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RATIO SIGNIFICATO
Il commento si riferisce alla legge per scoprirne la ratio, mentre la glossa si riferisce alla litera per scoprirne il significato. Quindi, già graficamente non si trova più lo schema a cornice, ma si trova lo schema della lettura di Odofredo: il giurista dice solo quali sono le parole della legge che vuole commentare, poi ad un certo punto inizia a fare il commento. Si trovano solo le due colonne del testo del giurista. L'oggetto dell'analisi è sempre la compilazione giustinianea, ma gli strumenti utilizzati sono diversi. Strumento molto diverso, ma che nasce nella "culla" della glossa.
In pratica il commento si presenta così:
GIURISTI PIÙ IMPORTANTI DI QUESTA SCUOLA... Il primo fondatore che ricordiamo è CINO DA PISTOIA, (che oltre che essere giurista è stato anche un grande poeta nella generazione precedente a Dante Alighieri), il quale scrive una LETTURA SUPER CODICE (intorno al 1312). Altri...
grandi commentatori sono: BARTOLO DA SASSOFERRATO e BALDODEGLI UBALDI. La glossa si afferma intorno al 1240: dopo circa 50 anni si arriva al commento come forma esegetica. STRUMENTI USATI DA QUESTI GIURISTI: In questi anni (1200) in Europa si scopre il cosiddetto ARISTOTELE MAGGIORE: questi portava in vita uno strumento, che già era conosciuto dai giuristi, ma Aristotele utilizzava al massimo, cioè la DIALETTICA. "… de similibus ad simila" = da fattispecie simili ne traiamo conseguenze simili, oppure "ubi est ladem ratio, ibi idem ius" = dove vi è la stessa ratio, là c'è lo stesso diritto = PRINCIPIO MADRE DELL'ANALOGIA E DELL'APPLICAZIONE ESTENSIVA DELLE NORME: se troviamo una norma, non pensiamo solo alla fattispecie concreta, ma individuiamo anche la ratio; individuando la ratio, la sua forza rispetto alla fattispecie concreta è che la ratio si può estendere a casi simili. ESEMPIO: Jacques deRèvigny – “se la moglie muore, il marito deve seppellirla anche se non ha dote, quindi a maggior ragione la deve mantenere quando è in vita” = questo è stato possibile usando il sistema della ratio: hanno individuato la ratio nella norma (quella norma dice che il marito deve qualcosa alla moglie), quindi quella ratio si può estendere a fattispecie simili, con l’argomentazione “… a maggior ragione…”. Quindi, vediamo che usare la ratio è una cosa ben diversa dal significato, perché il significato lo posso usare in un’altra norma, però quando c’è la stessa parola. La ratio, invece, ha tratto qualcosa che possiamo utilizzare sempre, perché individuando la ratio nella norma, con la ratio posso spiegare tante altre fattispecie che non sono previste dalla norma. Questo è importante soprattutto per gli IURA PROPRIA, cioè i diritti particolari (non il diritto imperiale).che è UNUM IUS, cioè è diritto universale), che sono glistatuti delle varie città (Modena, Bologna, ecc.), le consuetudini germaniche,ecc. Iura propria può essere solo al plurale, perché non può mai esserci un iusproprio (mentre ius comune sempre al singolare, perché lo ius comune è solouno, quello dell’imperatore).Grazie alla ratio, estrapolandola dal testo giustinianeo, si possono spiegare ecommentare anche gli iura propria, perché, ad esempio, tra la norma diGiustiniano e lo statuto di Bologna c’è incompatibilità, come norme: ma se dallanorma si prende la ratio, cioè il principio istituto, grazie a questo istituto si puòspiegare anche una norma di diritto particolare non previsto da Giustiniano.COME FUNZIONA IL COMMENTO: (SISTEMA DI CINO DA PISTOIA).Il commento si applica alla legge:DIVISIO LEGIS/EXPOSITIO = la legge va divisa per singole unità logiche,perchéa volte la legge ha tante prescrizioni (compilazionegiustinianea. Attraverso il genere letterario del TRATTATO i giuristi post-accursiani sistemano con intenti soprattutto pratico-forensi alcuni importanti settori del diritto, che trovano, da questo momento una prima elaborazione organica ed autonoma. Alcuni esempi li possiamo trovare in ROLANDINO DE’ PASSEGGERI (in materia notarile), autore della SUMMA ARTIS NOTARIAE e in GUGLIELMO DURANTE (in materia processuale). Di particolare importanza è ALBERTO GANDINO, autore della famosa raccolta QUAESTIONES STATUTORUM e anche autore del primo trattato di diritto penale, cioè TRATACTUS DE MELEFICIIS (sui reati) e TRATACTUS DETORMENTIIS (sulle torture). Il trattato di Alberto Gandino è molto importante, perché lui è un giudice, quindi abbiamo una visione diversa del diritto penale dalla visione che avevano nell’alto medioevo: con Gandino si afferma l’idea che la giustizia deve essere esercitata in monopolio dai comuni, contro l’idea
