fra Impero e Comuni.

Il comune diviene più potente, rivendica una sua autonomia normativa, in virtù della quale la città

poteva scegliere la propria forma di governo e la propria organizzazione. I comuni però non intendevano

negare l'esistenza o il ruolo della funzione imperiale. Ciononostante, come già visto Federico

Barbarossa risponde in modo piuttosto violento; abbiamo lo scontro che termina con: la Constitutio

Habita, e la Pace di Costanza, con la quale l'Imperatore riconosce al Comune il diritto di scegliere le

proprie magistrature di governo, di finanziamento, e di darsi norme. Il diritto statutario (ius proprium) è

inglobato in un sistema nel quale lo Ius commune era fondato sul diritto romano.

La legittimazione teorica della POTESTAS CONDENDI STATUTA avviene sulla base di due punti: un

passo del Digesto (la leges Omnes Populi) e i concetti alla base della Pace di Costanza.

Ecco le teorie più diffuse:

-la TEORIA DELLA PERMISSIO: l'imperatore è la massima autorità in terra, e ha la titolarità della

potestà normativa; come può delegarla a funzionari, così delega anche ai comuni.

-La TEORIA DELLA IURISDICTIO: elaborata da Bartolo da Sassoferrato: egli sostiene che è

necessario piuttosto riconoscere l'origine del potere di fare le leggi; applica alle città il concetto per cui

la loro indipendenza dal Re, il non riconoscimento di una autorità superiore, dava alle città stesse la

titolarità di tutti i poteri giurisdizionali. Questo principio è esteso a tutti gli ord. Giuridici esistenti.

-la teoria ELABORATA DA BALDO DEGLI UBALDI: per egli i poteri dell'Imperatore non sarebbero

più paradigmatici, e da attenzione al funzionamento di fatto di una società umana, concettualizzando il

“popolus” come fatto da sé, e quindi le norme che regolano un ordinamento si giustificano nell'esistenza

stessa dell'ordinamento. Egli segue un sillogismo del tipo:

a) il popolo ha una propria esistenza e un regimen (assetto normativo);

b) un regimen non esiste senza una norma;

c)quindi ogni popolo per il solo fatto di esistere deve avere in sé un sistema di norme giuridiche.

25 MARZO DAI GLOSSATORI AI COMMENTATORI

Verso il 1250, con la “Magna Glossa” di Accursio, che diviene in linea di fatto il testo di riferimento

dello Ius Commune, va concludendosi l'epoca dei glossatori che si era protratta per cinque generazioni. I

Comuni, nel pieno della loro fioritura culturale, economica, giuridica, hanno richieste e necessità che

sempre meno riescono ad essere soddisfatte dal lavoro dei glossatori.

Dalla glossa si passa così al commento, che è un'attività esegetica, interpretativa, più ampia nella forma

e nella struttura -non è più una nota al testo, aggiunta a margine del testo stesso, ma un commento- e si

incentra su un oggetto -può dare vita ad un'opera monografica- rivolta a temi pratici.

Il passaggio dalla dimensione scientifico/accademica a quella pratica è più definita (anche se come visto

anche i glossatori rivolgono uno sguardo attento alle questioni pratiche).

I commenti riguardano sia gli Statuta comunali, che il diritto feudale (che sussiste contemporaneamente

al Comune). Opera di questo periodo: “Speculum Iudiciale” di Guglielmo Durante, dove si tratta del

diritto nel processo romano (archetipo del processo).

Nonostante l'epicentro dello Ius Commune rimanga sempre il C. Iuris, ormai il diritto romano poco ha

da spartire con le questioni più importanti (delle quali si occupano diritto feudale/comunale); tuttavia

questo elemento della triade non viene mai meno.