tipica dell'alto medioevo, cioè che siano le parti a farsi giustizia da sole. ORLEANS: Nel 1235 Gregorio IX (quello del liber extra) fonda a Orléans un'università. Si ricorda perché il re francese aveva vietato a Parigi lo studio del diritto romano, perché era un diritto dell'imperatore e non voleva che l'imperatore accampasse pretese anche in Francia. A Orléans la situazione è un po' diversa e il papa riesce a fare un'università di diritto per ecclesiastici: infatti i giuristi più importanti sono tutti ecclesiastici e, due in particolare sono i più importanti: JACQUES DE REVIGNY PIERRE DE BELLEPERCHE La caratteristica è che sono entrambi ecclesiastici e passano alla storia come giuristi dialettici (in realtà la dialettica la usano tutti, però loro usano un modo molto massiccio di fare dialettica). ESEMPIO: "il mantenimento della moglie". Se la moglie ha la dote,Il diritto giustinianeo ammetteva il mantenimento della moglie: ma se la dote non c'era, o era insufficiente, la compilazione giustinianea non tutelava la moglie. Questi giuristi, allora, prendono una norma che dispone che il marito è obbligato a seppellire la moglie, quando questa muoia, anche nel caso che non abbia dote, oppure la dote sia insufficiente. Cioè, prendono una norma che c'è, anche se per un caso diverso e dicono: se il marito è obbligato a mantenere la moglie quando muore, a maggior ragione è obbligato a mantenerla quando questa è in vita. In altre parole, vanno a dire a Giustiniano, con un ragionamento dialettico, quello che Giustiniano non ha mai detto, quindi colmano una lacuna dell'ordinamento attraverso l'uso della dialettica. Questo della dialettica è uno strumento potentissimo che utilizzeranno tutte le generazioni successive.
CHE RAPPORTO HA IL DIRITTO ROMANO CON I SINGOLI DIRITTI PARTICOLARI, cioè
CHE RAPPORTO HANNO I SINGOLI GIURISTI CON GLI ORDINAMENTI PARTICOLARI STESSI (con i comuni dell'Italia centro-settentrionale):
All'inizio esiste una sorta di estraneità reciproca tra i docenti e i comuni. Questo ha fatto dire ad alcuni che i giuristi del basso medioevo (Irnerio e successori) fossero dei sognatori completamente estranei alla realtà del loro tempo, ma è assolutamente falso e citiamo come prova Bulgaro (allievo di Irnerio) il quale a casa sua, non solo teneva scuola, ma ospitava spesso rappresentanti istituzionali del comune, nella sua casa si riunivano i riformatori dello statuto, cioè era un luogo importante nella Bologna dell'epoca, dove avvenivano riunioni anche politiche, oltre che scolastiche, di grande importanza.
Dal punto di vista di interesse reciproco, esiste comunque una sorta di parallelismo tra i docenti e i comuni: si disinteressano l'uno con l'altro, cioè c'è una forma di indifferenza.
In un
sono emersi proprio a causa della possibile interferenza del diritto romano nello statuto dei comuni. I comuni non vedono di buon occhio l'idea che i giuristi possano "distorcere" il contenuto dello statuto utilizzando il diritto romano. Inoltre, i giuristi hanno un altro modo di interagire con il comune, soprattutto con il comune consolare, attraverso il "consilium sapientis iudiciale", ovvero un parere giuridico che i sapienti del diritto forniscono ai consoli di giustizia, che sono "ignoranti" del diritto romano. Questo rappresenta una forma di collaborazione tra i giuristi e il comune. Tuttavia, i primi dissidi sono emersi a causa di queste dinamiche e delle possibili interferenze del diritto romano nello statuto dei comuni.Nascono quando comincia a dialogare il diritto romano con il diritto statutario e il problema di base è che, secondo la logica dei giuristi di diritto romano, al di là di queste collaborazioni, i comuni, in quanto tali, non sono abilitati a fare legge, perché l'unica legge la può fare l'imperatore. Già con Irnerio troviamo questo principio: "SOLUS IMPERATOR POTEST FACERE LEGES", cioè SOLO L'IMPERATORE PUO' FARE LE LEGGI. Ora possiamo capire come mai da una prima fase di indifferenza si passa ad una fase di attrito: come facevano gli organi comunali ad accettare nelle loro mura una dottrina o una scuola di diritto dove si facevano affermazioni del genere, perché era lesiva dell'autonomia comunale. Inoltre, a questo punto cos'erano gli statuti? Comunque, per i glossatori il diritto statutario non è legge, perché i comuni non hanno il potere di fare leggi.