Addirittura in Francia nel 1219 viene proibito l'insegnamento del diritto romano (è più forte la valenza

statale che quella imperiale) ma ciò non impedirà il formarsi della Scuola d'Orleans; scuola di diritto

su testi romanisti con forte presenza ecclesiatica, in cui spiccano due figure fondamentali quali: Jacques

De Revigny e Pierre de Belleperche che comentano ogni passo del C. I. (ovviamente il metodo è

diversissimo rispetto alle glosse); il commento si propone di indagare la ratio della norma, sopratutto

laddove non emerga espressamente nel C.I. I commentatori criticano i glossatori per non aver ricercato

la ratio nelle norme, ma sappiamo che questo non era il loro scopo. In ogni modo, anche i commentatori,

con i glossatori, condividono la convinzione che i testi romani contengano tutte le soluzioni per ogni

possibile casistica di contenziosi anche riguardo agli Statuta comunali /diritto feudale.

Il metodo della scuola d'Orleans è affinato dalla SCUOLA DEL COMMENTATORI, fondata da Cino

da Pistoia (esponente del dolce stil novo) di cui rilevano sopratutto due figure:

1) Bartolo di Sassoferrato

2) Baldo degli Ubaldi

BARTOLO DI SASSOFERRATO: si occupa come visto della potestas statuendi e individua diverse

comunità locali, teorizza che ogni universitas per quanto piccolo debba avere una sua iurisdicitio,

qualitativamente a quella di universitas più grandi, solo in termini di ampiezza territoriale differente;

concettualizza l'esistenza del popolus (qualsiasi collettività). Ancora, si occupa del problema della

personalità della legge distinguendo fra:

-Statuto Personale: riguarda la condizione inerente alla persona, indipendentemente da dove si trovi,

anche fuori dai confini della sua città; rileva la persona in quanto tale.

-Statuto Reale: è relativo al trattamento delle res: disciplina i beni e segue la normativa del luogo ove si

trovino i beni.

Ancora, Bartolo si interessa del Mercato Monetario; del regime giuridico delle acque e dei fiumi; svolge

un trattato sulla Tirannia (bisogna ricordare che si trova nel periodo delle signorie, che egli considera

tirannie). Bartolo distingue quindi due tipi di tirannia:

-Tirannia ex defectu titoli: qualora al tiranno manchi il titolo legittimo per governare (per esempio chi

usurpa il trono) in tal caso la resistenza armata è detta legittima.

-Tirannia ex pacte exercitii: qualora il tiranno manchi all'adempimento dei propri doveri di sovrano o vi

vada contro (ritorna il concetto di un certo dovere del sovrano nei confronti del popolo, sinallagmaticità

del rapporto).

In tema del regime giuridico delle acque, Bartolo di Sassoferrato entra in merito di un discorso che sarà

poi rilevante durante la scoperta del nuovo mondo (ovviamente Bartolo non parteciperà al dibattito,

essendo già morto). Siamo in un'epoca in cui rileva moltissimo l'importanza delle acque come via di

commercio, comunicazione; ma a chi appartenevano le acque, se appartenevano a qualcuno? Per il

diritto romano l'invenzione di una res nullius conferiva la proprietà. Nel diritto medievale, non v'era

strumento giuridico adatto a stabilire la natura giuridica delle acque. Era però definito che il mare era

Res Communis e non Res nullius (quindi non occupabile a piacimento). Bartolo, nei suoi Consilia

(pareri giuridici) alla Rep. Marinara di Pisa, dice che il mare:

- per proprietà, è di nessuno;

- per uso, è di tutti;

- per Iurisdictio, è di Cesare (e quindi, come dedotto in seguito, dell'Imperatore; e per le universitates

che non riconoscessero imperatore, dell'autorità sovrana).

Avere la giurisdizione significa però esercitare un potere effettivo sullo spazio sul quale la giurisdizione

deve esercitarsi e quindi deve essere un luogo di insediamento militare; e deve poter essere protetto

rientrando nella gittata dei

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Publisher
A.A. 2013-2014
32 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/19 Storia del diritto medievale e moderno

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher jo.jo1991 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del diritto medievale e moderno e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Brescia o del prof Cassi Aldo Alberto.